domenica 14 marzo 2010

Direttori Generali del turismo si nasce, e io, modestamente lo nacqui...dice lui?

Il nuovissimo Direttore Generale dell’Enit, Paolo Rubini, forse si è montato la testa, e senza neanche leggere le istruzioni per l’uso.
Infatti si è accorto solo adesso che i fondi destinati dal Governo per la promozione del turismo dell’ente preposta, si sono ridotti da 33 a 24 milioni di euro.
Questo non permetterà più un piano pubblicitario, poiché l’equivalente sarà appena sufficiente per pagare i dipendenti e le sedi distribuite nel globo.
Ah, però!
Allora a cosa serve l’Enit, ma soprattutto, a cosa serve lui stesso?
E perché ha accettato il gravoso “meritocratico” incarico nonostante l'informazione sull'abbassamento dei fondi sia di dominio pubblico da svariato tempo?
O forse non ne era a conoscenza perchè tutt'altro affacendato; diciamo sul congelamento dei cordoni ombelicari (probabilmente il suo primo lavoro) o a contare nei Circoli della Libertà (probabilmente il suo secondo lavoro)?
Il come sia finito lì, tutti ben lo sappiamo e probabilmente anche l’autorevolissimo giornale turistico “Travel Quotidiano” s’è accorto di questo, perché l’impaginatore o il giornalista l’ha retrocesso “inconsciamente” al singolare (Rubino) …. che abbia perso di quantità e di valore?
Ma bando alle ciance e cerchiamo di capire il perché del lamento del “gran professionista” del turismo.
A parte il dichiarare del Rubini che da ogni euro speso nella promozione del Paese, ne rientrano 100, lascia interdetti molti specialisti del settore; intendiamo quelli veri.
Gli altri si sa, seguono la corrente, e dire SI a volte conviene; naturalmente a loro stessi.
E questo è il più grande problema da sempre.
Verrebbe da chiederci se questa percentuale (100 per uno) è riscontrabile anche nel sito dell’ente: http://www.italia.it/it/home.html .
Quanti “denari” hanno prodotto quei svariati miliardi di lirette e milioni di euro sperperati nel portale italiano?
Ma vabbè, è come sparare sulla Croce Rossa, e forse non sa quel che dice; anzi, senza il forse.
Il Rubini inoltre c’informa che l’ente da lui amministrato sa far queste cose meglio delle Regioni, e quindi è ipotizzabile (per lui) che quest’ultime forniscano le loro enormi spettanze per la promozione turistica, o buona parte di queste all’Enit, in barba al Titolo V della Costituzione che invece dice tutto l’opposto.
Ma per piacere, quale assessore al turismo o governatore di Regione si priverà degli "sghei" destinati alla sua promozione turistica?
Oppure vuoi vedere che nel dicastero del turismo, hanno inteso che con il futuro “federalismo” è improponibile cambiare il Titolo V, per poi tornare subito indietro?
La soluzione più ovvia sarebbe dare un portafoglio alla ministra Brambilla, ma come fidarsi di una persona che di ipotetici buoni risultati, finora, ne ha solo parlato...o forse bisognerebbe metterci nelle mani del suo entourage che proviene da tutt'altri settori?
Ma che fine ha fatto il "buon" turismo?

8 commenti:

