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sabato 15 ottobre 2011

L'habitat giusto per il Bradipo del turismo è la Liguria


Dal “fare sistema e vendersi uniti … ” al “è evidente la storica disorganizzazione generale del sistema turismo in Liguria … “ a tante altre belle cosette “sui generis” che si sono udite e lette in merito al convegno a margine dell'edizione 2011 del Matching sul Turismo a Finalborgo (SV), e che continuano a farmi pensare che se per caso qualcuno cerca la targhetta “BRADIPO” per citofonare e cercare di parlargli un po’, in questi ambiti ne trova a iosa.
E per fortuna non ci sono andato; una volta è bastata e anche c'avanza.
Infatti è la solita solfa nonché i medesimi problemi che ascoltavo prima di partire per lavoro all’estero; qualcosa come oltre 40anni fa.
E il risultato è che se ne parla ancora … lascio quindi a voi le deduzioni del caso.
Il fatto strano, se così si può chiamare, è che le stesse persone (inteso come cariche istituzionali) che “avvicendandosi” nel tempo e alla moda del due per tre, ci dicono che il turismo va bene e che questo l’è sempre in aumento.
Ma allora perché gridare “al lupo al lupo” se il lupo non c’è?
O forse quel lupo in verità esiste, e il turismo in questa ridente regione che potrebbe sfruttare le sue enormi risorse, ma che invero … non è che qui vada poi così tanto bene.
E infatti non va, e non meniamoci il can per l’aia con dei dati che manco li cani.
Quarant’anni e fors’anche da prima che ci dicono le stesse cose e poi?

E poi ‘na mazza!
Che il turismo in Liguria, e non solo, subisca enormemente lo scompiglio direttivo inadeguato nel far scorrere uniformemente le decisioni dei preposti, beh; dopo tanti anni dovrebbe essere alquanto risaputo, dopodichè essere stato già da tempo risolto
Ma non c’è niente da fare, ognuno se ne va per la propria bella strada (tutta curve e dirupi da entrambe le carreggiate … naturalmente senza guard-rail) e chissenefrega.
E finché ce né, si spende e spande in quantità con scarsi risultati.
Apt, Ept, Ett, Iat, Pro Loco, Liguria In e tante altre sigle da non capirci più un “tubo”, dove l’una non sa cosa debba fare l’altra, mentre l’altra non sa che spettanze ha quell’una di prima.
Un pastrocchio non da poco.

E se poi ci metti che il privato non sa mai a chi rivolgersi per sbrigare una delicata matassa … vabbè dai, altri quarant’anni e forse c’arrivano … sempre che vada bene, però; e sempre che ci si mettano d’impegno.
Sennò, com’è più presumibile, anche la prossima volta sentiremo le stesse cose del bisogna far squadra, tutti uniti e ... eccetera eccetera.
Mamma mia, che mediocrità nel turismo in Liguria.

lunedì 7 marzo 2011

♫ I've never won anything in my life, but.... ♪ (non ho mai vinto niente nella mia vita, ma...)

