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giovedì 27 febbraio 2014

Vuoi aver successo nel turismo? Parla male dell'Italia e presto l'avrai.

Da quando ho aperto 'sto blog, le bordate all'indirizzo di questo o quell'altra, turisticamente parlando, non sono di certo mancate, e il risultato è stato .... quintalate di letame a gogò.

Ma chi te lo fa fare m'hanno detto gli amici e così pure i nemici, quei "nemici" che non riuscirò mai ad odiare perché maldestramente sono fatto così.

Però non ho mai scritto un solo rigo contro il Bel Paese, e questo in qualsiasi idioma presente in queste pagine, anzi ... mentre chi l'ha fatto e lo fa ha ricevuto e riceve moltissimi ambiti "regali", infatti ...

... si dice che la signora Ilaria Borletti Buitoni manterrà il sottosegretariato alla Cultura e al Turismo nel governo di Matteo Renzi, eppure, nell'unica uscita che fece nel precedente governo di Enrico Letta, sentenziò un'assurdità talmente dispregiativa nei nostri confronti che ancor oggi mi fa rizzare i capelli nonché i peli superflui.
Era il 16 maggio dell'anno scorso e la signora in questione ...: "In Italia s'è smesso di mangiare bene, giudico il livello dei nostri Chef negativamente".

Ma dico: Siamo pazzi?

Chi scrive, prima di dirigere catene alberghiere, ha insegnato cucina internazionale in quasi tutte le parti del mondo per circa un ventennio, e di certo un qualcosa ne sa.
E una sciocchezza così penso di non averla mai sentita manco di striscio.

Eppure, la signora manterrà l'ambita cadrega nel dicastero, e che i "maligni" arguiscono sia dovuta ad una certa elargizione monetaria (ved. qui) passata.
Tempo prima, Pier Luigi Celli, l'attuale presidente dell'Enit, scrisse la famosa lettera al figlio apparsa su Repubblica e un po' in tutte le parti del mondo, esortandolo a scappare all'estero perché l'Italia è un Paese che non lo merita e dove accadono cose che ... manco li cani (ved. qui).

Per non parlare poi del giornalista Beppe Severgnini che ci sguazza felice, come un pupetto nella vasca da bagno.
Molti suoi articoli, come molti Italiani non sanno, sono pubblicati solo in inglese sul Financial Times, e rappresentano un cocktail di triti luoghi comuni,  vecchi pregiudizi, velenosi sarcasmi e perfidi attacchi, sempre diretti a colpire non tanto e solo l’immagine istituzionale del nostro Paese, quanto il carattere e la psicologia nazionali.

E lui, che va per la maggiore, te lo ritrovi da tutti le parti a sparare sentenze, riuscendo così a racimolare un discreto guadagno con le sue (censura).

Ma Severgnini è anche un bel furbacchione che fa i suoi interessi senza il minimo scrupolo, perché sappiamo tutti che in Gran Bretagna, se ti vergogni di essere italiano, ti presenti con il cappello in mano e, in ultima istanza, confermi il complesso di superiorità anglosassone, le porte di tanti circoli e salotti si aprono immediatamente.

Ma è giusto che chi sputtani l'Italia venga addirittura premiato?







