venerdì 30 aprile 2010

Come, perchè e a chi vanno i 118 milioni di euro per i progetti di eccellenza del turismo?







Non dico che questa storia nasconda qualcosa d’irregolare, però vorrei essere messo, come cittadino italiano, nella condizione di verificare.
Si sa come da noi vanno ste cose, e che a non fidarsi si fa peccato ma… eccetera, eccetera.
Ma veniamo al fatto o alle frequenti e possibili storiche malefatte italiane; lascio a voi che mi leggete la deduzione.
La Brambilla, che in quanto a voler darsi da fare non ha pari in nessuno, ma che nella produttività del fare turismo ha forse ancora molte lacune, c’ha informato che i 118 mln. “rilasciati” dalla Corte dei Conti, andranno a “premiare” e a coprire per il 90% del costo totale, i progetti che, a seguito dell’intesa condivisa dal Ministro del Turismo e dagli assessori regionali, si sono dimostrati i più “eccellenti”.
Credo che in poche parole sia pressapoco così.
Le Regioni hanno dapprima esaminato i progetti che rientrano nelle statistiche richieste della Ministra; ma dell'analisi fatta per determinare i prescelti non c’è dato saperlo, o forse è solo di loro dominio e delle varie opposizioni regionali; il che già di per se stesso, fa un po’ “grattare”; poi vi dico che cosa.
E per non togliere possibilità alcuna a nessuno dei “pretendenti” e possibilmente per tacciare eventuali future problematiche o lamentele da parte degli esclusi, ecco che la lista comprende tutto; si, proprio tutto, almeno credo.
Infatti nelle disamine ricadono; turismo congressuale e fieristico; turismo e natura; turismo religioso, valorizzando in particolare le radici storiche e cristiane; turismo sociale, con particolare riferimento ai circuiti di turismo accessibile o sociale, comprendenti località di mare, montagna e laghi; turismo culturale, città d'arte e patrimonio diffuso, valorizzando il patrimonio artistico e storico del Paese attraverso nuovi itinerari che tocchino località che non hanno ancora conosciuto uno sviluppo maturo del turismo culturale; turismo balneare e montano, nonché di laghi e fiumi, con particolare riferimento alle realtà minori; turismo della salute e benessere; sviluppo di servizi turistici nel Mezzogiorno e nelle aree depresse o colpite da eventi calamitosi; sviluppo del potenziale turistico ancora parzialmente inespresso, con particolare riferimento all'offerta di itinerari di turismo enogastronomico, turismo sportivo e golf, turismo legato allo shopping e al lusso delle grandi città, turismo giovanile, turismo delle famiglie; realizzazione di nuovi porti turistici e progetti di servizio alle strutture turistiche portuali; realizzazione di circuiti ed itinerari di offerta turistica alla quale possono accedere anche turisti con il proprio animale domestico al seguito.
Ne manca qualcuno?
Quindi come detto, le Regioni esaminano, poi la ministra, presumibilmente con il suo entourage, riesamina, e i migliori o presunti tali, verranno premiati con le sovvenzioni; pertanto se il progetto (quale?) costa 1 mln di euro, la Brambilla te ne dà 900.000, ed il “gioco” è fatto.
Fatto?
Fatto un bel corno, perché se vedo il Paolo Rubini “promosso” a General Manager dell’Enit (si dice a 190.000 euro all’anno) con la causale d’essere in possesso dei requisiti necessari per il delicato incarico, mentre fino a ieri (e forse anche oggi) era ed è più propenso a copirsene più di cordoni ombelicali congelati che di turismo.....suvvia, di questo entourage si può avere fiducia e rispetto?
E che alla prima uscita ha dichiarato (il Rubini) che il turista tedesco è diverso da quello dell’India perché il primo usa l’automobile, mentre il secondo l’aereo; beh, se permettono, qualche dubbio rimane sull’effluvio della sostanza, e a me un po puzza che siano scelti proprio i migliori.
Quindi vorrei che questi progetti fossero, a richiesta, esposti; sia quelli scelti o diciamo "pre-scelti", come pure quelli scartati.
O forse è chiedere troppo e ci diranno che non si può per via della privacy?

giovedì 29 aprile 2010

Ettepareva

Ore 12:33
La nuova campagna pubblicitaria televisiva e sul web dell'Enit (Agenzia Nazionale del Turismo) per la stagione estiva 2010 verrà presentata dal Presidente Matteo Marzotto e dal Direttore Generale Paolo Rubini giovedì 29 aprile, alle ore 11, presso la Sala Italia dell'Agenzia (via Marghera, 2 Roma). Prevista la partecipazione del Ministro del Turismo, on. Michela Vittoria Brambilla.
Ore 19:43
Per sopraggiunti impegni improvvisi del Ministro del Turismo, Michela Vittoria Brambilla, è stata annullata la conferenza stampa di presentazione della nuova campagna pubblicitaria dell’Enit (Agenzia Nazionale per il Turismo) per l’estate 2010 che era invece prevista per giovedì 29 aprile alle ore 11 presso la sede nazionale Enit a Roma.

Vigliacco se c’è qualcuno che fornisca qualche spiegazione sul perché un momento dicono una cosa mentre subito dopo (7 ore), o la smentiscono o ne fanno un’altra.
Eh si, ci si rimane male perché chi è addentrato nel settore, il marketing se ben fatto, è indubbiamente una cosa molto importante, e ancor di più lo diventa quando è finanziata con dei nostri soldini.
E' inutile dire che da una pubblicità azzeccata si ricavano tante belle patriottiche cosette, lavoro, indotto, eccetera, eccetera, perchè già lo si sa o lo si dovrebbe sapere.
Ma probabilmente i “iolavoroperdieci”, (da brambillesca dichiarazione) dell’Enit, Marzotto, Rubini e poi e poi, se lo sono scordato.
Che non abbiano saputo mettere insieme uno straccio di programma con i tempi della ministra?
O non è stato “scoperto” alcunché di buono e produttivamente gradevole nella campagna pubblicitaria televisiva o sul web?
E che quindi chi di dovere, dopo averlo visionato, ha deciso che sia meglio per un po soprassedere.
Resta il mistero.
E'la storia, la solita storia, che ci ricorda un po’ quello che succede, ahimè da troppo tempo, per il portale Italia.it; domani è pronto, ma sempre domani.
Mentre oggi, e vale a dire nella stessa giornata dell’improcrastinabile urgente impegno, la Brambilla alle 15:00 era a presenziare all’Aci di Roma; chissà come mai si è liberata?
Sciocchezze, sono solo sciocchezze; le mie o di quelli che lavorano “ognuno per dieci”, e ben retribuiti?
Che trami qualcosa all'Aci?
Noooooooooo!!!

martedì 27 aprile 2010

Il sogno della Brambilla





Ci sono cose che capitano quando meno te l’aspetti e che vorresti non succedessero mai, ma…
…un suo collaboratore mi porta un messaggio di Michela Brambilla: vorrebbe incontrarmi per espormi un suo progetto sul quale desidera un mio parere. La proposta mi stupisce: non ho alcun rapporto con il ministro del Turismo, al quale non ho lesinato critiche da quando l’hanno messa a quel dicastero.
In verità qualcosa in passato c’è stato ma poi tutto è finito lì già dai primi sintomi.
Comunque il messaggio è allettante, mi incuriosisce; accetto. L' incontro si svolge a Palazzo Chigi, a Roma.
La ministra è gentile, non fa alcun accenno alle mie critiche, evita di imbarazzarmi e viene al sodo; anzi si complimenta sulle mie prese di posizione, che poi sono le sue, sul portale dei 4zampe, sul decreto dei Casinò e su quello del golf, che stranamente ci accomunano, per il resto lasciamo perdere che è meglio.

