Il
record lo detiene Aosta: volano solo 5 persone al mese.
La
Corte dei Conti Ue: "Siti troppo vicini tra loro. Quello di
Crotone è insostenibile e va chiuso"
Mai
atterrati all'aeroporto di Aosta? È molto probabile, visto che in un
anno ci passano 62 persone, 5 al mese, praticamente una persona a
settimana (dati Enac sull'anno 2013).
Nello
scalo intitolato all'aviatore e politico Corrado Gex, la Regione Val
D'Aosta - proprietaria - ha investito più di 30 milioni, ma senza
riuscire a farlo mai decollare.
Nel
2013 doveva riaprire la linea Aosta-Roma ma al momento non c'è
nulla: «L'aeroporto è aperto, se passa un aereo che vuole atterrare
è possibile, ma voli commerciali ancora non ce ne sono» spiega al
telefono una addetta.
Intanto
la Regione paga.
Ma
non è un caso isolato.
Tra
le partecipate messe peggio, finite nel dossier di Cottarelli, è
frequente trovare le società di gestione aeroportuale. S
cali
minuscoli, magari a pochi chilometri da altri più battuti, e perciò
snobbati dai passeggeri. Come l'aeroporto Gabriele D'Annunzio di
Montichiari (Brescia), a poca distanza da quello di Bergamo e da
quello di Verona, in un'area che da Milano a Venezia conta uno scalo
ogni 40 km (oltre ai treni ad Alta velocità).
L'aeroporto
di Montichiari, gestito dalla società Catullo Spa (a sua volta
proprietà di varie Province e Comuni) che gestisce anche lo scalo di
Verona, ha perso nell'ultimo decennio più di 40 milioni di euro, con
solo 7mila passeggeri l'anno, 600 al mese circa (Malpensa, per avere
un confronto, ne ha 18 milioni l'anno).
Pochi
biglietti ma molto personale: controllori di volo, doganieri,
poliziotti, facchini...
Non
stupisce, quindi, che l'indice di redditività dell'aeroporto
bresciano sia da brivido: -217,65%.
Male
anche l'aeroporto di Trieste, proprietà della Regione attraverso la
sua controllata Aeroporto Friuli Venezia Giulia SpA. Per il 2014 si
stima un buco di bilancio attorno a 1,5 milioni di euro mentre il Cda
porta a casa 540mila euro, raccontano i giornali locali.
E
la Regione copre i buchi e paga le compagnie per atterrare lì.
Come
succede altrove, anche in Puglia, con sovvenzioni regionali a Ryanair
(17 milioni appena approvati) e altri vettori. Inutile però, a
quanto pare, per risollevare le sorti dell'aeroporto di Foggia.
Quindici passeggeri al giorno, e in calo, perdite da 2 milioni e
mezzo l'anno. «Abbiamo investito tanti soldi sullo scalo di Foggia
per il raddoppio della pista» spiegava settembre il governatore
pugliese Nichi Vendola, annunciando la riapertura dei voli per Milano
e Torino. Chissà se arriveranno, oltre ai soldi pubblici, anche i
passeggeri.
Che
finora volano su Bari, poco lontana, che offre 50 voli al giorno a
prezzi più bassi grazie ai low cost.
Un
problema segnalato anche dalla Corte dei Conti Ue in un recente
rapporto che prende in esame gli aeroporti di Alghero, Catania,
Comiso e Crotone (quest'ultimo definito «insostenibile»), tutti con
un altro scalo a meno di due ore di distanza.
Ma
dappertutto la mappa degli aeroporti italiani (e delle società
partecipate dagli enti locali che li gestiscono) presenta un profondo
rosso.
Come
a Cuneo, dove la Geac Spa partecipata da Regione Piemonte e Provincia
ha chiuso il 2013 ancora in perdita, e parecchia: -1,7 milioni.
Voragini
come per l'aeroporto di Parma, un altro scalo pronto per la
liquidazione, che si scongiurerà solo grazie ai cinesi della Izp
Technologies, pronti a sborsare 250 milioni per rilevare lo scalo.
Segno meno anche per altri aeroporti minori (indispensabili?) come
Lucca, Salerno, Comiso, Albenga, Taranto... Tutti partecipati da
sindaci e governatori.
Meno,
invece, dai passeggeri.
Belin
RispondiElimina:-(((