sabato 11 giugno 2011

Genova non fa sorridere, al massimo fa ridere

A noi però rimangono il mare, il sole, il verde e, dulcis in fundo … i genovesi.
Infatti ci restano (o non è forse meglio dire restavano) quei genovesi che però se ne sono andati o devono andare proprio a Milano (toh, guarda il caso) per poter lavorare, e nonostante tutto quel bailamme della città dei “bauscia” che "sapientemente" lei ha descritto su Il Giornale.
E allora?
Il sole, il mare ed il verde ce l’ha messi il buon Dio, o forse anche quelli sono nella lista di quelle realtà oggettive che “la sindachessa” narra d’aver già fatte per questa bella città?
Sa com’è, ho letto come “sortite e realizzate” alcune cosette per il solo motivo che è stato costituito un tavolo di “lavoro” o che se n’è cominciato a parlare.
E quindi nonchè chissà, magari alla prossima da qualche parte si leggerà che ‘o sole, ‘o cielo e ‘o mare, qui ci sono perché "qualcuna" di voi lì ce l’ha messi.
A parte gli scherzi del caso, non certo i miei perché lo sto scrivendo alquanto seriamente, le vorrei riportare quanto dice la Banca d’Italia in merito ai pernottamenti turistici (in migliaia) delle due Provincie (Genova e Milano), e questo nonostante noi s’abbia tutto quello che il cielo a suo tempo c’ha regalato, mentre loro, a suo dire no…
PROVINCIA
2006
2007
2008
2009
2010
MILANO
54.570
59.758
54.237
55.439
49.038
GENOVA
9.608
9.304
9.342
9.155
8.822

… se poi si volesse anche misurare la spesa; beh, in questo caso il divario è ancora più netto; chi viene qui spende due lire mentre là …
Pertanto a dispetto dell’immonda “sporcizia” che lei descrive in Milano, loro digeriscono sei volte, ripeto sei, più di quello che noi riusciamo a malapena a masticare e che tradotto in soldini o, se preferisce in indotto e in posti di lavoro, beh, sono una gran “brutta” differenza, per noi naturalmente.
Che adesso ai "foresti" piaccia lo sporco?
Ma per piacere!
Detto questo sono dell’idea che andare a cercare chi eventualmente e “forse” riesce a far anche di peggio non sia granché costruttivo, ma invero lo sia il provvedere immediatamente e finalmente a fare qualcosa là dove si potrebbe e si può intervenire.
E scelga pure lei, o chi di dovere, il che cosa eseguire… ma, per cortesia; fare e non solo dire.
Mancano le palanche?
E no, caro assessore, non ce n’è di bisogno per cominciare a ridare il “vecchio decoro” a questa città e poi il resto verrà di conseguenza. E' così che notoriamente si fa.
Basta volerlo e ancor di più, il saperlo fare; cosa che qui, e mi perdoni l’ardire, non si sa neanche il che cosa è.
Tempo fa Jeremy W. Peters scriveva sul New York Times “Genoa, e perchè?", e lo stesso Italian Government Tourist Office (Enit), l’ufficio del turismo italiano che si trova nella 5° strada a New York, rispondeva che nessuno chiede mai di Genova, al massimo qualcosa sulla Riviera.
Mentre poco prima, sul Financial Times, Tyler Brûlé ben scarabocchiava che Genova è un pasticcio di pianificazione mal concepito e senza nessuna grande visione, dicendosi stupito per una città che un tempo era il fulcro di tutto il mondo.
E chiedeva il perché le autorità locali fanno poco per vendere i meriti della loro città, perché perché perché, tutti quei perché che ben sappiamo e conosciamo in gran quantità, ma di cui invero, a chi pigia i bottoni, probabilmente non frega un granché o eventualmente che non sa ancora i quali siano quelli da premere.
Concludeva poi scrivendo che Genova ha tutto il fascino e la bellezza per tornare ai fasti di un tempo, ma sembra che manchi un leader dinamico per metterla sul campo appropriato.
Come dargli torto?
Che cosa risponde (?); che è stato già fatto per il motivo che n'avete parlato o che invece nisba e il perenne; si vedrà, vedremo e vedrete?
E il mio di dulcis in fundo ... perchè se poi calcoliamo che il mio blog (http://tuttosbagliatotuttodarifare.blogspot.com/) che tratta unicamente di critiche costruttive sul turismo (no brutte parole e non politico) ha molti (e di tanto) più contati dei “portali” dedicati al turismo genovese e addirittura a quelli liguri … beh, che dire; che nel terzo millennio e nel grande avvento del marketing 2.0, forse è meglio guardare in casa propria che andare a cercare quello che non va così tanto bene a Milano ... per lei.