A quei tempi facevo la spola tra la costa occidentale con quella orientale degli Stati Uniti, la famosa Route 66, per cercare i posti di sosta migliori da trasmettere all’azienda turistica che mi stipendiava.
Furono mesi di bella vita, ma questa è un’altra storia, bella e ahimè irripetibile, per via dell’età che … vabbeh, avete capito.
Finché un giorno, in una piccolissima cittadina di cui non ricordo più il nome, incontrammo un cantautore di musica country (la mia preferita).
Erano presenti le immancabili serie di bottiglie di birra vuote (un po’ come le teste di tanta gente che lavora nel turismo); l’armonica a fiato (un po’ come tante bocche che nel turismo ne emettono in gran quantità); una chitarra con le corde tese al punto giusto (un po’ come son io quando leggo certe cose sul turismo che …); c’eravamo noi due (Jasmine e io) che con altri dieci o dodici persone racchiuse a semicerchio davamo fondo a delle altre bottiglie di birra (io ben poche), e lui (il cantautore) che intonava così: I've never won anything in my life .... (non ho mai vinto niente nella mia vita) … e, adesso se posso, per vincere qualcosa cerco di fregare gli altri … e chissenefrega se farò del male.
Anche il pezzo non era un granché ma a me piaceva un sacco per il motivo che m’insegnò un po’ di quel qualcosa che ancora adesso mi porto dentro.
Non la ricordavo più se non nelle parole, ed ecco che come d’incanto l’altra sera quel ritornello m’è ritornato nella mente e l’ho fischiettato.
Chissà come mai!
Stavo leggendo un fondo che raccontava così: … come è possibile che uno stesso hotel, nel giro di due giorni, possa far decollare il prezzo di una camera da 140 euro a 1.000 euro? È possibile: lo ha dimostrato un irriverente e sconcertante servizio passato solo qualche giorno fa da Striscia La Notizia per denunciare la pazzia collettiva che sembra aver colpito alcuni alberghi di Roma in attesa del 1 maggio.
Quel giorno infatti avverranno le celebrazioni per la beatificazione di Giovanni Paolo II: un evento che fungerà da catalizzatore di pellegrini nella città eterna e che ovviamente ha spinto già diversi operatori alberghieri ad intervenire al rialzo sul pricing di quei giorni.
A molti esperti d’altronde, questa è parsa un’evidente prova della grande ignoranza da parte di molti sulla disciplina del Revenue Management.
È vero, fare revenue significa saper modificare le tariffe in base a diverse variabili, come eventi straordinari e andamento della domanda da parte del mercato, ma alla luce di questi fatti è necessario chiedersi:
  • Fino a che punto è possibile aumentare le tariffe?
  • Qual è il limite oltre il quale non è pensabile andare?
  • Si possono aumentare le tariffe di oltre il 1.000%?
La fluttuazione delle tariffe alberghiere, così come anche specificato da Giuseppe Roscioli, Presidente di Federalberghi di Roma, è un’attività assolutamente lecita ed è applicata dagli albergatori di tutto il mondo senza nessun tipo di problematica. In Italia vi è una garanzia aggiuntiva per il cliente che è il deposito annuale delle tariffe massime applicabili. La tariffa, quindi, non potrà mai superare quanto dichiarato dall’albergatore alla APT di appartenenza. Il cliente, da parte sua, ha sempre più familiarità con le dinamiche di un pricing fluttuante.

