Ieri sera, rovistando nel web,
alla ricerca d’una seppur parvenza di Piano o progetto sul turismo negli anni
passati, mi sono imbattuto in questo articolo sulle pagine de La Repubblica.
Infatti ricordavo d’aver
sentito qualcosa in quelle brevissime apparizioni nel mio Paese, e cioè quando
ci ritornavo per solo qualche giorno per salutare visivamente i miei cari.
Il fondo è del 27 ottobre1984, e vale a dire qualcosa come ventotto e un tocco anni fa.
Facciamo quasi trenta, tanto
per far capire meglio.
Ma bando alla ciance e buona
lettura, poi ci risentiamo alla fine di questo.
Un aumento costante dei prezzi, al quale non
corrisponde sempre un adeguato servizio; scarsa tutela del patrimonio
artistico; inquinamento delle coste; insufficiente organizzazione dei mezzi di
trasporto.
Diagnosticare i mali del turismo italiano non sembra
difficile, ma la cura rimane finora introvabile. Ciò nonostante, il primato di
questa "industria", almeno stando alle cifre, non mostra segni di
crisi: quest' anno, un fatturato di 50 mila miliardi, un' entrata di valuta
straniera intorno ai 15 mila miliardi, il 9 per cento in più rispetto all' 83.
Il business del turismo, insomma, è ancora un
"fattore trainante dell' economia nazionale, per il quale vale la pena
introdurre criteri manageriali di gestione".
Così ha affermato Aldo Aniasi, vice presidente della
Camera, al Convegno nazionale "Rilancio del turismo in Italia" che si
è concluso ieri al Circolo De Amicis di Milano, con il patrocinio del Ministero
del Turismo, della Regione Lombardia e della Provincia di Milano.
Presenti, per un confronto "programmatico",
amministratori, sindacati, operatori alberghieri e organizzazioni del tempo
libero.
Proprio per evitare il rischio che questo enorme
potenziale economico si perda in imperdonabili errori di gestione, il ministro
del Turismo Lelio Lagorio ha ribadito la necessità di un coordinamento della
politica e degli interventi per promuovere il "catalogo Italia".
"Spendiamo - ha affermato - tre volte più della
Spagna e della Grecia, ma lo facciamo spasmodicamente, senza perseguire un
disegno promozionale omogeneo e perciò forte".
La proposta, da realizzarsi nei tempi più brevi, è
quella di concentrare gli sforzi, anzichè disperderli in interventi sporadici e
isolati.
Di qui l' utilità di un "Piano triennale
sperimentale" sul quale si impegnino ugualmente amministratori, operatori
sociali e economici.
In poche parole il “Piano
triennale sperimentale italiano” non venne mai partorito, mentre le causali non
troppo felici del nostro turismo di allora sono rimaste esattamente le stesse,
con una sola variante però …
… infatti quell’entrata di
valuta estera del più 9% rispetto all’anno precedente; non esiste più.