sabato 18 settembre 2010

La migliore Università italiana è al 174° posto nel mondo (2010)







La penultima volta che ci sono "caduto" si era a Finalborgo (SV) nel settembre del 2009, e dopo aver ascoltato le solite str … anezze dei docenti di turno in un meeting sulle disamine del turismo nazionale e quindi Ligure, ebbi l’incontro più “sciocco” di tutta la mia vita con alcuni “professoroni” universitari di gran parte d’Italia.
Uno di questi, pluri medagliato e pluri presente in molte Commissioni (di quelle pagate) di cui non faccio il nome per non turbare i suoi allievi, ne sparò una che... insomma, una di quelle personcine che quando passano fanno cadere in terra qualche parola della loro “saggezza”, e che subito dopo i seguaci di turno, s'industriano a leccare dal pavimento per farle poi loro. Probabilmente per dire qualcosa e per dare brio ad una platea dormiente, ad un certo punto disse che il turista in 30/40anni non è affatto cambiato. … ma non sto qui a raccontare altro, questo basta e c’avanza, mentre sarebbe troppo lungo e rischierei di tediare oltre modo.
L’ultima convention l’ebbi pochi mesi dopo a Sanremo con altri docenti e pseudo luminari del comparto, ma anche stavolta … una pena incredibile.
Beh, da allora, nonostante gli inviti, me ne guardo ben bene dall’essere presente.
Non che io possa mancare a loro poi molto, no; ma di sicuro "loro" non mancano a me.
Infatti non amo discutere e se uno dice cose che non stanno né in cielo e né in terra, quatto quatto mi allontano e buona notte al secchio.
Al massimo poi mi diverto a scrivere qui.
Comunque, terra cielo e mare a parte, i dati presentati dal Times nel QS World University Rankings, classifica sulla qualità delle università, documentano il clamoroso fallimento del sistema universitario italiano (quì i criteri di valutazione).
E se sono tutti come quelli del turismo che ho conosciuto io, ce né e ce né sarà ben donde per chissà quanto tempo ancora.
Infatti sono inamovibili e dei Baroni delle Università oramai si sa quasi tutto ... forse.
Sono state classificate 600 Università. Dalla 401a in poi non viene definita la posizione, ma la classificazione non è alfabetica. Le migliori 20 (in realtà ventuno, perché le due ultime sono a pari merito) sono le seguenti:
Tredici sono americane. Cinque inglese (a dimostrazione che l’eccellenza non è solamente questione di soldi: la sola Harvard ha un bilancio pari alla somma di quello delle migliori 10 del Regno Unito). Una canadese, una australiana, una svizzera. E fra le prime sei, ben 4 sono inglesi. Cioè di un paese che, per reddito, popolazione e territorio è perfettamente comparabile con l’Italia. E che, secondo l’OCSE, spende appena l’1,3% in più, per studente, di quanto spende l’Italia (dato 2006).
Fra le 600 università classificate , solo 20 sono italiane (poco più del 3%). La prima
La prima è Bologna, 174ma, con un punteggio di 56,85 rispetto al 100 di Harvard ed al 99,59 di Cambridge. La Sapienza è al posto 205. La Normale di Pisa al 322mo. Firenze al 377o.
Le italiane, tutte, sono precedute, fra le altre, dalla University of Hong Kong (24), NUS di Singapore (30), Trinity College di Dublino (44), Seoul (47), Tsinghua China (49).
Milano e Torino, due dei poli economico-culturali del paese, sono al 575° e 583°, rispettivamente. Per dire, l’Universidad Austral (Argentina) è al posto 305. La National University of Sciences and Technology (Islamabad, Pakistan) al posto 350. Mi fermo qui, per carità di patria.
Dunque: fra le prime duecento università ce n’è una sola italiana, Bologna. Dieci sono australiane. Cinque Belghe. Undici canadesi. Sei cinesi. Cinque di Hong Kong. Il minuscolo Israele ne conta 3. L’Olanda undici. La Svizzera 7. L’UK 29. Le americane, sempre fra le prime duecento, sono cinquantatre.
E noi?
Baroni si, ma in verità neanche “villani”.