A tutto c’è un limite

Un limite, come accennato, è sicuramente il tetto massimo fissato presso le APT. Come abbiamo detto, ogni anno occorre comunicare alla APT di appartenenza il valore massimo di vendita per ogni tipologia di camera disponibile presso ogni singola struttura.
Da quando le giornate di molti albergatori sono “governate” dalla disciplina del Revenue Management, tutti hanno alzato il limite della tariffa dichiarata alla APT. Questo innalzamento è avvenuto anche a causa dello stravolgimento del concetto di Rack Rate (tariffa massima), ovvero non esistendo più la Rack Rate, i revenue manager hanno voluto allargare al massimo la forbice in modo da facilitare il proprio lavoro nelle fluttuazioni tariffarie.
Per prima cosa è importante puntualizzare che, come lascia sottintendere il titolo proposto dal sito di Striscia la Notizia, si tratta di una catena.
Vuol dire che essendo un gruppo, hanno “strategicamente” deciso questo innalzamento di tariffa. Pensate quanto sarebbe stato deleterio se fossero stati tutti alberghi indipendenti a mettere in pratica la stessa tecnica. In questo caso si sarebbe innescato il meccanismo descritto da Danilo Zatta nel suo “Le basi del Pricing” relativamente al “price leader”: ovvero una singola struttura avrebbe condizionato l’intero mercato. Ci sarebbe stato quindi un effetto domino tra le strutture che avrebbe totalmente distrutto il mercato, allontanando del tutto i turisti. In pratica lo stesso danno generato nel senso opposto nei momenti di crisi degli scorsi anni, in cui la guerra dei prezzi al ribasso ha provocato una pericolosa erosione delle tariffe medie per la maggior parte degli hotel.
Certo è che questo innalzamento sconsiderato delle tariffe per un evento è in modo assoluto da sconsigliare per qualsiasi struttura alberghiera. La gestione del Revenue Management di questi hotel è un esempio di come, a nostro avviso, non si debba gestire il Revenue Management.
Per approfondire la questione, abbiamo effettuato una ricerca sul sito Expedia.it (il giorno 26/02/2011 tra le ore 22.48 e le ore 23.32) abbiamo ricercato un albergo, da 3 stelle in su, in Roma con arrivo il 29/04 e partenza il 01/05 in camera doppia.
I risultati ci sono apparsi tutto sommato normalissimi:
  • Strutture presentate: 466 alberghi
  • Strutture chiuse alla vendita: 215
  • Strutture disponibili alla prenotazione: 251
  • A partire da un minimo di Euro 130,00 per le 2 notti in un albergo a 3 stelle per arrivare ad Euro 872,00 per un albergo a 5 stelle.
Quello che ci preme ricordare è che il tipo di fluttuazione (fuori mercato) proposto dagli hotel accusati da Striscia influisce in modo negativo su tutta la destinazione. Roma al momento ha già registrato problemi in relazione al contributo di soggiorno, in più se aggiungiamo questi atteggiamenti errati (in termini di gestione del Revenue Management commerciale), non faremo altro che allontanare ancor più i turisti impoverendo il mercato.
L’augurio è che ovviamente, a seguito delle esperienze passate (Giubileo e funerali di Giovanni Paolo II) si comprenda che in genere il “Pellegrino”, non è un target disposto a pagare cifre esorbitanti per dormire… basta ricordarsi i tanti Pellegrini che hanno dormito per le strade di Roma nei giorni dei funerali del Papa pur di essere presenti.
♫♫ ...I've never won anything in my life ... ♫♫
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lunedì 14 febbraio 2011

Cosa dicono all'estero del turismo in Italia ?

Non dispongo di dati statistici sottomano per quanto riguarda l’elenco di alcuni dei principali motivi per cui gli stranieri, dopo aver visitato il nostro Paese, non torneranno mai più.
E poi ci sono quelli che c’aggiungono anche del loro per convincere qualche amico o conoscente che in Italia è meglio non venirci.
Ma vabbeh, abbiamo già tanto di bello e di ineguagliabile che possiamo stare tranquilli … dicono gli scemi nostrani da molti anni.
Comunque dicevo che non ho delle statistiche nette e precise, ma per motivi professionali frequento molti stranieri da tanti anni e tramite il giornaliero confronto, ho fatto un riesame delle discrepanze che gli stranieri vedono in noi.
Ci si scambia impressioni, pareri e opinioni e in alcuni casi ho applicato la mia interpretazione a quanto mi è stato detto ferendo un po' il mio italico orgoglio.
Occupandomi di turismo anche a livello professionale credo ci sia da riflettere anche perché il turismo dovrebbe essere (o meglio potrebbe essere) la fonte primaria della nostra ricchezza e invece non lo è!
Per amor del cielo, non dirò di certo niente di nuovo, ma il ripeterlo male non fa, e chissà che qualche “professorone” (di quelli che stanno in alto nelle stanze dai pomelli d’oro) e che mi legge con “amore”, non possa metterci un bel rimedio.
Dai, ci riprovo e speriamo in bene.

