Tra un po’ sarà Carnevale e quindi, si dia inizio alle danze
e vai col ballo in maschera.
Ma andiamo per gradi.
Pochi giorni fa il Consiglio dei Ministri ha approvato (si
fa per dire visto che il Consiglio ha preso atto del lavoro istruttorio fatto
ma non l’ha adottato) il Piano Strategico del turismo, ed ecco che subito si
sono alzate le ovvie obiezioni, le contraddizioni, le opposizioni e tutte quelle
parole che finiscono per “oni”.
Mentre a me tutte queste “obiezioni” e giusto per rimanere
in tema, fanno girare solo … la rima; e vediamo il perché.
Andrea Babbi, il nuovo DG dell’Enit, non appena ne ha preso
nota, non ha fatto altro che dire: “Non è scritto sulla pietra e datemi una
mano a migliorarlo” e l’ha buttato nel web per vedere di nascosto (?) l’effetto
che fa.
Va subito detto, e quindi ricordato ai vari “mascherati da
grandi saccenti del turismo”, che di Piani Strategici l’Italia non ne ha mai
avuti in precedenza, e manco di una sola settimana su quella appena trascorsa.
Ed il problema è ed era anche abbastanza grave.
Senza dimenticare poi che nessuno, prima d’ora, ne aveva
cercato la condivisione tra tutta la popolazione che di questo s’interessa … ma
il risultato, a parte pochi, volete sapere qual’è stato?
La classica riunione di condominio ... si, e per di più
anche di quelle simil carnevalesche e multicolore.
Infatti i più sparano sentenze di improduttività sulle varie
disamine appena lette, mentre alcuni lo fanno accennando alla condivisione verso
quelle cose già sentite, lette e scritte milioni di volte.
Non mancano poi quelli che s’aspettavano di più.
Ma di più di che cosa (?), e cos’è che non è stato ancora
detto negli ultimi trent’anni?
Forse che erano in attesa di qualcosa di nuovo o di mai
sentito in un Piano Strategico?
Si vede di si!
Però, maremma maiala, possibile che a nessuno venga in mente
che un Piano Strategico sia prima di tutto temporale sui contenuti, e vale a
dire che a priori andrebbero esaminati i tempi da affrontare prima dell’altri.
Mentre è in corso d’opera che si producono i vari
cambiamenti per poi farli incastrare in un mosaico perfetto.
Faccio un esempio?
Va beh, faccio un esempio!
Anzi ne faccio due!
Sulla formazione tutte le azioni hanno tempi che vanno dai
12 mesi ai 4 anni … ma scherziamo (?)
Per non dire che due anni per la revisione del Titolo V sono
veramente un po’ troppi.
Un anno basta e pure c’avanza.
Poi c’è
anche dell’altro (molto), ma … il CRM (Customer
relationship management) dove cippa è?
Però di "maschere" ce n'è, neh?
In termini generali la pianificazione è il processo con in quale, dato un sistema sociale, si stabilisce uno stato futuro dello stesso ritenuto desiderabile (obiettivo), si individuano le azioni per conseguirlo (piano d’azione) e le risorse per mettere in atto queste azioni. Il prodotto della pianificazione prende il nome di piano. La pianificazione può interessare sistemi sociali di differenti dimensioni: da un intero sistema economico (pianificazione macroeconomica) o sociale ad una singola azienda (pianificazione aziendale).
RispondiEliminaLa pianificazione aziendale può essere quindi definita come il sistema operativo attraverso il quale l'azienda definisce i suoi obiettivi, previa analisi della realizzabilità e dei conseguenti vantaggi, e le azioni atte a conseguirli. Gli obiettivi, a loro volta, possono essere definiti come risultati futuri, misurabili, che si prevede di conseguire entro un determinato tempo (il loro orizzonte temporale).
Il sistema di pianificazione è normalmente connesso al sistema di controllo di gestione, il quale ha lo scopo di guidare la gestione aziendale verso il conseguimento degli obiettivi pianificati, evidenziando gli scostamenti tra questi ultimi e i risultati della gestione e mettendo così in grado i responsabili di decidere e attuare le opportune azioni correttive. Tale stretta integrazione fa sì che normalmente, sia a livello teorico che pratico, si parli di “sistema di pianificazione e controllo”.