Di Portoreale e me.

domenica 30 maggio 2010

Force Blue (una gran brutta storia)

È dovere di ogni cittadino pagare i tributi fino all’ultimo cent.
Però che un’amministrazione pubblica, un magistrato o altri ancora, decida di certificare, erga omnes, l’equazione che il diportista è uguale al criminale (No boat, no crime), é proprio una gran brutta storia.
Ripreso anche dal Financial Times, quel titolo ha già prodotto un fuggi fuggi di clienti esteri dall’Italia provocando il crollo del settore charter.
Il risultato è che le 120.000 persone che di questo ci campano e che hanno portato il nostro Paese a primeggiare nel mondo, stanno attraversando un periodo non troppo felice, e non ce n’era di certo bisogno in tempi di magra.
Ancor peggio andrà all’indotto, poiché questi Yacht lussuosi, manovrano annualmente qualcosa come il 10% del loro totale valore; e non sono noccioline.
Bene, anzi, male, perché è l’ennesimo colpo al nostro maltrattato turismo e alle cose fatte senza minimamente capire il danno che si può arrecare a un centinaio e più, di migliaia di gente.
Ci sarà sicuramente qualcuno che dalla cosa ne trarrà grande soddisfazione o gaudio, quelli che odiano i ricchi, quelli che considerano i soldi qualcosa di sporco e provano rabbia e l’invidia per chi ha conquistato l’agio o il benessere, perché chi li ha, è sicuramente un’infame … vabbè, non ne voglio più parlare.
Personalmente non mi frega niente se Tizio, Caio o Sempronio hanno poco o molto più di me, preferisco considerare che muovono l’industria con il loro spirito imprenditoriale, o se danno lavoro, che è poi la cosa più sociale che a questi si richiede, e se magari “omaggiano”, a chi ne ha più bisogno, parte dei loro proventi.
E spesso, credetemi, questo accade.
C’è chi lo dice e chi invece lo tiene per se.
Comunque il Financial Times riporta le testuali parole: “Some legal advisers are telling their worldwide clients, 90 per cent of whom have their yachts under a Cayman Islands flag, to take care before venturing into Italian waters”, che tradotto è: “Alcuni consulenti legali stanno dicendo ai loro clienti in tutto il mondo, il 90 per cento dei quali hanno il loro yacht sotto bandiera delle Isole Cayman, a riflettere bene prima di avventurarsi in acque italiane.”
Quentin Bargate, senior partner dello studio legale più famoso al mondo per queste cose e con sede a Londra, il Bargate Murray, ha dichiarato in un'intervista: "La nostra consulenza ai clienti è stata quella di essere molto cauti per quanto riguarda l’Italia, e di verificare attentamente con i consiglieri, prima di impegnarsi in attività di charter in quei posti. Abbiamo sentito di altri casi in cantiere, e semplicemente non vale la pena di correre rischi ".
Un danno miliardario per il nostro indotto e che poteva essere svolto in tutt’altra maniera.
Un danno d’immagine senza pari e ben peggio di quelli che "masochisticamente" ogni anno ci costruiamo da soli.
Un danno in un Paese che non fa nulla per rimediare ai propri abbagli, e a quel poco che fa, ci somma errori su errori.
Se Briatore ha sbagliato, che paghi, ma non si ferma una industria così, una delle poche che produce, e non starò mai con quelli del “momento di notorietà” o il populismo ideologico; non sfama e serve solo, parzialmente e per poco tempo, a chi l'ha "creato".
Non si può godere del male di uno pur sapendo che migliaia e migliaia resteranno senza lavoro.
Non è così che si fa.

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