Alla fin fine ci sono arrivati e …
… oltre sessanta balneari di Liguria e Versilia hanno preso parte ad una riunione svoltasi a Sestri Levante per organizzare una protesta collettiva contro la cosiddetta ‘direttiva Bolkestein’, la norma decisa dalla Comunità europea che, tra l’altro, stabilisce regole quadro per la liberalizzazione dei servizi balneari e l’eventuale messa in vendita dei beni demaniali degli Stati membri.
Secondo i concessionari degli stabilimenti di Liguria e Versilia, la direttiva “causa la perdita dei diritti acquisiti e la perdita delle spese già effettuate nelle strutture e non ancora ammortizzate.
Di fatto – si legge in un documento approvato al termine della riunione – impedisce nuovi investimenti”.
Dall’assemblea sestrina, poi, un messaggio di solidarietà verso Marcello di Finizio, un balneare che a Trieste da 53 giorni fa lo sciopero della fame contro la direttiva europea.
Naturalmente mi unisco nel messaggio di solidarietà, ma l’arrivarci un po’ prima (?), considerato che la direttiva Bolkestein è già da qualche giorno che c’è, e che qui (ma non solo) ne avevamo da tempo immemore scritto “l’inutilità”, anzi il danno. E se soltanto si ascoltasse la gente che ne sa un po’ di più, probabilmente tutto questo …… comunque l’8 Maggio 2010 è entrato in vigore il D.Lgs. n. 59/2010 avente come oggetto “Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno”; una norma “impegnativa” per l’Italia, destinata in un prossimo futuro a creare non pochi problemi sia al Governo che alle regioni.
La Direttiva 2006/123/CE mira (almeno negli intenti) ad apportare benefici alle imprese e a tutelare i diritti del consumatore, riducendo e in alcuni casi eliminando l’elevato numero di ostacoli burocratici che impediscono ai prestatori di servizi di espandersi oltre i confini nazionali al fine di sfruttare appieno il mercato unico, in un’ottica di maggiore competitività ed equilibrio dei mercati.
La novità introdotta dalla Bolkestein è il principio della “libertà di prestare servizio”, che prevede il divieto per gli Stati di imporre al prestatore di servizi di un altro Stato membro, ulteriori requisiti burocratici rispetto a quelli richiesti ai propri operatori, che non siano giustificati da ragioni di pubblica sicurezza, protezione della salute e dell’ambiente.
Nella versione finale della Direttiva, tale principio ha (per fortuna) sostituito l’iniziale “principio del paese d’origine”, molto contestato in vari paesi europei, in base al quale il prestatore di servizi era soggetto alle disposizioni dello Stato membro di provenienza.
In linea teorica gli scopi della Direttiva potrebbero anche essere buoni, visto che tende a realizzare l’ armonizzazione dei regimi normativi di accesso ed esercizio delle attività di servizi, abbattendo gli ostacoli alla prestazione nel mercato interno; in realtà, però, a giudicare dai problemi che sicuramente creerà in tutti i settori della nostra economia, tra qualche anno sarà sicuramente etichettata come l’ennesima norma europea che ha contribuito a rovinare l’economia italiana.
Conclusione
Anche se di primo acchito potrebbe sembrare che la Direttiva Bolkestein e il conseguente Decreto Legislativo di recepimento, abbiano come scopo principale il miglioramento dell’attività economica europea, l’azzeramento di vincoli burocratici e la maggior tutela dei consumatori, nella realtà, come troppo spesso abbiamo riscontrato negli ultimi anni nel nostro Paese e in Europa, le cose non sono quello che sembrano.
I reali obiettivi che la Direttiva Bolkstein intende perseguire appaiono chiari non appena si prova a trasporre nella realtà il testo della stessa, spogliandolo della maschera di falsi buoni propositi che l’hanno accompagnato durante tutte le fasi della sua definitiva approvazione.
Guardandolo con occhio diverso, è così possibile scoprire come fra le pieghe di frasi spesso presentate come slogan quali “l’incentivazione all’espansione transfrontaliera delle imprese” la “riduzione degli oneri amministrativi” “la riduzione dei prezzi attraverso lo stimolo alla concorrenza” “la sequela infinita di vantaggi per il consumatore” e molte altre che non si riporta, si celi invece una realtà destinata a parlare un linguaggio per molti versi contraddittorio.
Ad un’ attenta analisi del testo, infatti, gli ostacoli che la proposta intende veramente smantellare, in Europa e, soprattutto, nel nostro Paese, riguardano la tutela del consumatore, la trasparenza nelle procedure, le garanzie sociali ed ambientali, la qualità dei servizi, la possibilità di prendere decisioni da parte delle autorità locali, etc. a vantaggio delle solite onnipresenti lobby economiche, poteri talmente forti da condizionare pesantemente la politica, l’economia e, di recente, anche la salute dei cittadini europei.
Ma siamo proprio sicuri di averci guadagnato nell’entrare in Europa?
Piero Nuciari e poco poco mio
www.pieronuciari.it