"Si tratta", mi dice, "di una novità assoluta non solo per l' Italia ma per il mondo intero". "Si tratta", chiedo io, "del suo piano di turismo innovativo?" "No, è ben altro. Una rivoluzione, un nuovo tipo di patto sociale tra l’industria turistica, le associazioni, i sindacati, la scuola e noi, aggregati come un grande mosaico".

Ha gli occhi spiritati, come accade in chi è ossessionato da un'idea che viaggia sulle ali della fantasia prima di planare nella realtà. Credo che colga la mia sorpresa e che ne abbia piacere. "Ma prima", mi dice, "una premessa". E si inoltra in un'analisi storica di filosofia turistica: i pellegrinaggi medioevali e le esplorazioni iniziate nel XV secolo, da Stendhal a Thomas Cook, che sfruttando le nuove possibilità offerte dal treno, organizzò un viaggio di 11 miglia da Leicester a Loughborough: ben 570 persone vi parteciparono, al costo di uno scellino a testa; al 1937 alla Società delle Nazioni dove il turismo fu definito come genti che viaggiano per periodi di oltre 24 ore, fino ai tempi nostri; Joseph Ejarque, Michael Frenzel, Pascal Lamy, eccetera eccetera.
Parla senza interruzioni e la seguo con qualche difficoltà anche perché mi sfugge del tutto dove voglia arrivare. Un leggero velo di noia deve essersi soffuso sulla mia faccia perché si ferma di botto: "È stanco?". "Ma no, affatto", dico io. "Vede, il progetto che desidero sottoporre è talmente nuovo che questa premessa mi sembrava necessaria. Non volevo che lei pensasse ad una mia fantasticheria che non tenga conto dei precedenti". "Comprendo benissimo, i precedenti", ma guardai l'orologio, era già passata un'ora. Lei notò questa mia diversione con quei suoi occhi mobilissimi che sembrano obbedire a pensieri estranei alle parole che pronuncia e ai gesti delle mani. Mi faceva un curioso effetto, affascinante a suo modo.

"Il turismo a mò di mosaico", dissi io, "lei lo vede come una grande occasione?". "Il nostro sarà un turismo diverso da tutti gli altri. Nulla a che vedere con quello francese di Novelli, con i mega sconti spagnoli, meno che mai con quello degli Stati dell'America federale o il cinese". Capito adesso?".

Confesso che queste parole sono state il mio pensiero di anni e sentirle dire da lei mi portava ad essere molto interdetto, ma cercavo di non farlo vedere. Perciò dissi: "Basta con le convention tra i sopraddetti dove ognuno mena l’acqua solo al proprio mulino, è questa l'idea?". "Fuochino, fuochino, quasi fuoco", disse lei con la sua vocina da bambino. Il gioco mi prese. "Vediamo", dissi, "Fine delle nomine partitocratiche e l’industria turistica nell’interno scolastico". "Quasi fuoco, quasi fuoco. Coraggio". "Dati e statistiche emesse da una sola fonte (non politicizzata) per tutto il territorio nazionale, mentre il controllo qualità deve partire dagli assessori, associazioni, enti, industria, sindacati e scuola, che dal comune più piccolo, in scala su su, raggiungano i piani maggiori.".
Mi si avvicinò, mi mise una mano sul braccio guardandomi negli occhi: "Sapevo", disse, "che lei avrebbe compreso. Però manca ancora un tassello, quello essenziale". "Quale? Me lo dica professoressa". La parola professoressa mi era scappata di bocca e mi ripresi subito: "Mi scusi, signora ministra". "Ma di che cosa? Mi fa un gran piacere. Il tassello è la partecipazione sola ed esclusiva della MERITOCRAZIA. Capisce la novità?".
"Ma, ma, ma, questo nessuno lo poteva immaginare anche se da sempre ne parlate in quantità, prima delle elezioni, però poi….". "Vede, lei giudica e critica quasi sempre il mio lavoro e chi in questo settore ci campa. E quindi chi meglio può dirmi se la mia idea è buona o no?
Eccome ci campate, e anche bene, pur senza grandi meriti, pensai. E poi chiesi: "Non mi ha ancora detto come farà a convincere tutti questi signori/e sulla bontà costruttiva del mosaico turistico dirigenziale”
Ero molto perplesso, direi stordito, mentre riflettevo; questa è matta.
A quel punto mi sono svegliato, ma ci ho messo un po' prima di capire che avevo sognato.
Con sti qui non si sa mai……



E. Scalfari e me (ma lui non lo sa)

venerdì 23 aprile 2010

Osservatorio sul Turismo Scolastico (però senza occhiali)

Questa volta la montagna non ha partorito neanche il fatidico topolino, forse un pidocchio.
Si era ai primi di luglio dell’anno passato e tra squilli di tromba e naturalmente anche dei "tromboni", il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Mariastella Gelmini e il ministro per i Beni e le Attività Culturali Sandro Bondi hanno firmato un protocollo d’intesa con il quale si dà il via al programma “Alla scoperta del tuo Paese”.
L’iniziativa è dedicata alla promozione degli scambi culturali, della conoscenza della storia nazionale e delle culture locali nella scuola italiana attraverso i viaggi di istruzione nel nostro Paese, ed in concomitanza delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia.
1,3 milioni di studenti che con i 370 milioni di euro di fatturato che vengono così generati, possono rimpinguare le “tormentate” casse del settore; e che dire della destagionalizzazione, dell’ovvia maggior forza lavoro e dell’indotto?
E i contenuti del protocollo, neanche a dirlo, sono i consueti incentivi, concorsi per i migliori progetti (ma c’erano anche prima), gemellaggi tra scuole nazionali, la nascita di un portale sul turismo scolastico e tanto bel tempo speso nell’organizzazione, come tanti sono i bei soldini spesi a fin di bene; naturalmente se ben organizzato.
Cavolo, un gran bel progetto, e fortuna che qualcuno c’abbia pensato, anche se “altri” da millenni lo vanno dicendo; come quello d’accorciare l’anno scolastico.
Nisba, non se ne parla nemmeno (ved. altri Paesi europei).
Sennonché aspettando pazientemente (ma non ce n’era grande bisogno) i dati di cotanta saggezza organizzativa, ecco che c’arriva questa BELLA notizia: GLI STUDENTI ITALIANI ANCHE NEL 2010 SE NE VANNO ALL'ESTERO.
Ma va?
Il dato proviene dall'ultimo monitoraggio dell'Osservatorio sul Turismo Scolastico del Touring Club Italiano.
Bel colpo Gelmini e bel colpo Bondi; detto e fatto, quasi; anzi, no.
E vuoi vedere che tra tanto bailamme ci si è dimenticati di pensare che allo stato attuale nelle scuole italiane non c’è tanta “coesione” con le istituzioni governative, anche a livello di rimborsi irrisori, e che quindi ogni …vabbè, avete capito, e probabilmente serviva dell’altro.
O forse sono io che penso male?
Comunque tanto chiasso, tempo e soldi per niente, e amen tutto normale.

