sabato 6 luglio 2013

L'Imu in cabina per spogliare il turista

Il Governo ci ripensa sulla cancellazione dell’Imu sulla prima casa?
I Comuni liguri la mettono persino sulle cabine degli stabilimenti balneari.

Le cabine stesse non sono immobili, il demanio è proprietà dello Stato, eppure per rimpinguare le casse sempre vuote, gli enti locali chiedono il tributo ai gestori degli stabilimenti balneari.
Una scelta che inevitabilmente finisce per ripercuotersi sui prezzi per il turista.
Già molti i ricorsi, anche perché ogni Comune applica l’Imu in maniera diversa e se dovesse passare la linea dei più esosi il rischio di un innalzamento delle tariffe sarebbe ancora più concreto.

Quindi per andare al mare in Liguria bisogna pagare l’Imu.
Come sulla casa, così pure sulle cabine.
E non si può neppure sperare che il Governo riesca a trovare le risorse per cancellare la gabella, perché sono i Comuni ad andare all’incasso e sempre con crescente “sete” di euro.
In tempi di crisi, con i prezzi degli stabilimenti balneari sostanzialmente stabili rispetto agli ultimi anni, forse non tutti sanno che per trascorrere una gironata in spiaggia si deve pagare anche una quota dovuta alla tassazione che sta prendendo corpo in praticamente tutti i Comuni liguri.
Con rarissime eccezioni.

La tendenza, iniziata alcuni anni fa con l’Ici, è diventata infatti una vera e propria “miniera d’oro” per le casse degli enti locali sempre in cerca di denaro fresco.
Al punto che quella che era nata come un’imposta comunale sugli “immobili” è magicamente stata applicata a una delle cose più mobili ed effimere che possano immaginarsi su una costa come quella ligure.
Capanni in plastica, legno, vetroresina o in altro amteriale sempre più leggero e comodo da montare e smontare, vengono di fatto equiparati agli appartamenti, alzando i costi di gestione di uno stabilimento che poi si ripercuotono sulla spesa del turista.

La stessa definizione dell’Ici sembrava sufficiente a chiarire quale livello di fantasia avessero usato i primi comuni tassatori, un Paese dove si pagano anche i balzelli anche sull’ombra (vedi quella sulla proiezione ortogonale delle insegne a bandiera sul selciato) non ci ha messo molto a far diventare la cosa come una regola praticamente inattaccabile.

Il fatto è che poi, come ben sanno tutti i proprietari di case, con la seconda rata dell’Imu 2012, la tassa è salita alle stelle.
E così pure per le cabine delle spiagge gli aumenti si sono fatti sentire.
“Quest’anno abbiamo chiesto e ottenuto di poter aspettare fino al 30 aprile prima di comunicare i prezzi della stagione – chiarisce Ferruccio Caldirola di Assobalneari -. Questo perché i colleghi fossero in grado di capire quanto dovessero apgare a livello di tributi. Nonostante ciò, voglio sottolineare che almeno nell’80% dei casi in Liguria le tariffe sono rimaste immutate e chi ha ritoccato lo ha fatto perché magari negli anni precedenti aveva lasciato gli stessi prezzi”.

Una tregua fatta in un momento di crisi che però rischia di essere di breve durata.
Anche perché i Comuni in molti casi si sono dimostrati particolarmente esosi e hanno cercato di ottenere aliquote altissime e incassi massimi.
Scelte che hanno scatenato una lunga lista di ricorsi alle varie commissioni tributarie provinciali.
La stessa Assobalneari ha pendente il ricorso seguito dallo studio Legale Armella, guidato dal presidente della Fiera di Genova.
Da levante a ponente sono ancora molte le situazioni in attesa di una definizione.

Ma se l’Imu è una tassa nazionale, perché ami la Liguria qualcosa da obiettare?
“Il problema è semplice – spiega Alessandro Riccomini della Cna Balneatori -. I Comuni liguri hanno preso spunto da altre Regioni in cui è stata applicata la tassa. L’Ici prima e l’Imu poi. Ma non è possibile assimilare situazioni diverse. Partiamo proprio dal concetto di immobile: se su altri litorali veniva fatta pagare l’Ici sulle cabine era perché in molte zone d’Italia le cabine sono strutture in muratura, fisse. Fermorestando che riteniamo una tassa concettualmente sbagliata, sarebbe più comprensibile pagare l’imposta sulle parti dello stabilimento permanenti, ma non sulle strutture amovibili”.

Sì, perché oltretutto i Comuni mica fanno pagare l’Imu stagionale.
Vogliono il tributo per intero, per 12 mesi l’anno, anche quando i loro stessi uffici impediscono al gestore di lasciare eventualmente le cabine amovibili al di fuori della stagione ufficiale.
Cioè i Comuni incassano un tributo per un anno, mentre il rpesunto immobile sta in piedi quattro mesi.