a)         I furbi; non c'è niente da fare, molti italiani pensano d’essere più furbi degli altri e "fregare il turista". In certi posti è una specie di sport o una gara a raccogliere più punti per vincere il famoso servizio in ceramica da 6 prs. per la casa in campagna.
b)         La poca serietà, e di conseguenza la poca (non a sufficienza) professionalità (c’è molto di meglio nel mondo).
c)         I prezzi; che ci crediate o no, l'Italia è un paese caro per i turisti, benzina, alberghi e cibo non sono a buon mercato. Con gli stessi soldi negli Stati Uniti si fa un viaggio di classe superiore.
d)         La mancanza di informazione. APT, ENIT o chi per loro, non fanno ancora troppo per informare, anche se un piccolo miglioramento si vede.
e)         Gli orari; il fatto che i negozi siano chiusi la domenica o a mezzogiorno, per molti resta un problema. Un problema degli Italiani, non del turista che l'anno prossimo andrà in qualche altro posto
f)          La difficoltà; destreggiarsi tra orari, giorni di apertura e di chiusura, festività, ponti e informazioni in sola lingua italiana non è da tutti.
g)         La guida; guidare in Italia è piuttosto difficile. Soprattutto al sud o a Roma non è così semplice come potrebbe sembrare.
h)         I cantieri e i lavori in corso; fanno già incazzare gli italiani ma all'estero non sono abituati ai nostri tempi. 10 anni per costruire un cavalcavia per noi sono normali, non è così dappertutto. E poi quelle strade o autostrade che, chissà il perché, vengono perennemente rimesse a "posto" durante i periodi di vacanza e che ti obbligano a code pazzesche.
i)          La domenica; è tutto chiuso in Italia, non c'è niente da fare e quasi niente da vedere.
l)          Le occhiate; guardare insistentemente negli occhi (o in altri posti) una sconosciuta, in molti paesi è considerata una grave maleducazione.
m)        La lingua italiana; molti di noi potrebbero fare uno sforzo in più per imparare qualche parola di inglese, soprattutto chi lavora nel settore del turismo, ma non solo.
n)         Il cappuccino; se un turista vuole bere un cappuccino dopo pranzo dovrebbe essere libero di farlo senza occhiate di disprezzo o commentini alle spalle con sorrisini stupidi.
o)         Le commesse/i o receptionist; provate ad entrare in qualche albergo, ristorante o negozio, ad esempio, e provate a interromperne due o tre che stanno beatamente ciarlando degli affaracci loro, se ne avete il coraggio.
p)         Gli orari del pranzo e della cena; non tutti hanno fame dalle 12 alle 14 e dalle 19,30 alle 22. Magari perché frastornati dalla differenza di fuso orario, magari per altri motivi, fatto sta che non a tutti sta bene mangiare esattamente in quegli orari. Oppure provate ad entrare in un ristorante cinque minuti prima della chiusura … tanti auguri.
q)         La colazione; un po' più di scelta no?
r)         I treni; quelli italiani sono generalmente più economici rispetto al resto del mondo. Per il tipo di servizio che si ottiene però a volte bisognerebbe essere pagati più che pagare. Senza parlare dei ritardi perenni.
s)         Gli autobus; prendere l'autobus o più in generale i mezzi pubblici, anche nelle grandi città è spesso difficilissimo e le informazioni sono quelle che sono, e naturalmente nessuno (pochissimi) li aiuta.
t)          Le strisce pedonali; chi viene da un altro paese rischia la vita attraversando la strada.
u)         Le stelle; non quelle del cielo che vanno bene così e a cui non si deve o può far niente, ma quelle degli alberghi, a cui si potrebbe dare un senso più logico, ma nessuno lo fa.
v)         La pulizia; inutile aggiungere altro, in quanto l’Italia non è certo l’esempio di cui andar fieri.
z)         Dulcis in fundo, anche se avrei potuto tranquillamente aggiungere e senza alcuna difficoltà l’alfabeto di altre nazioni (x, y, k, eccetera eccetera), la cosa che forse mi sta più a cuore, e vale a dire le scuole alberghiere (che lasciamo perdere) e la “scomparsa” delle “teste” migliori.
Infatti, e non meniamo il can per l’aia, chi è bravo o sa d’esserlo, è accaparrato dalle grandi aziende del turismo estero (là, mica sono scemi), più pagato e con merito riesce a raggiungere delle posizioni che qui neanche si sognerebbe.