mercoledì 21 aprile 2010

Hospital-ità








Sicché e checchè cenedicano in Italia per certificare la qualità sull’ospitalità è sufficiente inviare un SMS o collegarsi e votare nel web; eh si, qui da noi mica si scherza.
Mentre chi organizza questo “sostanziale Gran Premio” sulla peculiarità del comparto turistico è l’IS.NA.R.T (Istituto Nazionale Ricerche Turistiche), che lo fa addirittura in collaborazione con l’Unioncamere e il patrocinio della Presidenza del Consiglio, Ministero degli affari Esteri, Ministero dei Beni e Attività Culturali, Italia.it (toh, chi si vede), UPI (Unione Provincie italiane), UNPLI e i Comuni italiani.
Questo (per loro) è una garanzia di qualità per gli esercenti e per i turisti, mentre (sempre per loro) assume le caratteristiche di un investimento promozionale e commerciale perché offre (secondo loro) alle imprese una serie di vantaggi competitivi, per promuovere e accrescere la qualità delle strutture dell'intero sistema turistico nazionale.
Decchè qualità?
E la storia va avanti da anni con chissà quali costi e chissà quali ricavi, mentre chissà a chi e a che serve una cosa così.
Forse la stessa degli anni ’60, quando il settimanale “Gente” aveva istituito il “Ristorante migliore d’Italia”, dove previo invio di uno stampato all’interno del medesimo, ti permetteva di votarne l’eccellenza su tutto il territorio nazionale.
Peccato solo che non riuscivi più a leggerlo.
Infatti tutti i ristoratori, non appena le copie venivano emesse nelle rivendite, se ne accaparravano la totalità, e se per caso riuscivi ad entrare in possesso di un raro esemplare, ecco che mancava sempre il ritaglio per votare.
Capito il giochetto?
Beh, ma vedo che da allora la qualità non hanno fatto dei grandi passi in avanti, e lo stesso recente contestatissimo Tripadvisor, sulle recensioni ed opinioni degli hotels, ne riconferma l’andazzo.
Quindi nel Bel Paese e per questi signori, la "QUALITA'" e quindi i ricchi premi e cotillons per gli hotels e ristoranti più meritevoli, si limita a quanto segue:
Per votare con un SMS comporre il seguente messaggio:
1. inserire il codice della struttura
2. inserire uno spazio
3. proseguire con il voto (da 1 a 10)
Mentre via internet; compilando il modulo per la votazione.
Tutto lì.
Beh, in verità un sistema più professionale ci sarebbe ed è in mano alle Provincie, ma per ribadire alla loro inutilità nelle città di grossa dimensione (non tutte per fortuna), si sono studiati di richiedere al responsabile dell’albergo solo un’auto certificazione….e addirittura ogni cinque anni.
Poi ce ne anche degli altri e molto più specialistici, ma vaglieli a spiegare ai “professori” delle str...anezze.

martedì 20 aprile 2010

Si ai campi da golf (parte 2a)





…la libertà non è star sopra un albero,
non è neanche il volo di un moscone
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione.
Era l’introduzione del ’72 al recital “Dialogo fra un impegnato e un non so”, e la canzone è del grande Giorgio Gaber.
Dove l’impegnato è uno tosto senza dubbi né inquietudini, che continua a progettare come soluzione di ogni problema e che giudica tutto solo in base a un meticoloso ragionamento.
“Il non so” è lo scettico che aspetta l’Impegnato al varco per mostrare che non risolverà mai niente, ma intanto non risolve nulla neanche lui.
Beh, almeno non si stanca, direte voi.
Beh, preferisco stancarmi per trovare almeno una soluzione, dico io.
Come precedentemente scritto, la ministra Brambilla ha approvato un disegno di legge per incentivare il turismo golfistico in Italia e da più parti, anche da quelle della maggioranza, si sono affacciati a denigrarne la scelta quelli che sanno tutto, ma che poi in definitiva non ne sanno nulla.
Mentre a me poco importa da che parte politica proviene l’idea, l’importante è, e sempre sarà, che sia buona per il commercio e per il sociale; il resto non resta e non produce granché; anzi, non fa nascere proprio un bel niente.
Comunque da un’analisi fatta da parte di eccellenti ricercatori (Dott. Paolo Caggiati e del Dott. Guido Maria Bazzani, ricercatori del CNR - Istituto di Biometeorologia ‘IBIMET’ Sezione di Bologna) è emerso che la salvaguardia dell’ambiente è diventata negli ultimi anni parte integrante delle principali politiche economiche, compresa quella agricola, ed uno degli obiettivi principali dello sviluppo sociale ed economico come esplicitato da recenti trattati internazionali che hanno adottato il principio dello sviluppo sostenibile.
Ogni tipo di attività, sia di carattere ricreativo che produttivo, implica degli effetti positivi e
negativi sull’ambiente e sulle risorse naturali.
È indubbio che il golf, fra tutte le attività sportivo–ricreative, è quella che impegna e gestisce le aree verdi più estese e, quindi, interagisce in misura più rilevante con l’ambiente.
Per tale ragione, la crescita che sta conoscendo l’attività golfistica in questi ultimi anni, sia in termini di impianti che di praticanti, ha comportato, e comporta tuttora, una particolare attenzione ed una maggiore sensibilità dell’opinione pubblica nei riguardi delle ripercussioni sul territorio derivanti dalla realizzazione e dalla gestione dei campi da golf, soprattutto quando l’impianto è situato in zone particolarmente sensibili.
Risulta evidente, quindi, che un adeguato bagaglio di informazioni e di conoscenza, derivante da una rigorosa e circostanziata analisi dei problemi, diventa un supporto fondamentale per un confronto chiaro ed aperto con le diverse categorie sociali coinvolte, che permetta di superare equivoci, chiusure e falsi pregiudizi e di assicurare, conseguentemente, scelte condivisibili e soluzioni di lunga durata.
In questo contesto, il presente studio rappresenta un ulteriore contributo alla formazione di un quadro conoscitivo corretto ed aggiornato, affinché emerga una situazione di minor pressione ambientale dell’attività golfistica rispetto a quella agricola, relativamente agli indicatori presi in esame, nelle realtà territoriali considerate.
In particolare, per quanto concerne i fertilizzanti, i livelli medi relativi ai principali principi attivi sono pari a 43.74 kg/ha di azoto, 8,85 kg/ha di fosforo, 34,50 kg/ha di potassio.
Tali valori sono significativamente inferiori a quelli agricoli, di 3,9 volte per l’azoto, 7,2 per il fosforo e 2,5 per il potassio.
Confrontati con la maggior parte delle colture agricole, i livelli di impiego dei fertilizzanti distribuiti sugli impianti golfistici si attestano nella fascia più bassa, più vicini a colture estensive, come le foraggere, piuttosto che alle coltivazioni intensive.

I prodotti fitosanitari, a livello aggregato, mostrano per gli erbicidi livelli di impiego pari al 42% di quelli agricoli, al 58% per i fungicidi e superiore del 16% per gli insetticidi.
Anche se il dato generale è in complesso tranquillizzante, ciò non significa che le concentrazioni di fitofarmaci distribuite sulle aree ad elevata intensità colturale non richiedano uno stretto controllo ambientale e l’adozione delle migliori pratiche agronomiche, per evitare danni localizzati.
Ad un’analisi più dettagliata, si evidenzia come, mentre per i concimi la situazione sia sempre più favorevole al golf, per quanto concerne i prodotti fitosanitari si è manifestata una situazione più differenziata.
I consumi idrici del golf, stimati pari a circa 1200 m3/ha, appaiono inferiori a quelli agricoli,
che sono stati calcolati pari a 2300 m3/ha.
I valori riportati dimensionano correttamente i fabbisogni irrigui dell’attività golfistica che, a torto, è ritenuta un’elevata consumatrice di risorsa idrica.
Può essere interessante, in sede di conclusioni, richiamare alcuni risultati emersi in uno studio condotto alla fine degli anni ’90 nell’ambito del gruppo di lavoro “Golf e Ambiente”
promosso dalla FIG (Caggiati et alii, 1999).
In particolare, le pressioni ambientali riguardanti l’uso dei fertilizzanti per l’area del Nord Italia erano pari a 67 kg/ha di azoto, a 18 di fosforo ed a 57 di potassio.
I valori attuali risultano sensibilmente inferiori, pari rispettivamente al 65%, al 49% ed al 60% di quelli precedenti.
Per quanto concerne i fitofarmaci, l’impiego medio corrispondeva a circa 3,6 kg/ha riferito ad un principio attivo a tossicità medio-bassa.
Questo valore va opportunamente ricalcolato per passare dal quantitativo di principio attivo (p.a.) a quello di prodotto utilizzato nel presente studio; assumendo una concentrazione media del 40% di p.a., calcolato come media ponderata di erbicidi con p.a. 30%, fungicidi con p.a. 50%, insetticidi con p.a. 25%, la quantità di prodotto distribuito risulta pari a 9,01 kg/ha, rispetto alla quale la dose di 7,93 kg/ha, attualmente complessivamente distribuita, rappresenta una diminuzione del 12%.
Pur tenendo in debito conto che il campione su cui vennero effettuate quelle elaborazioni non coincide con quello preso in esame nella presente indagine e, quindi, le considerazioni di carattere comparativo hanno solo un significato di massima, si può affermare che la situazione attuale risulta ulteriormente migliorata rispetto a quella evidenziata circa dieci anni fa.
Questo effetto è sicuramente attribuibile anche agli sforzi intrapresi negli anni più recenti dalla FIG, che, in linea con le federazioni di tutto il mondo, si è impegnata, attraverso la Sezione Tappeti Erbosi, per incorporare nelle tecniche di gestione del verde modalità di maggior rispetto ambientale, definendo specifici protocolli di coltivazione eco-compatibili (valga, per tutte, la qualificata esperienza di gestione ambientale rappresentata dal già citato progetto “Impegnati nel verde”).
Sulla base delle indicazioni emerse dall’indagine, come riflessione finale ci pare utile evidenziare che sarebbe interessante prendere in considerazione l’opportunità di estendere lo studio anche ad altre aree territoriali del nostro Paese, con particolare attenzione a quelle zone che già posseggono un’elevata capacità di attrazione turistica o che sono potenzialmente vocate per questa finalità.
Un ulteriore aspetto meritevole, forse, di analisi ed approfondimenti potrebbe essere il ruolo dell’attività golfistica nell’ambito dei nuovi piani di sviluppo rurale alla luce della riforma della politica agricola comunitaria ed all’adozione di un modello di sviluppo rurale integrato di tipo intersettoriale.
Capito?
Non ci spero, ma non dico di NO.