Processo di pianificazione [modifica]
RispondiEliminaLa pianificazione è qualcosa di più della semplice previsione, volta a formulare ipotesi sulla probabile evoluzione futura dei fenomeni che interessano l'azienda, in assenza di interventi da parte della stessa. Infatti, pur partendo da queste ipotesi, la pianificazione implica la volontà di controllare l'evoluzione dei fenomeni e comporta, quindi, l'assunzione di decisioni su:
gli obiettivi che si vogliono conseguire nell'orizzonte temporale considerato, obiettivi che devono essere SMART, acronimo di specific (specifico, non generico), measurable (misurabile), achievable (raggiungibile), realistic (realistico) e time-bound (da raggiungere in un tempo definito);
le attività necessarie per conseguire gli obiettivi e le risorse (umane, materiali, finanziarie ecc.) impiegate per svolgerle;
i tempi, le modalità e l'organizzazione per acquisire (se non già disponibili) ed impiegare le risorse.
Queste decisioni sono formalizzate con la redazione di piani relativi alle singole aree (ad esempio, funzionali) nelle quali si articola l'azienda, che sono poi integrati in un unico piano aziendale, sottoposto all'approvazione dell'organo competente. Per l'assunzione delle decisioni possono essere usate metodologie specifiche: ne sono esempi l'analisi SWOT, usata per la pianificazione strategica, e le metodologie di valutazione dell'investimento, usate per le decisioni di investimento.
Il processo di pianificazione (planning) non si esaurisce con l'approvazione dei piani: l'andamento della loro attuazione va, infatti, verificato nel tempo, giungendo anche alla revisione o all'aggiornamento degli stessi in caso di eventi rilevanti, quali forti scostamenti non recuperabili, mutamento delle condizioni al contorno, variazioni di strategia ecc. Per i piani a breve termine può essere formalizzata anche un'attività di verifica ed aggiornamento periodica, ad esempio trimestrale.
In certi casi, sempre più frequenti nella realtà attuale, il raggiungimento dello stato futuro, che costituisce obiettivo della pianificazione, comporta una transizione organizzativa o di business, legata a scenari di cambiamento significativi; in casi come questi si parla di change management, riferendosi con tale termine agli strumenti ed ai processi utilizzati per realizzare e supportare la transizione.
@Luciano
RispondiEliminaCredo che tu abbia ragione che se i tempi non sono giusti, si corre il rischio a mandare tutto a rotoli.
:)
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/associata/2013/01/29/AEROPORTI-VARATO-PIANO-NAZIONALE-VIA-RIORDINO-SCALI-_8155309.html
RispondiEliminaE intanto si vara il piano di riordino degli aeroporti, senza sapere uno cosa fa l'altro.
Adesso a 20 giorni dall'elezione?
Tra qualche anno sapremo chi ha spinto per questo piano. Forse.
Tutti i ministri, avvicinandosi l'ora di andar via, sentono il bisogno di lasciare una traccia, di fare cose grandiose e impellenti, che in tanti anni non avevano mai trovato il tempo... Il governo Monti non pare essere immune da questo.
Sembrerebbe che siano stati anche approvati degli incarichi dell'ultima ora, o no?
RispondiEliminaToh, proprio come succedeva prima
:(
@Gregorio
RispondiEliminaNon han varato nulla.
E' solo un atto di indirizzo.
Ora deve andare alla Conferenza Stato-Regioni e poi per essere emanato ci vuole un DPR del Presidente della Repubblica.
E' scritto chiaramente QUI.
Tutto rimandato alla prossima legislatura, visti i tempi tecnici, imho.
Praticamente vogliono far scendere a 31 gli attuali 46 aeroporti commerciali sulla base del traffico passeggeri attuale:
RispondiEliminaVal d'Aosta, Trentino, Umbria, Molise, Basilicata: 0 aeroporti (tot. 0).
Friuli, Piemonte, Liguria, Marche, Abruzzo, Lampedusa, Pantelleria: 1 aeroporto (tot. 7).
Toscana, Emilia, Lazio, Campania, Puglia, Calabria: 2 aeroporti (tot. 12).
Lombardia, Veneto, Sicilia, Sardegna: 3 aeroporti (tot. 12).
Val d'Aosta, Trentino, Umbria, Molise, Basilicata: 0 aeroporti (tot. 0).
RispondiElimina??????
Ne sentiremo delle belle ... credo!