E quella ca … spita di politica, che nel turismo c’entra ben poco.

mercoledì 22 dicembre 2010

Cristina Scaletti e, ahitutti, la fine delle APT in Toscana.

In una lettera aperta ai presidenti e agli assessori al turismo delle Provincie toscane, l'assessore regionale al turismo, Cristina Scaletti, ha spiegato le motivazioni della chiusura delle APT e il nuovo sistema di promozione del turismo toscano.
"La scelta di sciogliere le APT è stata fatta - scrive la Scaletti - ce lo impongono il mercato turistico e le oggettive condizioni della finanza pubblica".
I tagli alla Regione, per i trasferimenti, sono quantificabili in 360 milioni di euro.
Per la gestione della promozione verrà organizzato un tavolo tecnico con ruoli di rilievo per le province ed è stato stabilito un aumento da 2 a 3,3 milioni di euro del budget a disposizione di Toscana Promozione.
Il web sarà, nelle intenzioni della Scaletti, la via privilegiata per una strategia promozionale legata al nuovo profilo del viaggiatore.
Beh, tanti auguri Cristina Scaletti, forse una più attenta disamina e un miglior controllo sul lavoro delle APT avrebbe prodotto qualcosa di più.
Che per quel poco che conta o può contare la mia opinione “restano” e sarebbero restati molto utili per la promozione turistica locale, ma, come si dice; se sa da fare che si faccia.
E questa volta spero proprio d’avere torto.
E lo spero talmente tanto, che se per caso non dovesse andare come la Scaletti ha programmato, mai e poi mai scriverò: “Ma io l’avevo detto”.
No, al massimo lo dico che è stata una grossa str…anezza.

  

venerdì 3 dicembre 2010

Io sto con le APT (aziende di promozione turistica)

Si legge ormai dappertutto; e finalmente adesso lo sanno tutti, anche i più "testoni".
Il turismo non è più come quello di qualche anno fa, il turista contemporaneo non si accontenta più, è alla continua ricerca di emozioni, suggestioni e luoghi autentici, si costruisce la propria vacanza seguendo i propri schemi, inseguendo le proprie esigenze e non più lasciandosi incantare da slogan che gli promettono di risolvergli ogni altro problema.
No, il turista di oggi, anzi il viaggiatore, vuole essere protagonista delle sue scelte, soggetto e non più destinatario di un’offerta finale, seppure di qualità.
Richiede però professionalità e cortesia, ha standard di vita più alti che in passato, e ad essi non rinuncia più nemmeno in vacanza, e se decide di farlo è solo perché si trova davanti ad un’offerta mozzafiato, in grado di ricompensarlo di una rinuncia.
Che lo si recuperi da internet o lo si legga su una brochure, ogni dato che il viaggiatore legge su una località, un evento, diventa un tassello importante per decidere di andare in quel posto piuttosto che in un altro.
Ed è per questo che i TO, gli operatori privati, i gestori di strutture turistiche devono essere cauti e onesti nel dichiarare cosa e come sono in grado di offrire.
Già perché nel turismo è l’offerta che genera la domanda, e il turista è a sua volta un consumatore: ciò vuol dire che un buono o cattivo sistema di offerta turistica incide in maniera forte nell’economia di un luogo che punta a questo come risorsa principale.
Nella società di oggi è importante promuovere in maniera accorta ciò che si è in grado di offrire, non dimenticando mai che il potenziale viaggiatore è ala ricerca di “mondi” e non di prodotti: vuole cioè che gli si offra un sistema che gli permetta ritrascorrere il suo tempo, non un solo prodotto, esaurito il quale, fosse pure mozzafiato, lo lascia da solo, annoiato e senza stimoli a restare.
Ecco perché offrire “pacchetti turistici integrati e organizzati”, che presuppongono sinergia e non competizione fra gli attori di un territorio è sempre la mossa vincente per un turismo di qualità.
Ad ogni visitatore va proposto un sistema, un territorio che sia in grado di proporre la tradizione (con le sagre, i prodotti tipici, della gastronomia e dell’artigianato), ma anche l’innovazione (con eventi unici, che caratterizzano un luogo e lo rendono non replicabile altrove) la fruizione (tutti devono poter andare, vedere, provare senza limitazioni logistiche, barriere), e l’economia del ricordo: il gadget, l’oggetto che racconterà l’esperienza di quei luoghi, ne rinnoverà sempre la memoria.
Giacchè “non si viaggia per viaggiare, ma per aver viaggiato”.
Senza Apt, si perde la specificità delle nostre bellezze, massificate da una promozione troppo generalista e centralizzata che ovviamente porta a non conoscere bene l’offerta che si vuol fare.
Come a dire che uno può anche essere il miglior GM alberghiero del mondo nella migliore catena alberghiera del pianeta, ma per continuare ad esserlo, ha necessariamente bisogno dei capi servizi che, sotto le direttive centrali, curano anche i minimi particolari della loro specificità
Però con veri responsabili d’area, non dei perditempo, nullafacenti o messi lì per non si sa bene che cosa.
E soprattutto, non un tanto al chilo; come a dire, non troppi doppioni.
Se poi c’aggiungiamo un raggruppamento di operatori turistici con particolari conoscenze del prodotto, del territorio, di razionalità e filosofie comuni, i quali, in sinergia con le amministrazioni preposte, costruiscono una strategia di prodotti da promuovere e commercializzare … beh, il risultato non potrà ch’essere ottimo.
Ma da qualche parte questo c’è già o sta cominciando.

