mercoledì 21 agosto 2013

Vanno in ferie dove c’è la guerra poi chiedono i danni allo Stato e ... a quale tipo di ignoranza appartengono?

Dimenticate il dramma delle centinaia di morti avvolti nelle lenzuola nelle moschee, dei massacri nelle piazze, dei soldati saltati in aria ieri nel nord del Sinai.

C’è una tragedia ben più seria e devastante che si è abbattuta sull’Egitto in queste giornate violente e convulse, una tragedia che non può rimanere sepolta dalla valanga di notizie trascurabili che ci arrivano dal paese dei faraoni: la tragedia degli italiani che hanno dovuto interrompere le vacanze in Egitto o, peggio, che sono rimasti bloccati lì qualche giorno in più del previsto.

Davvero scandaloso che Papa Francesco, durante l’angelus domenicale, abbia invitato gli italiani a pregare per la pace in Egitto e non per le vacanze in santa pace degli italiani in Egitto.

Fortuna che c’è il Codacons.
Già, perché nel caso vi fosse sfuggito, nel caso in cui vi foste preoccupati di sapere cosa stia accadendo ai Fratelli musulmani e non a quelli italiani, i nostri turisti costretti a tornare in Italia in anticipo da Sharm per colpa di questi scassaballe di manifestanti che a Ferragosto, anziché fare una bella guerra di gavettoni a Formentera come tutti, si sono messi a fare una guerra civile, hanno deciso di chiedere  un risarcimento di 5000 euro di danni per famiglia alla Farnesina.  

Basta andare sul suo sito e appare «il modulo pre-adesione per l’azione da vacanza rovinata contro la Farnesina».
Si chiama proprio così. «Modulo da vacanza rovinata», come se il problema fosse stato una dissenteria da pollo al curry avariato.
Più in basso, il Codacons spiega meglio le ragioni del dramma: «La Farnesina doveva bloccare prima i viaggi in Egitto, ora porta la responsabilità di 19000 italiani prigionieri e costretti a rientrare a casa con la vacanza completamente rovinata.
Come stabilito dalla Cassazione in questo caso si ha diritto a un indennizzo: se i turisti avessero avuto prima il comunicato, quando era ovvio e doveroso farlo essendo in corso una guerra sanguinosa in tutto il Paese, avrebbero avuto diritto a cambiare destinazione o al rimborso.

Ora la Farnesina che ha lasciato partire tanti italiani in piena guerra civile deve risarcirli con il costo del viaggio e almeno 5.000 euro a famiglia a seconda del numero dei giorni di vacanza rovinata».
Insomma, la Farnesina non solo deve rimborsare il viaggio, ma dare pure 5.000 euro alle famiglie per ragioni non del tutto chiare.
Per il disturbo?
Il danno psicologico?
Per la storia d’amore interrotta precocemente con l’istruttore di sub?
È saltata la cammellata al tramonto in spiaggia?
No, molto di più.
Sono saltate le sacrosante vacanze degli italiani, di alcuni italiani che, come scrive il Codacons commettendo un autogol non indifferente, sono partiti per andare in un Paese che era nel-pieno-di-una-guerra-civile.
Una-guerra-sanguinosa.  
E allora ve la dico tutta, la mia opinione.
La Farnesina ha sicuramente aspettato troppo a diramare il comunicato d’allarme.
Molti Paesi europei l’hanno fatto con svariati giorni d’anticipo (cosa che avrebbe dovuto allarmare gli italiani in partenza per quelle destinazioni, tra l’altro), ma «alla Bonino che non sapeva» dovremmo essere già abituati.

So anche che se non c’è il comunicato della Farnesina, non c’è il diritto al rimborso del viaggio. Detto questo, se decido che in quel momento l’idea di perdere mille euro sia ben più dolorosa dell’idea di mettermi in un gran casino o, peggio, di rischiare la vita, sono affari miei.
Ma non diventano affari della Farnesina se la situazione precipita ulteriormente e neanche se la Farnesina non è stata lungimirante, perché il punto è un altro.
Il punto è, mio caro italiano che hai deciso di partire per Sharm in questi giorni, che sia che tu abbia prenotato last minute, sia che tu abbia prenotato un mese fa, non te lo doveva neppure dire la Farnesina di non partire.
Te lo stavano gridando i tg di tutto il mondo di startene a casa o di cambiare meta.
Non serviva che scendesse la Bonino ancora in pigiama in spiaggia per dirti che non era il caso d'andare a fare snorkeling o il giretto in quad nel deserto in un Paese in cui è in atto una guerra civile.
Che non è opportuno fotografare pesci pagliaccio nei villaggi mentre la gente, in quel Paese, s’ammazza.
Poi qualcosa va storto e chiedi 5.000 euro alla Farnesina. (Farnesina che poi saremmo noi italiani che siamo rimasti a casa o abbiamo scelto altre mete, tanto per fare un po’ di demagogia grillina). Non fa una grinza.