sabato 17 aprile 2010

Si ai campi da golf

Cosa ne pensate di una persona che al mattino discute animatamente di infrastrutture, al pomeriggio di economia e alla sera di sanità, mentre sempre lo fa da presunto sapientone?

Non so voi, ma a me quando capita di vederli o leggerli (quotidianamente in giro ce ne sono tanti), penso sia un’illustre imbecille; anzi forse qualcosa di più.
E questa “tuttologia” che vedo in gran parte nella politica, si rispecchia anche negli esseri umani, quelli normali.

Chi non è il migliore allenatore della nazionale di calcio o il più eccellente cuoco/a del mondo?
Due uova al tegamino (che credono di saper fare bene ma facile non è) e via ad aprire un ristorante; poi i risultati si vedono, anzi, purtroppo si sentono quando torni a casa (se c’arrivi), dove sei obbligato a stazionarti sulla tazza per ore.
Tutti sanno di tutto, mentre gli altri non capiscono mai niente, neanche quando è il mestiere altrui da molti anni.
Qualcosa non quadra!

Il Consiglio dei ministri ha approvato oggi un disegno di legge per incentivare il turismo golfistico in Italia, e il ddl, proposto dal Ministro del Turismo, Michela Brambilla, eccetera eccetera.
Apriti cielo.
Gli stessi di prima; quegli stessi “guru” della sanità, delle infrastrutture, del commercio, delle uova al tegamino e via dicendo, si coalizzano e sparano a ripetizione delle bordate contro questa delibera della ministra, cercando di farne un solo boccone.

Un momento e per carità, nessuno qui vuole difenderla, basta leggere qualche post precedente a questo per farsene una semplice idea di come la intendo.
Ma chi sono questi cannonieri per dire ciò e che ca…spita ne sanno?
Leggo i nomi e li cerco nel web, e di turismo neanche la settimana bianca o la gita al lago; vabbè, tutto normale.
Allora diciamo due cose….
….le cifre indicano in 25 milioni i turisti golfisti europei (su un totale di 64 milioni di praticanti al mondo) per un settore che cresce senza battute d’arresto con una percentuale del 8,1% annuo.
Non male!

Notevoli i benefici per l’economia con un turista, di età media compresa tra i 45 e i 65 anni e quindi con adeguate possibilità economiche, che in Italia spende circa 90 euro al giorno (esclusi viaggi e alloggio) contro i 53,83 euro dei turisti non golfisti.
Il giro di affari in Europa per il golf è di circa 50 miliardi di euro e in Italia si aggira sui 350 milioni per introiti diretti, ossia per quelli cioè relativi unicamente alle attività del circolo golfistico.
Quanto all’incremento dei posti di lavoro se si considera che in ognuno degli impianti di golf italiani vengono impiegate mediamente 33 persone e che in generale, in Europa, Medio Oriente e Africa, per ogni lavoratore diretto ce ne sono altri 2 indiretti che vivono grazie all’indotto, si stima che ogni nuovo campo da golf creerebbe in media 100 posti di lavoro.

Senza contare quelli generati per realizzare i percorsi e le strutture ricettive annesse.
E oltretutto la stagione turistica viene molto prolungata, delimitando finalmente uno dei più grossi problemi italiani; la destagionalizzazione.
Attualmente la stagione dura il tempo d'un battito d'ali d'una farfalla, e tutti quelli che lavorano nel settore rimangono in ansia per otto/nove mesi all'anno, chiedendosi con apprensione "come andrà la prossima stagione?"
Ed è sufficiente una piccola flessione per mettere tutti quanti in crisi.
Però è assurdo criminalizzare sviluppi di questo genere urlando "colata di cemento", quando in realtà si tratta di ville immerse nel verde, su terreni altrimenti improduttivi.

Dei ricercatori giapponesi credono di aver trovato il modo per ottenere l’alcol per autotrazione proprio dall’erba tagliata dei campi da golf.
Gli scienziati dell’universita’ di Gifu, (Giappone centrale), hanno studiato numerosi tipi di erba usata per il “green”.
E sembra che abbiano trovato una varietà molto adatta per essere trattata.
Si tratta infatti di erba con alte quantità di fibra, che, come la cellulosa, prima della fermentazione, deve diventare zucchero grazie all’azione di alcuni enzimi.

Dopo varie prove, i ricercatori hanno isolato due enzimi, chiamati “acremonium cellulase” e “endoglucanase”, particolarmente efficaci nel processo di trasformazione della fibra d’erba in zucchero.
Con questo metodo, e’ stato possibile produrre 0,15 grammi di etanolo da 1 grammo di erba.
Come nel caso dell'agricoltura, anche qui bisogna valutare l'impatto di questi trattamenti su flora e fauna selvatiche.

Alan Gange, docente di ecologia microbica all'università Royal holloway di Londra, ha provato a capire se i campi da golf sono dei "corridoi ecologici" per le specie selvatiche costrette a lasciare le aree coltivate circostanti e le periferie invase dai centri urbani, o se invece attirano le specie selvatiche per poi rivelarsi una trappola letale a causa dell'elevata concentrazione di pesticidi.
Gange non ha trovato alcun indizio che avvalori la tesi delle "trappole letali".
Al contrario, alcuni vecchi campi, aperti da oltre settant'anni, conservano ancora al loro interno gran parte dell'habitat naturale su cui sono stati inizialmente costruiti, fornendo quindi un rifugio sicuro a specie rare come rospi dei canneti, orchidee a rischio d'estinzione, nibbi e lucertole.

Il decreto però dovrebbe obbligare i clubs ad adottare sistemi di gestione più ecologici (vedi il sito www.golfenvironmenteurope.org).
I golfisti magari potrebbero evitare di lamentarsi se la pallina è deviata da qualche imperfezione del percorso, e quei “santoni” accennati all’inizio, dovrebbero imparare a parlare solo di quello che si conosce e se proprio vogliono, al massimo di uova al tegamino.
Sempre che le sappiano fare, però.