martedì 30 novembre 2010

Perchè le Apt non devono chiudere ma migliorare

E venne il giorno che col Marzotto “sul turismo” condividiamo la stessa cosa.
Ch’io stia finalmente imparando, o forse è lui che … mah (?), glielo, “melo” e “celo” auguriamo unanimemente.
Comunque bando alle ciance, il “buon” Matteo non condivide (io manco) la scelta dell'assessore regionale al Turismo toscano, Cristina Scaletti, che poi è quella di chiudere le Apt (Aziende di promozione turistica) nella Regione.
Chissà se la Scaletti è a conoscenza di quello che è successo dopo l’infausta decisione di “abolire” quelle siciliane da parte del Lino Leanza e per “merito” del presidente Lombardo?
In verità ne lasciò una (Catania), “gestita” da un consulente artistico, adesso consulente alla Regione, che (si dice) in un solo anno costò oltre un milione di euro per spettacolini con poche decine di spettatori e tanti amici e parenti tra gli artisti che si esibivano (si dice per i futuri aderenti all’Mpa).
Beh, tutti conosciamo i risultati sul fatturato turistico che ne scaturirono.
Combinazioni?
Non credo!
Fatto sta che il prossimo 31 dicembre chiuderanno tutte le Apt in Toscana e come causale l’assessora dichiara: "Chiudiamo questa esperienza per andare oltre, perché c'è bisogno urgente di adeguare gli strumenti operativi ad un mercato profondamente cambiato che chiede nuova capacità di promuovere la nostra offerta. Abbiamo avviato un percorso nuovo e condiviso creando una cabina di regia della quale faranno parte tutti gli assessori provinciali al turismo e che assicurerà la partecipazione di tutto il territorio al progetto di rilancio. E già adesso, con oltre il 60% dei turisti che decide on line le proprie vacanze, possiamo contare sul terzo sito turistico europeo più visitato e che ha dato alle strutture ricettive la possibilità di utilizzarlo per promuovere le loro offerte ed accettare prenotazioni.”
E se le motivazioni sono queste, credo ci sia ben poco da fare.
Il “progetto” della Scaletti è semplice da capire e non posso di certo rischiare di dirlo qua su di un blog, ma non riesco proprio a capire il cosa c’entri quel 60% (?); perché il restante 40%, non conta niente?
Mentre dall’altro “canto” il Matteo Marzotto sostiene che le Apt rappresentano un ottimo strumento per gestire a livello territoriale il sistema turistico italiano e d’essere contrario alla loro chiusura.
Parole che se dette in piena verità, condivido fermamente.
E’ anche vero che ci siano Apt e Apt, e sovente sono troppo vicine tra loro, mentre a volte non contribuiscono alla massimo delle loro possibilità, ma il fermarle a danno di un sistema certamente più qualificato del “piccolo”, personalmente mi sembra ‘na bella str…anezza.
L’eccellenza parte anche e soprattutto dalle cose infinitesimali e se l’Italia vuole avere e dare quel piano tanto ricercato, ma per ora solo detto, di qualità, non può scarificare le identità territoriali che sono la ricchezza di qualsiasi regione e del nostro intero ed enorme patrimonio.
Dai, non scherziamo!
Ad ognuno il suo e una giusta collaborazione tra Provincia e Regione (a prescindere dalle differenti ideologie politiche), non può che portare a ottimi risultati.
Perchè non si deve chiuderle, ma migliorarle; e di margine ce n'è.