Però, con questo ragionamento, noi e la Farnesina dovremmo chiedere risarcimenti agli italiani che ogni tanto dobbiamo andarci a riprendere (non sempre vivi) perchè si sono infilati in qualche guaio in Paesi in cui la Farnesina sconsiglia di andare a fare il viaggetto avventuroso.
Ma non mi fermo qui e vado oltre.
 Chiederei ai tg di smetterla di dedicare servizi insopportabili sul dramma degli italiani costretti a cambiare meta. Verranno risarciti, andranno in un altro bel villaggio in Tunisia o a Otranto e se la sbrigheranno.
Hanno un biglietto aereo da rifare, mica un figlio morto in piazza.
E infine.
L’anno scorso io in questi giorni d’agosto ero a Sharm felice con mio figlio. Lo portai a vedere la barriera corallina a Ras Mohamed, ma scelsi di non andare in centro e di evitare passeggiate serali. Ci sono Paesi, quando viaggio con il bambino, in cui ho qualche prudenza in più.
Specie in quei Paesi che so bene essere paradisi solo sui depliant delle agenzie di viaggio.
Avevo scritto un pezzo da lì per Libero, in cui tra il serio e il faceto, raccontavo stupefatta di come mi fossi resa conto che molti italiani in vacanza a Sharm non avessero la minima idea di dove andare a cercare Sharm sul mappamondo.
Molti pensavano che il Sinai fosse sulla costa, sotto Hurghada.

La verità è che tanti, troppi connazionali partono come caproni pensando che Sharm sia solo la Disneyland dei coralli e dei narghilè, ignorando totalmente la realtà, le contraddizioni e l'instabilità politica del paese in cui la Disneyland del corallo sorge. 

Costa poco - La verità è che molta gente sceglie il villaggio a Hurghada sul catalogo o su lastminute perché lì una settimana di mare ad agosto la paghi meno che in Puglia e di quale costa del mondo bagni quel mare neppure gli interessa.
Tanto nei villaggi al massimo ti prendi una gomitata per il gioco aperitivo, mica ti sparano.
Che poi va quasi sempre così, è chiaro, però non si può non sapere che Sharm non è Riccione. (Tra l’altro, anche se stiamo parlando di questioni diverse, gli attentati a Sharm e Dahab sono di sette e otto anni fa, mica sono passati secoli).

E allora prima di chiedere risarcimenti alla Farnesina, amici italiani che ve ne andate in vacanza in Paesi con una guerra civile in corso, magari aprite un libro di storia o guardate un tg.
Non date sempre la colpa al nostro governo brutto e cattivo.
Non vi deresponsabilizzate esattamente come fa da una vita chi ci governa.
Cercate di capire voi, da soli, cosa sta accadendo, prima ancora di capire se nel villaggio vi daranno il braccialetto all inclusive.
Perché l’all inclusive in certi Paesi, vuol dire che è tutto compreso: il pranzo, la cena, le bibite e pure il rischio di un bel po’ di sangue nelle piazze.
Altrimenti sapete che succede?
Che la prossima volta i tour operator e la Farnesina si faranno furbi: scattata l’emergenza a Sharm, vi imbarcheranno su un volo, vi faranno fare un paio di giretti in aria sull’Aspromonte e infine vi molleranno in un bel villaggio all inclusive a Rocella Jonica.
Tanto basteranno due prugne nel pollo speziato, un cammello spelacchiato prestato dallo zoosafari di Fasano e una palla di vetro con la neve sulle piramidi nel negozio souvenir e non vi accorgerete di niente.












5 commenti:

  1. Ci sarebbe da aggiungerne ma sai com'è!

    :)

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  2. "La verità è che tanti, troppi connazionali partono come caproni"

    @Luciano

    D'accordo, lo ammetto, è vero, però abbiamo tante altre qualità ... la furbizia per esempio...

    :-D

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  3. @Jennaro

    Vero!

    Infatti saranno in molti a richiedere il rimborso.
    Ma chi paga?

    ;-)

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  4. Dal web

    Non è certo colpa sua, ma scaraventato nel rutilante mondo del turismo, il ministro Bray è andato un po’ alla cieca. Ma se è andato un po’ alla cieca, perché non lo chiamiamo Braille invece che Bray?

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