Cos'è cambiato in 40anni?

Giuro che quelle che seguiranno non sono assolutamente dei paradossi, né sto scherzando; è tutto drammaticamente o comicamente vero.

A voi che mi leggete lascio il compito di scegliere se si tratta di dramma o di comicità, oppure di tutte e due, che è forse la cosa più semplice da decifrare.
Faccio riferimento alle dichiarazioni di criticità nel turismo che ogni anno ci vengono omaggiate al termine di qualsiasi riunione, evento, manifestazione o quant’altro che si occupi di questo settore a tutti i livelli; anche quelli maggiori.
Infatti, prendendo come spunto l’allora Bit del 2007, mi è capitato sotto mano, o forse è meglio dire sott’occhi, le affermazioni dei grandi “professoroni” di quei tempi, che poi sono in gran parte gli stessi d’adesso, in merito alle valutazioni negative (del momento) che attraversava il nostro turismo.

• Servono prezzi più competitivi e un rapporto qualità prezzo migliore, sosteneva il ministro Rutelli.
• “E’ urgente allineare le aliquote IVA nel settore turistico italiano a quelle dei principali paesi concorrenti, altrimenti è una gara truccata”, affermava il presidente della Confcommercio Sangalli
• Il traffico rovina spesso la vacanza, i trasporti locali costano troppo e gli intrattenimenti non sempre soddisfano tutti i gusti: (Rapporto ISNART). - La rete autostradale italiana dagli anni ’70 ad oggi è cresciuta del 67% contro il 230% di quella europea. La rete ferroviaria è diminuita del 23%, mentre i viaggiatori sono cresciuti più del doppio.
• In Italia volano 1.200.000 aerei su un totale di 106 milioni di passeggeri; in Spagna 1.700.000 aerei su 163 milioni di passeggeri.
• Troppi musei e pochi visitatori: 193 musei statali con una media di annua di 170 mila visitatori; in Francia i musei sono 33 con una media di 400 mila visitatori;in Spagna i musei sono 141 con una media di 212.000 visitatori. Il Colosseo è meno visitato della Torre Eiffel, Gardaland di Disneyland.
• I turisti golfisti stranieri sono pochi: 250.000 presenze estere contro 1.100.000 in Spagna e 1 milione in Portogallo. - Porti turistici: in Italia ne esistono 214 su 7.525 km di costa, in Francia 370 su 3.247 km.
• Solo il 5% delle strutture alberghiere italiane è on line, contro una media europea del 35%.
• Secondo l’ISTAT, la quota di albergatori che nel primo semestre 2007 ha espresso l’intenzione di diminuire il numero degli occupati è pari al 13,4%.
• Il 52% degli italiani non sa cosa significhi “turismo sostenibile” e il 72% non ne ha mai sentito parlare (Università IULM di Milano). Il 24% degli italiani non conosce un marchio di qualità o una certificazione (IULM).
• Il settore “benessere” è in forte espansione, con incrementi fino all’80-90% all’anno, ma serve disciplinare la materia per una nuova e più precisa definizione, per evitare la generalizzazione e non confondere il cliente.

Inutile dire che molte di queste stesse cose (più che giuste per amor del cielo), le abbiamo lette e sentite anche nei precedenti 20, 30 e forse anche 40anni.
Mica finita; perché negli anni che seguono (avvento Brambilla), di queste identiche, stesse e sempre uguali lamentele per ripristinare il turismo, ne abbiamo ricevute a iosa; ma in verità, cos’è cambiato?
Ribadisco: quello che ho scritto è tutto vero.

E non ho ragionato per iperboli o fatto esempi assurdi per rafforzare il concetto.
Tutto vero, e a noi, tanti auguri!

giovedì 15 aprile 2010

L’estate sta arrivando, non si sente ma si legge.


In Italia, per sapere il quando stanno per arrivare i turisti, basta leggere le schifezze che annualmente (maiala, se ne saltano uno) scrivono i giornali, TV e quant’altro d’informativo, sulla nostra capacità di farci del male da soli.

Poi, i meteorologi, c’informano dell’arrivo della bella stagione; ma ahimè, sempre dopo.
Probabilmente i deficienti (quelli che commettono delle nefandezze) sono più veloci dei professionisti del tempo, o forse pensano che queste cose siano produttive per il turismo o soprattutto per le loro tasche (ipotesi più probabile), oppure sono deficienti e basta (anche questa molto probabile).

Fatto sta che ogni anno se ne leggono a iosa, e il turista, se può, ci evita apostrofandoci: “italiani sempre gli stessi”.
Infatti: sequestrate due discariche abusive a San Gregorio Matese e in una zona archeologica a Capri (non bastavano i liquami dell’anno scorso?).
Un'area di circa cinquemila metri quadri in località "Cava della rena" di San Gregorio Matese, Comune montano nel Parco Regionale del Matese, trasformata in una discarica abusiva di rifiuti speciali anche pericolosi, è stata sequestrata dai Carabinieri della Compagnia di Piedimonte Matese.

Tra le oltre 50 tonnellate di rifiuti sversati sono stati trovate parti e carcasse di veicoli, pneumatici fuori uso, batterie esauste, fusti abbandonati ed elettrodomestici in disuso, nonché altri rottami ferrosi, depositati e smaltiti senza alcun tipo di autorizzazione.
Il proprietario della discarica è stato denunciato.
A Pratella, altro Comune collinare del comprensorio del Matese, hanno eseguito un decreto di sequestro di un' area di circa cinquemila metri quadri.
Qui nel mese di gennaio fu accertato che una azienda zootecnica scaricava le acque reflue industriali ed i liquami direttamente nel suolo provocando l'inquinamento del fiume Volturno che scorre a poca distanza.

Discarica in zona archeologica - I carabinieri della stazione di Capri hanno sequestrato un' area di circa 2 mila metri quadrati in una zona sottoposta a vincolo archeologico in località Gasto.
Nell' area erano venuti alla luce negli anni scorsi alcuni reperti di epoca augustea.
Si tratta di una zona boschiva con esemplari della flora caprese.
I militari, diretti dal maresciallo Michele Sansonne, hanno denunciato tre persone che avrebbero distrutto decine di alberi di castagno per ricavarne una piazzola da adibire a discarica abusiva di materiale di risulta dei cantieri edili, di rifiuti speciali e pericolosi e di area di stoccaggio di materiale edile. Il fondo si trova a pochi passi da un'area di proprietà del Comune utilizzata dalla società "Capri Servizi" per attività ecologiche.

I carabinieri, dopo aver apposto i sigilli, hanno denunciato il proprietario del fondo e i due titolari dell'impresa. Questi ultimi risultano essere fratelli di un vigile urbano in servizio nella polizia municipale di Capri.
Gli atti sono stati trasferiti alla sezione ambientale della Procura di Napoli.
Risultato è che nessuno aveva visto e quindi nessuno sapeva, neanche quelli che ci vivono (l'isola non è grandissima) e che magari un domani saranno promossi o ricandidati dai loro rispettivi partiti.
Si sa come qui vanno stè cose, o forse sbaglio?