lunedì 2 agosto 2010

All’anno prossimo, Zappalà

Non ci credo, ma se così fosse, mi accontenterei che l’assessore al turismo Francesco Zappalà mantenesse, in un anno, il solo 20% delle innovazioni che vuole portare alla Regione Lazio.
Diciamo fino al 1° agosto del 2011.
Non è poco il 20% e non sarà facile, ma quello che conta è il primo periodo che notoriamente dev’essere affrontato a velocità doppia.
In verità, da quando pochi mesi fa è stato nominato dalla Polverini, ho letto cose rilasciate da lui che forse è meglio non ridire.
Non amo spargere sale sulle "ferite" altrui o "infierire" (Brambilla a parte ?), e l’ultima intervista concessa dall’assessore alla Giulia Tossici mi trova “quasi” pienamente in accordo.
Non che la mia opinione sia importante, per carità, ma credo sia bene “controllare”, nell’ambito che uno conosce meglio, il lavoro di chi dovrebbe produrre benessere e non solo parole.
Comunque e infatti:
Quali saranno le linee-guida che l’Assessorato seguirà per il turismo nei prossimi mesi?
Mi sono reso conto subito che c’è bisogno di dati sui flussi turistici nella Regione: c’è qualcosa su presenze, arrivi e tasso di occupazione camere ma mancano dati precisi sulle aree di provenienza dei turisti. È un vuoto da colmare per avviare una seria politica che miri a portare nel Lazio turisti fuori-regione. Tra i segmenti da rilanciare c’è il turismo scolastico, per la terza età e il termale: abbiamo realtà come Fiuggi, Sutri e Viterbo da far ripartire. Così l’offerta del Terminillo o i 362 km di spiagge sul litorale laziale, con alcune Bandiere Blu. E ancora un serie di realtà di eccellenza certificate “Bandiere Arancioni”. Tutto questo deve essere promosso: dopo l’Omaggio a Roma di Zeffirelli, abbiamo investito 200.000 euro per un altro filmato, stavolta sul Lazio, a cura di Folco Quilici. Sono materiali promozionali che verranno diffusi in tutto il mondo tramite le ambasciate d’Italia, gli istituti di cultura, il web e sui canali televisivi dei mercati turistici emergenti o ancora nei circuiti crocieristici e sulle principali rotte aeree internazionali.
E’ recente l’annuncio della prossima chiusura delle APT, in forza della legge quadro n°13/2007 di riassetto del settore. Prevarrà la linea della continuità?
L’approvazione della legge 13 stato un fatto molto importante. Dopo tre anni è fisiologica una sua revisione: l’impostazione resterà ma la parte applicativa andrà rivista. E’ da conservare l’idea del trasferimento di competenze dalle APT alle province, migliorandole e definendole meglio. Così anche per il varo di un piano triennale del turismo, che la legge prevede ma non è mai stato fatto. Cosa modificheremo? Parecchio: la classificazione delle strutture ricettive, alberghiere e non, l’impostazione dei rapporti con le associazioni di categoria e con quelle prive di valenza istituzionale. E l’esternalizzazione dei servizi, in cui credo molto se fatta bene: molte cose nell’ATL, ad esempio, andranno ripensate profondamente. E poi: basta coi finanziamenti a pioggia dalla Regione perché sono gli enti territoriali che conoscono più da vicino le situazioni specifiche.
La semplificazione burocratica è un vostro obiettivo strategico?
Senza dubbio lo è. Vorrei introdurre anche nel Lazio il principio del silenzio/assenso per semplificare i rapporti tra Pubbliche Amministrazione e imprese, che hanno diritto a risposte immediate. Basta trasferire a livello regionale una normativa nazionale che esiste, anche se è un po’ vaga: se entro trenta giorni dalla richiesta di un’autorizzazione non si riceve una risposta dalla PA competente, significa che è stata concessa. C’è poi la classificazione delle strutture ricettive da rivedere interamente, puntando all’omogeneità: dalle APT diverrà materia di competenza delle province, ma i principi verranno stabiliti dalla Regione e saranno uguali per tutti. Poi alle attribuzioni penseranno gli enti territoriali.
State mettendo in campo molte misure per lo sviluppo del litorale del Lazio. Come volete impostare il discorso?
Noi punteremo al rilancio del Litorale. Ci sarà la Banca Dati sulle Spiagge, per monitorare strettamente gli eventuali abusi e è al via il progetto “Estate Sicura 2010” con baywatchers a garanzia dei turisti. In cima alla lista, però, ci sono anche la classificazione di qualità e la lotta contro il depauperamento dei nostri lidi: fino a oggi sono stati fatti solo provvedimenti-tampone, con la semplice aggiunta di sabbia. Invece bisogna studiare approfonditamente il problema, con il supporto di esperti internazionali, per pensare a interventi più efficaci. C’è poi il tema del demanio statale che sta passando agli enti territoriali: come Regione abbiamo già dato le deleghe. Sulle concessioni però bisogna che sia fatta chiarezza e un riordino di tutto il sistema perché il mare è una risorsa importantissima per il Lazio.