  1. Io non credo affatto che la soluzione sia un ministero dedicato con portafoglio, il cui unico scopo è poi quello di offrire una comoda seggiolina ad un ministro che passa il tempo a fare il giro dei convegni e sostanziosi stipendi ad una pletora di funzionari per meri compiti di pseudo-sorveglianza di tre/quattro enti.
    Se il turismo deve essere considerato come vera industria, come tutti invocano, ovvero attività produttiva, non si vede perché non debba sottostare al competente ministero, come tutti gli altri.
    Con una direzione dedicata magari, se vogliamo, come era prima del 2006.
    Il passaggio a dipartimento dipendente dalla PdC, voluto da Prodi e Rutelli nel 2006, ha dimostrato più che abbondantemente che le operazioni di facciata, ministri compresi, non servono beatamente a nulla.
    Idem la riforma berlusconiana sulla carta del 2005 dell'ENIT in agenzia.
    Qui servono:
    a) riforma del titolo V per far tornare la materia di competenza concorrente, visto che le Regioni si sono dimostrate palesemente incapaci di autocoordinarsi in ENIT e vogliono fare ciascuna di testa loro;
    b) abolizione del DSCT e relative strutture di missione fantasma;
    c) obbligo per le Regioni di servirsi dell'ENIT quale agenzia operativa per la promozione sia in Italia che all'Estero;
    d) rappresentanza anche regionale nel CdA di ENIT, con max 6 membri (due di nomina governativa compreso l'AD, due regionali, due delle associazioni);
    e) abolizione delle n-mila aziende di promozione turistica qui e la nel paese e confluenza delle stesse in limitato numero di uffici operativi di ENIT sul territorio italiano;
    f) utilizzo all'estero delle sedi di ICE, ove questo è possibile.
    g) un rigoroso sistema di rilevazione statistica delle presenze turistiche nazionali e non oltre venti inutili Osservatori del Turismo;
    h) classificazione nazionale e non regionale delle strutture turistiche;
    i) un serio piano di sviluppo pluriennale del settore;
    l) da ultimo un portale nazionale del turismo decente, e non la ca..ata che stanno portando avanti ormai da anni e anni; in gestione ad ENIT, ovviamente.

    Le risorse economiche così liberate e disponibili per ENIT diverrebbero automaticamente dieci volte tanto le attuali.
    Dopodiché come DG e AD ci vogliono ovviamente manager con specifica competenza del settore e non, come ora, presunti manager e basta, che di turismo capiscono una cippa.
    O semplici proprietari di qualche albergo qui e là.
    Un buon modello da seguire, secondo me, sarebbe quello di SEGITTUR, adattato magari alla ns. specifica realtà.
    Insomma una vera e propria cura da cavallo e non le frescacce e frescatine che si vanno inutilmente ripetendo da anni.
    Imho, naturalmente.

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  2. ...Ancor prima della Riforma del Titolo V della Costituzione, il turismo era largamente assegnato alle competenze regionali ed esattamente il turismo e l’industria alberghiera costituivano già l’autonomia in quanto venivano specificatamente considerate dal precedente testo dell’art. 117 della Costituzione appunto come materie disciplinate che in sostanza attribuivano alle Regioni la maggioranza delle competenze in merito al turismo, lasciando allo Stato un numero minore di funzioni.
    Quindi la riforma del Titolo V oltre ad attribuire il turismo alla competenza legislativa esclusiva delle Regioni (fatti sempre salvi i limiti del rispetto della Costituzione delle norme comunitarie e degli obblighi internazionali e quelli che derivano dalla tutela della concorrenza e dalle competenze statali in tema di ordinamento civile e penale), ha attratto nella sfera delle competenze regionali un’ampia serie di materie strumentali, collegate o comunque connesse a quella del turismo; basti pensare alla competenza in materia di trasporti (porti, aeroporti civili, grandi reti di trasporto e navigazione), in tema di infrastrutture, alimentazione ed ordinamento sportivo.
    Cambiare il Titolo V della Costituzione non credo sia cosa impossibile o perlomeno risulta facilmente fattibile adeguarlo ad una centralità del Ministero del turismo garantendo però un federalismo per una maggiore integrazione ed una visione finalmente omogenea delle politiche del turismo, come a dire; tutto uguale per tutti.
    I dubbi nascono su cosa potrà e dovrà fare questo Ministero in termini di risorse, competenze e strumenti considerando il vigente quadro istituzionale che quindi potrà portare ad allontanarsi dai dicasteri che più contano, come quello dello Sviluppo Economico e quello dell’Economia per il motivo che è senza portafoglio.
    Servirà quindi una grande coesione, attento studio ed organizzazione tra questi come un’attenta esamina dei principali Ministeri per non distogliere finanze già programmate a priori.
    Le conseguenze di un’eventuale non omogeneità sarebbero catastrofiche e porterebbe nuovamente il neonato ad essere escluso e poco considerato rimandando nuovamente e forse per sempre i provvedimenti alle regioni.
    Personalmente auguro che questo sia solo un breve passaggio per raggiungere in modo definitivo l’ottenimento del portafoglio ministeriale, ma servono però politiche certe e soprattutto la certezza dei ricavi monetari per convincere che il turismo è parte integrante dell’economia nazionale, e non solo a parole o gadget pubblicitari per elezioni politiche in considerazione dell’alto numero degli impiegati nel settore ed indotto.
    Gli stessi primi passi della Brambilla che si stanno alternando in questo settore hanno finora dimostrato un’agitazione insolita per l’ultimo trentennio; però mal supportata, oltre che dalle presenze turistiche in calo per motivi di crisi internazionale, anche dalla poca professionalità del rinnovamento, del modo caotico, disorganizzato e dispersivo; con scelte che hanno avuto più la sensazione di proclami per distogliere l’imbarazzo degli operatori che quello di dare maggior autenticità alle scelte finora estratte ed elencate.
    Non dimentichiamo che qualsiasi cosa fatta sarà sempre meglio del nulla del passato ma se questo poteva andare bene molti anni addietro, ora non si può più perdere tempo per improfessionalità; le altre nazioni nostre concorrenti stanno correndo e molte di quelle che prima stazionavano alle nostre spalle nel breve futuro ci sopravanzeranno lasciandoci…vabbé.
    Credo nel Ministero del turismo (quello con portafoglio e federalista) ma non ho fiducia nella Brambilla in questo ambito, né tanto meno auspico in coloro che la consigliano ma spero sia almeno fortunata.
    L'Italia non può avere il doppio degli alberghi o posti letto della Francia, avere il doppio delle bellezze artistico/culturali dei transalpini ed avere la metà del suo fatturato in ambito turistico.
    Signori dei governi passati e signori di quello attuale qualcosa non quadra.
    Forse voi?