mercoledì 14 aprile 2010

Zero tituli

Motivo del titolo?
E’ che ormai sono talmente abituato a sentire e leggere delle dichiarazioni pseudo risolutive sul turismo, che non ci speravo proprio più di vedere qualcosa d’intelligente.
E “zero tituli” è appunto quello che abbiamo saputo estrapolare negli ultimi 40anni da cotanta saggezza dei professoroni del nulla.
Mai primi, se non nelle cose che sono malfatte!
Spesso abbiamo qui rimarcato la necessità di impiegare a livello anche politico dirigenziale, delle persone che abbiano delle nozioni e soprattutto amore per questo settore.
Anche perché sanno di cosa si tratta e non perdano tempo per poterne almeno capire qualcosa.
Ma in particolare non sentire più il loro rimedio al male del turismo, la solita medicina e la solita “supposta” per noi...e neanche ben oleata.
Non ho molto piacere a parlare della mia regione, la Liguria; infatti sono troppe le str…anezze viste qui in questo comparto, e che mi hanno portato al totale disinnamoramento.
E' tempo sprecato.
Comunque bando alle ciance e veniamo al fatto; anzi alle dichiarazioni (a questo punto si spera) del prossimo assessore al turismo ligure: Angelo Berlangieri che per ora è in pectore.
Tengo a precisare, nel qual caso a qualcuno venga in mente qualche scemenza (e in questa regione di “quelli” ce né tanti), che non ho mai avuto granché fiducia nel sopraddetto, nonostante da anni egli sia interessato direttivamente e aziendalmente al settore, inoltre non sono attratto a niente che sia convergente con la politica (ho già dato e mi è stato più che sufficiente), mentre qualche volta l’ho pure scritto e detto.
Ma quando leggo, come in questo caso, cose sensate… ce vò.
La speranza è che le parole lette non siano una boutade o un modo di dire per dire qualcosa, ma sentir parlare che si vuole che finalmente emergano le politiche economiche turistiche e non le solite leggi, decreti, eventi e promozioni di un solo territorio periferico; beh, questo è quello che aspettavo da anni.
Chiaramente ci sono moltissime altre cose che bisogna aggiustare, ma questo è l'inizio ed è già qualcosa di differente dall’accennata perenne “supposta” di molti dei suoi predecessori, e non solo in Liguria.
Il resto dell’intervista sta qui: Travel Quotidiano 07-09/04/2010 (pagina 3).
Concludo nella speranza che altri neo Presidenti di Regione possano fare, per questo ed altri dipartimenti, delle scelte non solo politiche.
Ma questo lo so, è un’utopia.

domenica 11 aprile 2010

Accenni di Federalismo nel turismo





Il federalismo in sé è quasi niente, una formuletta; poi però bisogna verificare come lo si applica, e qui vengono i guai.
Un momento però, non è che vedo il bicchiere mezzo vuoto, per amor del cielo, sono ottimista per natura.
E’ che non si vede neanche il bicchiere, perché conoscendo questi esimi professoroni, credo che si verificherà un pasticcio peggiore del male che si dovrebbe curare.
Ad esempio ci sarà sicuramente l'inserimento della tassa di soggiorno in tutti i Comuni italiani.
Si partirà da un Comune importante (Roma), e via cantando di seguito tutti gli altri, con "programmate" lamentele delle associazioni che scandalizzate minacceranno chissà quali scioperi che si tramuteranno con un nulla di fatto. Forse qualche "contentino" per tacciare eventuali "rompiballe" e far vedere che qualcosa s'è fatto.
Solo un dato è certo: il centralismo così come ha funzionato (male) fino adesso, deve essere superato, e di esempi ormai ne abbiamo a iosa.
Ma vediamolo nel turismo.
I risultati ottenuti nel turismo nazionale dal lontano 1993, anno dell’abrogazione del Ministero del Turismo, sono talmente negativi ed evidenti che sarebbero necessarie le pagine della Treccani per descriverli tutti.
Non che nei vent’anni precedenti, con la centralità in funzione, andasse poi così meglio, per carità; ma noi tutti conosciamo quale rifugio per rifugiati sia stato questo settore, così importante a livello di entrate erariali e di impiego.
Adesso l’hanno inteso quasi tutti; 40anni dopo (era l’ora) hanno finalmente capito che il turismo sarà l’oro del terzo millennio; solo che questi quasi tutti, di turismo, non ne capiscono un tubo.
Sono decenni che gli “stessi” dicono sempre le stesse cose, mentre quelli nuovi hanno già capito tutto (dicono loro), ma nulla mai cambia.
Come ampliamente già accennato nelle mie precedenti e per il parere di molti, questo è risultato il ricovero per trombati politici, nullafacenti e raccomandati che hanno avuto tra loro un unico collegamento, l’incompetenza, che purtroppo per le cause sopra accennate è rimasta tale negli anni a seguire; un po’ come se io dovessi occuparmi all’improvviso di cardiochirurgia e non avessi neanche la voglia e la capacità di studiarne i contenuti; poveri degenti.
Mentre le recenti nomine all’Enit dimostrano che nulla è cambiato.
Le responsabilità demandate alle varie regioni hanno poi contribuito ad aumentare il bailamme in forma ancor più esagerata; differenti classificazioni alberghiere tra regione e regione e politiche turistiche disomogenee nonostante l’assembramento sotto un’unica organizzazione nazionale, hanno variegato l’offerta turistica in atteggiamenti incomprensibili, aumentando solo ed esclusivamente i costi della gestione.
Una eclatante armata Brancaleone.
Tale situazione ha permesso alla altre nazioni del globo di sopravanzarci nonostante l’indiscussa bellezza della nostra patria, dell’enorme patrimonio artistico/culturale in possesso ed anche della (passata) professionalità degli addetti nel settore turistico; infatti, a cavallo degli anni ‘60/’70, le scuole alberghiere della nostra penisola risultavano indiscutibilmente, al pari della Svizzera, nell’elite mondiale, e molti altre nazioni indirizzavano i propri studenti presso i nostri istituti scolastici per apprenderne le basi dell’accoglienza, dell’ospitalità e della cucina.
Ci rimane solo la cucina, per merito, ahimè, di pochi che amano questo mestiere.
Adesso sforniamo dalle miriadi Università del settore, una quantità industriale di Lauree, Master, ri-Master e ri-ri-Master; diplomi che hanno come probabile unico scopo quello d’esser incorniciati in qualche parete.
Attualmente Francia, Spagna, USA e Cina ci surclassano come numero delle presenze turistiche annuali mentre alle spalle avanzano prepotentemente UK, Germania e Hong Kong che viene ancora separata dalla Repubblica Popolare secondo il World Tourism Organization, e che tra breve ci sorpasseranno.
Mentre altre Nazioni si stanno affacciando prepotentemente alle spalle.
Sono circa 8.000 gli assessori del turismo regionale, provinciale e comunale a cui si sommano anche quelli dei piccoli municipi cittadini, persone che nella quasi totalità non provengono dal settore turistico e che con le oltre 10.000 società di varia natura, università e quant’altro che, senza una regia centrale, hanno contribuito in maniera determinante alla pessima situazione attuale.
Negli ultimi due anni poi, non si è potuto invero fare molto; il Titolo V della Costituzione, che demanda gran parte delle responsabilità alle Regioni, ha tarpato le ali al volo radente della Brambilla; ma forse questo è stato anche meglio.
Infatti, ancora adesso, non hanno capito che una legge approvata a Roma se è buona, mettiamo per Napoli, non lo è affatto per Verona, perché in 150anni non sono ancora riusciti a riunire l’Italia, e naturalmente la colpa è sempre di quelli che c’erano prima.
Di qui la necessità di non considerare omogeneo un Paese che omogeneo non è.
E il Federalismo nel turismo potrebbe essere un efficace rimedio.
Attualmente è come se in un Gran Premio alle monoposto venisse concesso di girare da una o dall’altra parte, a proprio piacimento.
Con l’avvento del sottosegretariato alla presidenza con delega al turismo e poi Ministro, si ipotizzava in un leggero miglioramento, almeno a livello di guida e possibilmente verso una sola direzione, ma le varie esternazioni o eclatanti proclami annunciati nell’arco degli ultimi due anni, la nuova classificazione alberghiera che rispecchia, a mio opinabile parere, una grave inconcludenza professionale, gli enigmatici piani di marketing, il Governo assente nelle programmazioni industriali e tanto altro, hanno mantenuto inalterato il poco valore che gli stranieri hanno nei nostri confronti a livello turistico e non solo, continuando a dimenticarci dalle loro mete, mentre i risultati riconfermano l’andazzo.
A molti infatti basta essere contenti d’aver perso meno di alcuni altri Paesi.
Il Federalismo nel Turismo serve, eccome se serve!
Ma serve anche una forma di centralità, mentre Ministero e regioni possono, quindi, convivere in un’ottica federalista, permettendo di valorizzare le diversità territoriali
La politica nazionale del turismo non è più un tabù non solo perché le stesse regioni si sono convinte, a differenza del passato, che lo Stato potrebbe fare molto (vedi i problemi infrastrutturali, ambientali, di sicurezza ecc.) per sostenere il loro sviluppo (vedi il Sud), ma anche perché la stessa Corte Costituzionale ha riconosciuto il valore del ruolo dello Stato, quando non in conflitto con l’autonomia appositamente riservata alle regioni in materia.
Federalismo o meno, ritorno al centralismo turistico o meno, il vero nodo è il funzionamento della macchina pubblica.
A qualsiasi livello, e mi riferisco anche alle province e ai comuni, altri centri non secondari di spesa.
E per funzionare bene il Federalismo ed un Ministero del Turismo come accentratore, si devono possedere tre virtù: un ruolo chiaro e condiviso innanzi tutto con le industrie del settore (ma cose serie, non le solite panzane pre-elettorali o post-non si può), un’organizzazione di leggi efficienti, un sostegno politico convinto e qualche “colpetto”, un po’ qui e un po’ là, al Titolo V della Costituzione.
Ce ne sarebbe anche una quarta e vale a dire cambiare la ministra, perché parlare di cani e gatti per un po’ va bene, poi, anche se li amo, sentire sempre dire che ha fatto il portale dei 4zampe…rompe.
E sono due anni che con il resto che poi è un nulla, c’ha fatto due “cose” grosse così.