I ricorsi sull’Ici/Imu sulle cabine in molti casi lasciano aperta la determinazione dell’importo, congelando magari le pretese dei Comuni più esosi.
Perché per poter prendere la tassa, alcuni enti locali, da quando hanno avuto la gestione del demanio, hanno preteso che i gestori facessero l’accatastamento degli stabilimenti, compresa la parte relativa alle cabine.
E in base alla rendita catastale che può variare da zona a zona la tassa può schizzare.
E se è per questo non c’è neppure uniformità nell’applicazione della categoria catastale in cui inserire le strutture.
Rapallo, ad esempio, ha scelto una linea più condivisa, chiedendo ai concessionari una quota forfettaria, senza distinguere tra strutture fisse e amovibili.

Applicare con incredibile difformità (e a volte non applicare proprio) una tassa che dovrebbe essere uguale per tutti provoca anche situazioni di disparità di concorrenza.
“Questo è spesso dovuto anche al fatto che la Regione Liguria diffonde linee troppo elastiche che i Comuni applicano a seconda delle loro convenienze – aggiunge Alessandro Cuore del Sindacato Italiano Balneari -. Appare anche incredibile che il gestore paghi come se fosse il proprietario di qualcosa che non è suo. Le aree vengono ottenute in concessione. Concessione per la quale si paga già un canone. Il proprietario è lo Stato, che ha dato il demanio ai Comuni. La cosa è ancora più evidente ora con il problema della Bolkenstein: non sappiamo più se dal 2015 avremo ancora queste concessioni, ma dobbiamo pagare come fossimo dei proprietari. Spesso gli enti locali sfruttano questa incertezza e se devono chiederci qualcosa ce la impongono condizionandola al ritiro dei permessi”.

L’incertezza sul futuro porta a un taglio degli investimenti.
L’aumento di nuove tasse come l’Imu sulle cabine indirettamente sui uristi.
Così la Liguria pensa di sostenere il cuore della sua economia turistica.

Di Marco Barisione

P. S.: Possibile che i Comuni non abbiano pensato anche a tassare le ciambelle (salvagente) dei bambini, magari quelle con la paperetta o il coccodrillino … d’altronde quando i bimbi fanno il bagno e vanno in acqua, per qualche tempo, ci vivono dentro.
E chissà quanto farebbero pagare quei salvagente con l’effige della giraffa … con quel collo lungo lungo.
Ma l’ippopotamo no, per piacere, anche perché tanto lo sanno tutti che l'ippopotamo è sempre “miscio” (senza palanche), neh! ... o forse è proprio per quello che tasseranno anche lui.







4 commenti:

  1. Luciano, però, che strano questi politici...

    Prima delle elezioni ti fanno una "capa tanto" sul rilancio dell'economia con agevolazioni fiscali, poi, subito dopo si comportano come quel contadino avido e insaziabile della fiaba di Esopo, il quale, non contento dell'uovo d'oro che gli regalava la sua "gallinella" ogni giorno, la "squartò" per prendersi tutto l'oro al suo interno... risultato? Chi troppo vò mangià s'affoga!

    :-)

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  2. @Jennaro

    Il fatto che non tassino i salvagente con l'effige dell'ippopotamo è comunque un gran successo.

    Chissà se fanno dei corsi per raggiungere questo livello di ... va beh?

    :(

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  3. «Dieci mesi fa Ryanair ha offerto di accrescere il turismo ed il traffico in Italia a 37 milioni di passeggeri all’anno entro il 2018.Questi passeggeri avrebbero creato e sostenuto oltre 37.000 posti di lavoro in loco e fornito oltre 6,5 miliardi di euro in entrate turistiche ogni anno all’economia italiana. Tuttavia, a causa della mancanza di impegno da parte del precedente governo, il turismo e il traffico italiani continuano a diminuire con 2,2 milioni di passeggeri in meno tra gennaio e aprile quest’anno, un crollo del 5,4%. Come compagnia aerea numero 1 in Italia e con 175 nuovi aeromobili ordinati, Ryanair è la sola compagnia aerea che può portare crescita».


    La rivelazione choc è di Michael Cawley, direttore generale della compagnia aerea irlandese, che ieri, nel corso di una conferenza stampa, ha rimproverato il governo Monti di scarso impegno verso il piano di crescita occupazionale proposto mesi fa.
    Ora Ryanair ci riprova con un appello al governo italiano «affinchè accetti il nostro piano per accrescere il suo traffico italiano da 24 milioni a 37 milioni di passeggeri all’anno entro il 2018 con il sostegno a oltre 37.000 posti di lavoro “in loco” in 25 aeroporti italiani». Il vettore low cost, infatti, propone di aprire fino a 5 nuove basi in Italia e lanciare nuove rotte presso gli aeroporti italiani.
    «Crediamo che lavorando con Ryanair e altre compagnie aeree – ha aggiunto Cawley – il nuovo governo italiano possa accrescere velocemente il traffico e il turismo, oltre ai posti di lavoro, dato che il turismo e’ uno dei pochi settori che reagirà istantaneamente agli stimoli, e Ryanair garantirà crescita in cambio di costi più bassi per passeggero e una inferiore base di costo».
    Certo, non risolveranno i problemi occupazionali che affliggono l’Italia, ma quei 37mila posti di lavoro in più potrebbero (come avrebbero potuto dieci mesi fa) far comodo ad altrettanti padri e madri di famiglia che ogni giorno combattono contro la più grave crisi economica dal 1929.

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