
Ci sono cose che solo a pensarle fanno venire i brividi.
L’Italia, checchesenedica, è un Paese a trazione turistica, ed è inutile menare il can per l’aia con discorsi sulla fattibilità monetaria nazionale dei "soliti" altri settori; se ci si arriva a questo benedetto 20% d’incidenza sul Pil, le cose son fatte.
Poche frottole, turismo e terziario!
E poco m’importa se questo (20%) ultimamente l’ha detto Silvio,Tizio, Caio o Sempronio; l’ho sto dicendo da oltre 30anni.
Ma se ascoltiamo le causali del rinnovamento per traghettarci a questo successo da parte dei “professionisti” del settore, ecco che ci arrivano ininterrottamente le stesse litanie, le medesime cose che non produrranno mai niente….a noi.
A loro non si sa, ma qualche idea ce l’ho.
Mentre se hai la disgrazia di parlare o discuterne con “loro” (per mia fortuna in Italia non più), quelli che non capiscono una mazza sono sempre gli altri, e lo dicono da quei pulpiti che chissà perché sono posti ben al disopra di dove ci cammina uno normale; sono tanto in alto che a volte non riesci neanche a sentirli.
Che dopotutto non è neanche un gran male.
Basta questo per capire chi veramente non ne capisce un’acca mentre diventa facile capire il come lì ci si possano trovare.
Però non è di “questi” che vi voglio parlare ma di una storia trovata sul web che penso raggruppi quasi tutti i problemi della classe dirigenziale italiana, nessuno escluso, e del vecchio “cariatidale” modo di “supposte” soluzioni; a loro le soluzioni, per noi le supposte.
Politica, associazioni, industria, sindacati, enti, scuola-università, eccetera, eccetera; "forse" uniti come i ladri di Pisa che il giorno litigavano e la notte andavano a rubare insieme.
Comunque…..
Luca ha 31 anni e ne ha abbastanza di tutto.
Ha concluso giornalismo e comunicazione sociale all’università di Roma La Sapienza, e oggi per 600 euro più mance prepara caffè e vende cornetti in un bar in via Cipro, vicino il Vaticano.
“Sei anni dopo gli studi sono al punto di partenza, non ho un lavoro fisso, sono in miseria e abito di nuovo coi miei genitori, e per giunta la mia ragazza mi ha lasciato.
Da 5 anni mettevamo da parte dei soldi (pochi) per il matrimonio e i possibili futuri figli, dato che non c’era nulla ad ostacolarci.”
Luca ha finito gli studi col punteggio di 108 su 110, ovvero eccellente.
Ha offerto i suoi servizi a media, uffici stampa, università; è stato in agenzie di lavoro e ha inviato più di 100 offerte, non ricevendo alcuna risposta.
Dopo sei mesi, grazie a conoscenze del padre, lo hanno preso per uno stage in un quotidiano romano, ma del contratto promesso non se n’è fatto niente.
Per guadagnare qualcosa è andato in un call center di una rete mobile, dove durante le vacanze aveva lavorato da studente.
Per 800 euro al mese, sulla base di un contratto part-time che si poteva rescindere in ogni momento, convinceva i clienti della concorrenza a passare ad un’altra.
La successiva offerta di lavoro venne da un intermediario e lo presero per uno stage di 6 mesi a 900 euro con la carica di… segretario, ma nonostante le promesse non gli rinnovarono il contratto. Tornò al call center e la storia si ripeté tre volte.
Dopo altri stage di 6 mesi a 450 euro al mese, al momento di firmare il contratto di lavoro promesso, gli mostrarono la porta, assumendo al suo posto il successivo stagista.
Quando iniziarono a convincere il padre, operaio di una grande azienda edile, ad andare anticipatamente in pensione, questi acconsentì ma a condizione che assumessero Luca e a tempo indeterminato.
In realtà, dopo sei mesi di un lavoro che nulla aveva a che vedere con gli studi compiuti, ottenne un contratto di un anno a 1200 euro al mese. Insieme alla ragazza presero in affitto un’abitazione e si fecero una vacanza.
Quando tornarono, risultò che dei Cinesi avevano rilevato la ditta e Luca cadde vittima dei licenziamenti, perché li esonerarono in base all’anzianità.
Non c’era modo di mantenere l’abitazione e dunque ritornò dai genitori.
La ragazza lo lasciò, al call center non c’era più posto e dunque adesso lavora in nero, servendo caffè in via Cipro. Ma in primavera inizierà una nuova vita; a Londra.
Luca non è sfortunato né imbranato, mentre in una situazione simile (anche peggio) si trovano quasi 3 milioni di Italiani ed Italiane dai 20 ai 35 anni.
Non di rado hanno un’istruzione alta ma nonostante la qualifica, sforzi e lavoro pesante non possono trovare l’assunzione ad un posto fisso e una paga decorosa.
Questo non permette loro di gestire da soli la propria vita, di formarsi una famiglia e pianificare per il futuro, quindi nella maggior parte dei casi abitano con i genitori o in coabitazione con altri. Parlano di loro come della “generazione 1000 euro”, poiché non guadagnano di più.
Troppo per morire, troppo poco per vivere.
Le ambizioni e i piani di vita dei giovani laureati Italiani s’infrangono contro pareti di vetro.
Degli oltre 150 mila giovani che ogni anno terminano gli studi in Italia, il 53% ad un anno dalla laurea non trova lavoro, e quasi il 44%, passati 3 anni, ancora non possiede un posto fisso.
Inoltre, a 5 anni dalla conclusione degli studi, il 15% lavora di continuo saltuariamente e per pochi soldi.
Questo non vuol dire che il mercato sia saturo di laureati, perché in Italia la percentuale di persone con diploma di laurea è di appena l’11.4 % dei lavoratori, a fronte di una media nei paesi OCSE del 25% .
Un caso emblematico, descritto in dicembre da tutta la stampa italiana, è quello della trentaduenne Barbara Foglieni.
Ha concluso Biotecnologie e Microbiologia ed ha scoperto una pericolosa variante del virus dell’AIDS, ovvero HIV-1, poiché non rilevata dagli attuali test.
Invitata a conferenze e congressi dalle università di USA e Gran Bretagna, in Italia non ha un posto fisso.
Lavora con il solito contratto a termine, presso l’ospedale di Lecco, a 1000 euro al mese e in marzo sarà senza lavoro e ovviamente vuole andare all’estero.
Una storia italiana e il turismo in questa storia c’entra, eccome se c’entra; vi ricordate l'incidenza di quel 20% del Pil?