giovedì 8 aprile 2010

Raoul Bova co-Presidente dell'Enit?




Non c’è neanche da dirlo, Raoul Bova non accetterà mai di diventare co-presidente dell’Enit in coabitazione col Marzotto, primo e ultimo perchè credo sia una persona intelligente e quindi non assumerebbe delle responsabilità che non è in grado di portare avanti in modo (per gli altri) produttivo.
Ce ne sono già troppi che lì l'hanno fatto
Al massimo potrebbe accogliere di pubblicizzarne il marchio, niente di più, e naturalmente pagato.
Ma quanto può essere internazionalmente utile una scelta così o forse è meglio definirla una boutade?
Comunque in attesa di maggiori informazioni, facciamo due conti all'Enit e qualche osservazione.
Poi si vedrà.
Secondo gli studi di settore, il Belpaese spende per la promozione quanto i suoi diretti concorrenti, ma la metà del totale (che la ricerca “Il declino economico e la forza del turismo” dell’università la Sapienza di Roma, calcola in 160 milioni euro l’anno, contro i 170-180 di Spagna e Francia), se ne vanno in stipendi e consulenze delle strutture che se ne occupano.
Emblematico è il fatto che l’Ente nazionale italiano per il turismo (Enit), arrivi al suo novantesimo compleanno commissariato e con i fondi falcidiati; infatti dai 50 milioni di euro si è passati ai “soli” attuali 28 che dovrebbero addirittura ancora calare.
Probabilmente il Tremonti, che scemo non è, ha capito l’andazzo di questi e ne ha ridotto drasticamente il borsellino.
Così, a conti fatti, per avere 15mila euro di promozione targata Enit, quest’anno il contribuente italiano ne spende altri 24mila solo per far funzionare la struttura, tra gli stipendi ai 220 dipendenti circa e le 26 sedi estere, di cui 15 (Amsterdam, Bruxelles, Budapest, Francoforte, Lisbona,Londra, Madrid, Monaco, Mosca, Parigi, Praga, Stoccolma, Vienna , Zurigo e Varsavia) in dodici paesi europei e 11 (Buenos Aires, Chicago, Los Angeles, Toronto, New York, Pechino, Sidney, Tokyo, Mumbai, San Paolo e Seul).
Naturalmente senza dimenticare la Sede Centrale di Roma con: Ufficio Studi Programmazione e Marketing, Ufficio Relazioni Esterne Sviluppo e Manifestazioni, Ufficio Pubblicità e Sistemi Multimediali, Ufficio Sistemi Informatici ed Informativi, Ufficio Ragioneria, Ufficio Personale, Ufficio Pianificazione e Metodo, Ufficio Amministrazione Patrimonio ed Affari Generali e basta così.

Se non interverranno cambiamenti, la situazione diventerà addirittura paradossale negli anni successivi, quando il bilancio subirà un ulteriore dimagrimento arrivando a coprire giusto il costo dell’ente e lasciando solo briciole per l’attività.
A lanciare l’allarme è un documento interno dell’Enit: «Per il biennio 2011/2012 il margine finanziario disponibile (3.853.223 euro) risulta drammaticamente insufficiente rispetto alle esigenze, né tantomeno sufficiente a garantire un livello almeno minimo di competitività sui mercati esteri tradizionali ed emergenti».
Ci sono poi le Regioni.
È a loro, infatti, che la riforma del titolo V della Costituzione dà la titolarità del settore.
E infatti ognuna ha il suo assessore al Turismo.
La Regione Lazio, ad esempio, ha un fondo unico per il turismo che si aggira attorno ai 10milioni di euro tra promozione e interventi strutturali.
Anche i Comuni e le Province non disdegnano qualche comparsa alle fiere internazionali, malgrado il loro nome sia spesso sconosciuto all’estero.
l’Italia si presenta sui mercati esteri come una sorta di armata Brancaleone, nella quale ogni impresa, ogni destinazione, ogni realtà locale è in competizione con le altre.
Fino al caso eclatante della Regione Veneto che l’anno scorso se ne uscì con una pubblicità che raffigurava i sacchi dell’immondizia di Napoli dietro lo slogan: “Il Veneto non è la Campania”.
Personalmente penso che le costose delegazioni fisse dovrebbero essere sostituite da missioni itineranti in grado di coprire anche i mercati emergenti o addirittura trovare la soluzione di assemblarli coll’ICE (Istituto nazionale per il commercio estero), che oltretutto copre una fetta più ampia del globo.
In definitiva la Brambilla pensa più alla reclame e ai personali titoli sui giornali, anziché alla caduta libera della qualità delle acque marine (che oltretutto la Michela sponsorizza con notevole dispersione monetaria per poi ricevere migliaia di lamentele dall’estero: ved. Golfo di Napoli dove i depuratori lavorano al 5 o 10%), sovraffollamento, squilibri territoriali, forte stagionalità e scompensi qualità prezzi (dato che la vacanza in Italia ha un costo superiore), nonché la scarsa integrazione tra i diversi sistemi del trasporto con le esigenze della domanda turistica, e per migliaia di volte l’eccetera eccetera, tra cui: tasse, trasparenza delle politiche di governo, spreco spesa pubblica, favoritismi nelle decisioni di funzionari del governo, formazione del personale, norme in materia di investimenti, pratiche di assunzione, costo del lavoro, flessibilità di determinazione del salario, simmetria tra produzione e retribuzione, possibilità di ricerca lavoro qualificato, strategie turistiche, affidamento sulla gestione professionale, fuga di cervelli, flussi di capitale, disponibilità di capitale a rischio, investimenti diretti dall’estero, volontà di delegare, collaborazione università/industria, …e qui, per ora mi fermo.

martedì 6 aprile 2010

Fiato alle trombe….

