martedì 31 luglio 2012

Turismo: La differenza tra una parola che inizia per "E" e quella che comincia per "D"



All’inizio dell’anno in corso si venne a sapere che mentre tutta l’organizzazione che ruotava intorno all’Expo 2015 era ancora in alto mare, qui su queste pagine del blog s’incominciò a dare qualche suggerimento del tipo “dateci ‘na mossa”, “poche balle” e "finitela di perdere tempo".

Infatti c’era chi si dimetteva (Pisapia), che poi veniva reinvestito (addirittura dal Monti) in una simil posizione manlevandosi da alcuni incarichi, ex presidenti di provincia che nonostante le “cosette” sapute e risapute di cui s’aspetta l’esito della magistratura e il normale seguito dell’indagine che l’andrà “presumibilmente” ancora per le lunghe tra corsi e ricorsi, viali e caruggi, piazze e ripiazzamenti da qualche altra parte … e dove qui continuano polemiche insulse, rimpiattini tra Pisapia, Formigoni e la burocrazia.

Mentre loro al di là del confine, metodici, precisi ed efficienti ci lasciano la “D” su quest’ultima parola.
Insomma un’ambaradan (il nostro) che non dà granché buoni segnali, mentre (il loro) si può riassumere in una sola parola: “Svizzeri”.

Ebbene, i vicini svizzeri invece cominciavano già a farla rendere come business.
E il tutto alla luce del sole, coinvolgendo anche il Comune di Milano.

Di che cosa si trattava?
Gli operatori turistici della confederazione, coordinati tra di loro dalle autorità turistiche federali, stavano mettendo a punto pacchetti volo-soggiorno-visite da vendere ai clienti del medio ed estremo Oriente, a cominciare da Cina, India e Indonesia, ma anche di Stati Uniti e Brasile.

Una bella operazione commerciale e organizzativa: infatti saranno venduti insieme il volo aereo per Zurigo (in prima fila, ovviamente, c'è Swiss, la compagnia svizzera del gruppo Lufthansa), i pernottamenti nel Ticino, l'area elvetica più vicina all'Italia, i trasferimenti in treno per Milano e l'Expo, poi, volendo, un tour per le città d'arte italiane e il ritorno con partenza da Roma (o, in alternativa, il rientro in Svizzera e il volo da Zurigo).
Non risultava, allo stato, che organizzazioni italiane si stessero muovendo in tal senso, se non per iniziative marginali.
Ed è chiaro che l'attivismo svizzero si basa naturalmente sui numeri.

Le stime dicono che l'Expo attende circa 22 milioni di visitatori in sei mesi, il che equivale a circa 120 mila al giorno, quando il sistema alberghiero di Milano dispone di circa 70mila posti letto. Il Ticino mette dunque a disposizione le sue risorse di ospitalità, pari a circa 30 mila posti letto, che salgono a 240mila nell'intera Svizzera.

Passano i mesi, e mentre da noi non cambia una benemerita mazza (almeno non ho letto da nessuna parte la benché minima novità), anzi qui continuano polemiche insulse, rimpiattini e bla bla bla in gran quantità, mentre loro al di là del confine, metodici, precisi ed efficienti ci lasciano la “D” su quest’ultima parola.
Pardon, questo l'ho già detto, ma volevo solo ricordarlo.

Così la compagnia di bandiera elvetica, Swissair, sta già vendendo pacchetti viaggio più soggiorno in Asia e in America per incoraggiare i turisti che nel 2015 verranno a visitare l’Expo milanese.
Voli, alberghi e ristoranti svizzeri ringraziano.
L’indotto italiano invece resta all’asciutto.
Genova poi ... ma lo racconterò la prossima volta perché c’è troppo da dire.
Comunque sia, gli svizzeri, approfittando dei nostri ritardi e della scarsa capacità previsionale, tirano diritto per la loro strada attraverso l’ente federale che come missione ha la promozione turistica del Paese.