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  3. @tutti

    Abrogato dal referendum del 5 aprile 1993, con l’insediamento di Michela Vittoria Brambilla è tornato il Ministero del Turismo (allora Turismo e Spettacolo).

    Il bicchiere mezzo pieno | Era ora! Non si capisce come il primo paese al mondo nei beni considerati patrimonio dell’umanità, potesse promuoversi senza un coordinamento nazionale. Finalmente si faranno i servizi: non è possibile che da Milano per andare sulle Dolomiti ci si impieghi una vita. E mettiamoci le vicende della compagnia di bandiera, Malpensa, la Spagna e la Francia molto più efficaci di noi nel promuovere il turismo enogastronomico…
    Il bicchiere mezzo vuoto | Non è la mancanza del ministero che ha messo in crisi il turismo italiano. Piuttosto la qualità modesta dei servizi, i prezzi troppo alti, la piaga di certa accoglienza: alberghi e ristoranti il cui unico scopo è fregare il turista. Il ministero significa altri costi, come se non bastassero Enit, Ice, e via promozionando. Per non parlare di Italia.it.

    Fonte: Dissapore

    ciao ciao

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  4. State dicendo tutti e tre la stessa cosa

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  5. @Vincenzo

    Ma ne sei proprio sicuro?

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  6. a proposito di Brambilla:
    http://www.adnkronos.com/IGN/News/Economia/Turismo-Brambilla-call-center-multilingue-con-inizio-prossima-stagione_125942883.html
    se è come il sito ... Ma quali funzioni avrà il call center? Se dovrà fornire informazioni su tutto il territorio nazionale saranno persone sicuramente preparate, formate e selezionate con criteri di meritocrazia!!?

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  7. @Anna
    E' una faccenda di cui mi accerterò non appena in funzione. Non vedo l'ora.
    Se lo volete fare anche voi, poi ci si confronta, ok?
    Ho anche un'amichetta di lingua russa che potrebbe anche darmi una mano per quella lingua.
    Ma credo che non saremo i soli!!!!!

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  8. Beh, considerando l'apertura al mercato cinese mi aspettavo anche questa lingua.
    Basterebbe scriverlo nelle brochure che distribuiamo in quel paese che c'è qualcuno che ti capisce nel tuo idioma.
    Scusate se lo ripeto, ma queste cose le facevo già 15anni fa con la Russia e per le Seychelles. Risultato?
    Sono aumentate a dismisura (due cifre) le presenze di quella Nazione.
    La qualità, cavolo, la qualità.

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