La prima idea che mi sono fatto, circa due anni fa, all’atto dell’elencazione dei responsabili ministeriali del turismo, dei beni culturali e dell’attività produttive, e vale a dire tutto ciò che “gira” intorno al turismo, è stato quello che perderanno molto tempo per poter cominciare a capirci qualcosa.
Ho quindi immaginato l’andirivieni forsennato nei rispettivi dicasteri di luminari, esperti, dotti e chi più ne ha più ne metta, per poter fornire ai ministri le basilari nozioni, sul cosa fare, ma non certamente sul come arrangiarsi; quello si, lo sanno fare.
Poi ho anche fantasticato su tutte le opportunità che in quelle stanze si potevano ricavare dalla meritocrazia (parola che naturalmente ho subito evaso), dalla convenienza politica o forse personale, dalle probabili promesse effettuate in campagna elettorale e tanto altro di non troppo, diciamo produttivamente aziendale.
Alla fine mi sono fermamente convinto.
Due anni che personalmente posso definire appallottolati e lanciati a volteggiare nell’aria a mo di parabola fino al canestro (cestino della “rumenta”).
Tempo perso, ma del loro poco m’importa, mentre del nostro; beh, quello si.
Mentre la loro parola d’ordine era, e coraggiosamente ancora è: “rivoluzioneremo tutto e porteremo i Beni Culturali alla magnificenza che l’Italia merita; il nostro Paese d’altronde dispone del più grande patrimonio artistico-culturale del mondo”, e bla bla bla, eccetera eccetera.
Le solite belle parole, ma i fatti?
La rivista The Art Newspaper ha pubblicato nel suo numero di aprile la classifica mondiale dei musei e delle mostre più popolari nel 2009.
Tra i musei con oltre 8 milioni di visitatori vince il Louvre di Parigi mentre la mostra che ha avuto più spettatori l’anno passato è stata Ashura capolavori confuciani, tenutasi al Tokyo National Museum.
Nella classifica dei musei dopo il Louvre si piazzano il British Museum di Londra (5 milioni e mezzo di visitatori), il Metropolitan di New York, la National Gallery e la tate Modern di Londra, la National Gallery of Art di Washington, i parigini Centre Pompidou e Musée d’Orsay, il Prado di Madrid e il National Museum di Seul in Corea.
Primo italiano gli Uffizi di Firenze, che si piazza in 21esima posizione con un milione e mezzo circa di visitatori.
Tra le mostre, invece, nessuna esibizione italiana tra le prime cinquanta censite per numero di visitatori.
E allora mi chiedo; che cos’è cambiato in questi due anni?
….o forse è meglio dire; fiato ai tromboni.

lunedì 5 aprile 2010

La Sua lettera sarà sicuramente presa in visione e ringraziandoLa.......


Scrivere ad un neo Presidente di Regione per invogliarlo a scegliere l’assessore al turismo ed i suoi collaboratori più competenti attraverso il merito, è come uscire di casa e strofinare le suole delle scarpe sullo zerbino; non serve a un bel niente.
E dire che avevo pensato ad uno scherzo della Roberta Milano perché il post sul suo blog portava la data del 1° di aprile.
Neanche per idea, la cosa è vera, infatti ne seguono altre:
Lettera per la Regione Campania di Antonio Maresca
Lettera per la Regione Marche di Fabio Curzi
Lettera per la Regione Calabria di Giovanni Cerminara
Lettera per la Regione Emilia Romagna di Lidia Marongiu
e le considerazioni di Andrea Pruiti.
Lettera per la Regione Toscana di Robi Veltroni
Lettera per la Regione Toscana di Tommaso Galli
Lettera per la Regione Veneto di Danilo Pontone
Lettera per la Regione Lombardia di Alex Kornfeind
Lettera per la Regione Campania di Fabrizio Todisco
Lettera per la Regione Umbria di Alessio Carciofi
Lettera per la Regione Piemonte di Franco Iavicoli
Lettera per la Regione Piemonte di Valentina Moretti
Sappiamo tutti che la meritocrazia in Italia non esiste, né per gli uomini né per le donne; e il posto dove esiste di meno è appunto la politica, Regioni incluse.
Basti pensare ai tanti politici figli di politici, e al nepotismo che ne permette la permanenza al potere.
E qui in Liguria, come altrove, qualcosa si sa.
Se poi ci aggiungiamo qualche nomina di presunto o probabile interesse e i famosissimi sempre presenti lecca “qualcosa”, ecco che il cerchio si chiude e non c’è più posto per altri.
D'altronde il settore in Italia, ma non solo questo, è sempre stato ritenuto come una conventicola di gente un po’ parassita e un po’ furbacchiona che campa di privilegi, di raccomandazioni concesse e ricevute, concepisce l’amicizia come un veicolo per arrivare in alto, considera il turismo una carriera per campare al meglio – prebende e onori – senza naturalmente lavorare, amare questo lavoro o almeno capirne qualcosa.
Invero da molti dei sopracitati, che spesso leggo e sovente approvo, mi sarei aspettato qualche rigo di delusione alla nomina del Paolo Rubini a Direttore Generale dell’Enit, che da congelatore di cordoni ombelicali si è ritrovato, tutto ad un tratto, a gestire l’ente più importante del marketing nazionale del turismo.
Che dalla prima o seconda conferenza stampa che ha effettuato, ha estratto dal cilindro delle sue conoscenze, l'aver capito che il turista tedesco è differente da quello indiano, perchè il primo arriva in macchina, mentre il secondo in aereo.
Oh perbacco!
Ed è stato nominato con la causale che è stato accertato d’essere in possesso di comprovati e adeguati requisiti tecnico-professionali in relazione ai compiti istituzionali dell'Enit...", si legge nel protocollo firmato il 5 agosto 2009 dalla Brambilla; e come spiego qui, qui, qui, qui e qui, che di turismo ne sa quanto e come ….vabbè.
Però è stato ed è il responsabile della banca dati dei circoli della libertà della ministra; ma guarda un po’.
O la moltitudine di cose non fatte da stò dicastero, dove i loro componenti, addirittura si pregiano d'aver perso "pochi" clienti.
Scusate ma io le suole delle scarpe le strofino sullo zerbino quando entro; lo sporco è di fuori.
...e da questi signori, qualcosina di più.

sabato 3 aprile 2010

La patria del diritto, dello storto e del rovescio


La storia del turismo italiano è difficile da raccontare, non perché sia complicata; è assurda.
Molti la definiscono come incompleta e che servirebbe un generale cambio di mentalità da parte di chi governa (o dovrebbe farlo), ma soprattutto vogliono un maggior impegno da parte degli operatori e dei cittadini.
Cavolate, le cose si definiscono incomplete quando hanno almeno avuto un inizio o quel poco prodotto è stato ben fatto; però se ci guardiamo un po’ intorno senza fare troppo i tonti, ci possiamo tranquillamente rendere conto che quello finora partorito dai ‘comandanti’, fa veramente pena e quindi va completamente rifatto.
Primo e ultimo, perché l’esempio che riceviamo da chi amministra questo comparto non dà certo dei buoni modelli e quel poco che riusciamo ad ottenere è dovuto principalmente alla grande inventiva dei pochi.
Mentre il problema è che nel turismo probabilmente esisteva, forse esiste e chissà se sempre esisterà, la Casta del Turismo, come conventicola di gente un po’ parassita e un po’ furbacchiona che campa di privilegi, di raccomandazioni concesse e ricevute, concepisce l’amicizia come un veicolo per arrivare in alto, considera il turismo una carriera per campare al meglio – prebende e onori – senza naturalmente lavorare, amare questo lavoro e almeno capirsene un pochettino.
Così vanno le cose nella patria del diritto, dello storto e del rovescio, dove stì professoroni “galleggiano” senza naufragare a dispetto dei risultati, mentre tutti hanno avuto, hanno e sempre avranno la soluzione giusta (così dicono), e nella stessa maniera incolperanno altri del proprio insuccesso.
E nel Paese più bello del mondo ci accontenteremo d’essere andati meno peggio di altri; anzi, addirittura lo useremo per vantarci.
Ecco, vi ho raccontato la storia di come è, e intuisco che non mi crederete; perché è difficile credere alla verità.

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