Noi?
Interpellato l’Enit, il nostro ente che su queste pagine abbiamo già descritto a più non posso e non certamente come “efficiente come dovrebbe”, ammette che: “Non ci risulta che ci siano ancora progetti approvati”.
Nemmeno nella Federviaggio, l’associazione degli imprenditori della filiera turistica, hanno notizia che tra i propri membri ci siano iniziative in corso.
Abbè!

Non si ha notizia, allo stato, che enti, organizzazioni o compagnie aeree italiane stiano lavorando con piani altrettanto articolati.
Anche Alitalia dice che è un po’ presto, i tempi non sono ancora maturi.
???
Mentre in Svizzera è stato già avviato un programma di aumento e miglioramento dell’ospitalità, sempre in vista del 2015, che per questa nazione sembra ed è un appuntamento strategico.
Va ricordato, per inciso, che la Confederazione ha confermato l’investimento di 33 milioni di franchi (circa 27,5 mln di euro) per il proprio padiglione nazionale alla rassegna universale: è stato, riferiscono orgogliosamente a Svizzera Turismo, il primo Paese a firmare il contratto.
Per quanto riguarda la compagnia aerea Swiss, il direttore per l’Italia, Luca Graf, conferma che il nostro Paese, con 16,5 voli al giorno da e per la Svizzera, è strategico per la compagnia, con un flusso di passeggeri tra i due Paesi che nel 2011 è stato di 940mila persone (in aumento del 10% sul 2010).
Ecco quindi che cosa vuol dire “fare sistema”.

E a Genova?
E a Genova il “sistema” al massimo se lo giocano ai cavalli o al lotto … credo.

... forse perché non ci capiscono "un'ombra".


 Di Paolo Stefanato e un pò mio




9 commenti:

  1. @Luciano

    Tu hai una pazienza proverbiale per il fatto che continui senza prendertela più di tanto ma anche loro la hanno nel non fare niente.

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  2. @Vincenzo

    Beh, allora come vedi sono simile a loro.

    Manco da morto!

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  3. Dalla Sardegna di mando questo


    "Nessuno fugga all’estero, serve l'aiuto di tutti in Italia". Pier Luigi Celli, presidente dell'Enit, fa dietrofront e, in un'intervista rilasciata a La Nazione, ritratta le dichiarazioni sull'opportunità, per i giovani italiani, di abbandonare il Paese.

    "Lo considererei un tradimento - dice Celli -. Oggi vanno chiamati alle armi tutti gli strati sociali, la politica, le associazioni imprenditoriali". Al contrario di quanto suggerito sulle pagine di Repubblica nel 2009, Pier Luigi Celli invita tutti gli italiani a rimboccarsi le maniche.

    "Va capito che ci stiamo giocando non solo il futuro dei giovani - affonda Celli - ma quello dell’intero Paese e non possono esserci defezioni".

    E alla domanda su cosa sia mutato negli ultimi tre anni per cambiare così radicalmente opinione, il presidente dell'Enit risponde: "Oggi è auspicabile che soprattutto i giovani migliori restino e diano una mano. Ne abbiamo grande bisogno".

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  4. E che cosa è cambiato dal 2009?

    Ridicolo!

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  5. Dal Gruppo

    Roma - Trentanove enti pubblici superflui tagliati da Monti, una goccia in un mare: 3.127 enti, consorzi, società partecipate da regioni, province e comuni. Il calcolo lo ha fatto l'Upi, cioè l'Unione delle province, per indicare dove la spesa pubblica diventa un fiume in piena e spostare la scure sugli enti strumentali. Gli enti, catalogati dal ministero dello Sviluppo economico, costano circa 7 miliardi di euro l'anno, di cui 2,5 miliardi solo per i consigli di amministrazione.

