mercoledì 25 luglio 2012

Uno scenario da “the day after” da ribaltare grazie alle capacità di reazione degli imprenditori


Come saremo dopo questa crisi?
È una domanda che spesso viene posta e alla quale non è facile dare una risposta per le caratteristiche epocali di questa crisi uniche nella loro gravità, complessità, durata, ampiezza e conseguentemente sui danni che sta causando.

Innanzitutto non faccio parte della schiera di quanti attribuiscono effetti salutari alle crisi, perché suggerirebbero cambiamenti, riforme, ristrutturazioni, riflessioni sui nostri comportamenti sui quali avviare migliorie che solo le difficoltà sarebbero in grado di imporre.
I cultori di questa dottrina, probabilmente, non hanno mai gestito aziende e hanno studiato i momenti economici in comodi osservatori dove manca l’elemento essenziale, cioè il rischio che sta dietro ad ogni decisione imprenditoriale.

Un buon imprenditore non ha bisogno di momenti di crisi per capire i limiti, le debolezze e le fragilità della propria impresa, sulle quali ha l’obbligo di operare soprattutto nei momenti di benessere se non vuole percorrere la strada del declino che la crisi può solo accelerare.
Esistono le eccezioni, da ammirare, ma le crisi normalmente lasciano soprattutto morti e feriti, imprenditorialmente parlando.
Questa poi vale una rivoluzione, poiché ha demolito sicurezze, convincimenti, ricchezze, e il mondo che ci ritroveremo sarà certamente molto diverso rispetto a quello di prima.

Innanzitutto avremo un consumatore spaventato, toccato nel portafoglio, consapevole della fine di un’epoca nella quale tutti e nonostante tutto abbiamo probabilmente vissuto sopra le nostre
possibilità, alimentando un’economia dopata dal benessere, dalla finanza e da comportamenti spesso discutibili da molti punti di vista.
Ci troveremo, poi, un welfare sociale più incerto e debole, non solo a causa delle inderogabili riforme assistenziali e previdenziali avviate, ma per il peso di un debito pubblico che, nonostante i sacrifici e l’impegno, continuerà ad essere il freno e il limite della nostra economia anche in campo sociale.

Infine, avremo imprese, soprattutto le Pmi, che sconteranno le difficoltà di accesso al credito, anche perché il sistema bancario dovrà rimediare ai danni subiti dalla finanza creativa che ha spesso favorito; imprese che non potranno fare affidamento su efficaci politiche di sviluppo perché su queste peseranno le priorità imposte dai vincoli del debito pubblico e che dovranno confrontarsi  in un mercato più prudente e anche internamente più povero con una concorrenza internazionale più aggressiva.

È uno scenario da “the day-after” da ribaltare confidando sulle capacità di reazione degli imprenditori encomiabili nella ricerca dei giusti anticorpi alle difficoltà e affidandoci alla… poesia!
Giacomo Leopardi ci ha insegnato che dopo la tempesta, torna il sereno e quindi affidiamoci anche all’ottimismo poetico!

Cordialmente.



8 commenti:

  1. @Luciano


    E' una delle tue solite trappole, neh?

    Magari per sollevare la questione che sicuramente non condividi.

    ;-)

    Lascia quel paese e ritorna subito qua. Che ci stai a fare in mezzo a quella gente?

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  2. Ma si può che alle 11 di sera sono a pregarti ??????

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  3. @Captain

    Appunto, buonanotte e l'immaginavo che non ci saresti caduto.

    Non t'arrendi mai, vero?

    ;-)

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  4. Scherzetto o dolcetto?


    Meglio il vino rosso come dolcetto!


    ;-)

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  5. @Vincenzo

    Eh già, non sembra che questo post sia stato un grande successo.
    E vabbè andrà meglio la prossima volta ... spero!


    ;-)

    P.S.: E io che credevo.

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  6. quando ho visto la firma ho capito il 'contenuto' di questa riflessione Luciano che in parte non condivo proprio perchè quel punto di vista non è oggettivo. In particolare questo: " ... un buon imprenditore non ha bisogno di momenti di crisi per capire i limiti, le debolezze e le fragilità della propria impresa, ..." mai trovati in 20 anni sono molto sfigato vero ? Tutto quello di 'innovativo' (passami il parolone) lo sto facendo negli ultimi 2 anni strano vero ? Prima era tutto perfetto per cui la PMI non aveva bisogno di innovazione o di riposizionarsi ? Infine quanto (numeri) il mercato è stato 'drogato' da false imprese che NON avevano nessun presupposto per essere aperte ma proprio nessuno ? E nella FIPE questo è avvenuto al pari delle ADV ... oggi paghiamo anche questo che magari non è bello da dire ...

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