E’ noto però, che nei nuovi insediamenti e per qualsiasi settore, chi ci si trova, si metta subito a informarsi delle “pecche”, e che quindi poi segua una definizione del da farsi, come nel caso di questa intervista.
Il problema sta che subito dopo non cambia nulla, e niente negli anni a venire; i preposti pensano solo ad arrangiare qualche “amico” o parente di qui e di là; a parlar male delle altre gestioni e qualcos’altro che non sto qui a dire …. eccetera eccetera.
Come detto, mi ci trovo “quasi” in accordo ed è facile evincere che l’inesperienza del Zappalà nel turismo, l’abbia portato a dare delle disamine non certo pertinenti con la logica professionale dell’assessorato.
Una tra queste è la classificazione alberghiera che secondo lui andrebbe rivista (ma come?) … ma questa è un’altra storia, e soprattutto ci vuole troppo tempo per spiegarla.
Concludo augurandomi del raggiungimento di quel 20% del dichiarato dal Zappalà, altrimenti avrò molto altro da scrivere. Sempre per dare una mano, per carità.

P.S.: Personalmente non ritengo che in Italia ci sia qualcuno che possa gestire una scuola di alta formazione sul turismo sullo stile dell’EHL di Losanna, tanto per fare un nome, e se proprio la si vuole, mi farebbe piacere sapere il nome di chi la dirigerà, nonché quello dei futuri docenti.
E che non abbiano tutti lo stesso cognome, o di quelli che … per piacere!

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