    Dentro c'è veramente di tutto. In Veneto c'è l'«Istituto per la conservazione della gondola e la tutela del gondoliere», un «Consorzio intercomunale soggiorni climatici di Verona», un «Istituto culturale delle comunità dei ladini storici delle Dolomiti bellunesi», e una «Fondazione centro studi transfrontaliero del Comelico e Sappada». In Piemonte c'è il Centro piemontese di studi africani, un Istituto per le piante da legno e l'ambiente e un Centro internazionale del cavallo. In Emilia Romagna è aperto un Centro di documentazione di storia della psichiatria.È proprio l'Emilia Romagna la regione con più enti strumentali (368), seguita da Lombardia (297), Toscana (267), Campania (262), Veneto (258), Piemonte (253), Liguria (220), Sicilia (206). Quella che ne ha di meno è il Molise (21), che infatti è la regione più piccola e meno popolosa. In Campania, tra i consorzi, ce n'è uno che si occupa delle «applicazioni dei materiali plastici per i problemi di difesa dalla corrosione». In Puglia c'è un Istituto pugliese di ricerche economiche e sociali e poi un Ente autonomo fiera mostra dell'Ascensione di Francavilla Fontana. «Strutture create dal nulla spesso per spartire poltrone e gestire potere - attaccano dall'Upi - . Rappresentano le stanze segrete della politica, di cui i cittadini ignorano perfino l'esistenza. Anche se sono loro, con le loro tasse, a finanziarle e a tenerle in vita».

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  6. Discorso a parte meritano i Consorzi di bonifica. A guardare i numeri sembra di vivere non in Italia ma in un paese tropicale, con paludi. I consorzi di bonifica vengono istituiti nel 1933, da un regio decreto, negli anni dell'Agro pontino da bonificare. A ottant'anni di distanza ce ne troviamo ancora 91, ognuno con un consiglio dei delegati, un presidente, un collegio dei revisori dei conti. Enti pubblici con funzioni che già svolgono le regioni, le province e i comuni, e in alcuni casi anche società specifiche (come l'Ardis, l'Agenzia regionale per la difesa del suolo, della regione Lazio). Solo in Veneto ce ne sono 21, dal Consorzio di bonifica Basso Piave al Consorzio di bonifica Sinistra Medio Brenta. Poi ci sono gli Ato, (Ambiti territoriali ottimali), organismi dotati di uffici, consigli di amministrazione, sedi, etc, che si occupano di gestire le risorse idriche e i rifiuti, e che secondo un decreto del 2010 dovevano essere soppressi e le loro funzioni assegnate a province e comuni. A due anni non è ancora successo nulla, e la data della soppressione è stata spostata (ancora), col milleproroghe del governo Monti, al 31 dicembre 2012. In tutto sono 222 (91 Ato acque, 131 Ato rifiuti) e costano oltre 240 milioni di euro l'anno. Ci sono poi 63 bacini imbriferi montani (Bim), enti che raggruppano tutti i comuni che ricadono all'interno di un bacino imbrifero montano di un fiume. «Il principale scopo dei consorzi Bim - si legge nel loro sito ufficiale - è quello di favorire il progresso economico e sociale della popolazione abitante nei Comuni consorziati». Anche qui era prevista la soppressione e il trasferimento delle funzioni ai comuni o alle province. Poi è stata soppressa la soppressione. Solo nel 2011 sono costati oltre 150 milioni di euro.Costantemente la Corte dei conti esprime giudizi negativi sui troppi enti e società partecipate, ma inutilmente. Recentemente la Sezione Controllo per la Sardegna della Corte dei Conti ha bocciato il rendiconto regionale. In particolare sull'eccesso di costi e personale degli enti regionali, dove sono impiegati la bellezza di 3.349 dipendenti, con un costo di 230 milioni di euro. Le società partecipate dalla regione Sardegna invece sono 32, con 4.316 stipendiati. E una costante rilevata dalla Corte: «Quasi tutte le società presentano perdite d'esercizio».

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  7. Gli ipocriti arano il campo del diavolo con l'aratro del Signore.

    Dedicato a Celli

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