giovedì 19 agosto 2010

I Baroni de La Sapienza e la Principessa Ifigonia

La mia opinione sulla gran parte delle Università italiane preposte al turismo è oramai risaputa.
Anche nelle più piccole sfaccettature.
Infatti di queste ne ho talmente “pena”, che se le potessi giudicarle pena-lmente, diventerebbero una “pena” piena o molteplici ergastoli a vita!
Ma non è certamente questo quello che conta o che può importare, come ben poco importa la loro opinione nei confronti di chi li ostenta.
Sono i fatti e i risultati che contano, il resto è solo aria fritta.
Una massa di … vabbè, lasciamo perdere che è meglio.
Comunque conta o non conta, apro il giornale e leggo che i “potentati” della La Sapienza di Roma, avranno altri dieci anni per deliziarci delle loro edotte conoscenze e grande dottrina.
Noi siam felici, noi siam contenti; le chiappe del cul porgiam riverenti; intonavano le Vergini de "La Principessa Ifigonia" qualche tempo fa, dove il Gran Cerimoniere di rimando: “Adesso andate tutti fuori dai coglioni, per lasciar posto a Principi e Baroni…”
Solo che il posto non lo lasciamo noi, no, sono loro che se lo tengono ben stretto e per non "perderlo" si sono studiati anche questa che segue...
... infatti l’Università di Roma La Sapienza, in linea con il generale sentire del Paese e con il bisogno di apertura alle giovani generazioni, ha appena aperto le posizioni per il titolo di Professore Senior Sapienza e Ricercatore Senior Sapienza.
In una parola, con questo titolo di nuova coniazione, i professori obbligati per legge dello Stato ad andare in pensione attorno ai 65 anni possono mantenere il “careghino” sino al 75° anno, mentre "quelli" del turismo potranno, per altri 10 anni, continuare a seminare … boh (?), forse è meglio dire, a raccogliere.
Quind ecco come, in seguito certamente emulati da chissà quanti e quali altre Università, si aggirano le leggi generali dello Stato.
Vi sembra giusto (?) ... alla faccia del rinnovamento o dell’innovazione.
Stessa identica cosa è accaduta con i concorsi (cambiate le regole, ma non riaperti) e con molte altre questioni.
Come vedete La Sapienza, nei fatti, dimostra quello che vuole essere spesso, un arroccamento di privilegi, e in particolare per i più anziani.
E generalizzando … alcuni nel mondo e in Italia si chiedono ancora perché nelle graduatorie sulle migliori università del mondo, i nostri atenei facciano sempre una pessima figura, mentre Paolo Bertinetti, preside della facoltà di lingue e letteratura a Torino afferma di «non aver mai conosciuto nessuno che sia diventato professore solo in base ai propri meriti». Stefano Podestà, ex ministro dell’Università nel 1996 ha dichiarato: «I rettori italiani? La metà di loro è iscritta alla massoneria». Mentre, dati alla mano, Carlucci e Castaldo (Un Paese di Baroni) scrivono che «i rettori hanno famiglia in 25 delle 59 università statali italiane. Quasi il 50% (il 42,3 per l’esattezza) ha nella medesima università un parente stretto, quasi sempre un altro docente». Più chiara ancora la ricostruzione di un dialogo tra docenti nella deposizione rilasciata all’autorità giudiziaria da Massimo Del Vecchio, professore di matematica a Bari – «Se non vengo io, tu non sarai nominato preside» – «Che cosa vuoi in cambio?» – «Due miei parenti falli entrare…». Carlo Sabba, uno dei professori che si è ribellato al sistema dei concorsi truccati, conclude amaramente: «Se non si spezza questa catena, i giovani saranno a immagine e somiglianza di chi li ha arruolati, e tutto rimarrà uguale».
Privilegi, concorsi truccati, reti di parentele intrecciate, infiltrazioni mafiose, gerarchie nazionali su chi comanda e dove, criteri gerontocratici di scelta, lobby bianche, rosse e nere, intrecci politici ed economici nella selezione dei docenti fa un effetto devastante agli occhi del globo intero.
Basta leggere cosa dice il Cnvsu, il Comitato di valutazione universitaria: il 90,2% dei docenti vincitori di concorso dal 1999 al 2007 provenivano dallo stesso ateneo che aveva messo a bando la cattedra. Con l’autonomia universitaria del 1999 poi (finanziaria e contabile) si sono moltiplicati i docenti e i corsi di laurea più bizzarri. Gli insegnamenti sono raddoppiati: da 85mila a 171mila. Con una proliferazione che non ha eguali nel mondo: in Italia esistono 24 facoltà di Agraria, in California tre, in Olanda solo una.
Forse è anche per tutto questo che secondo i dati Ocse del settembre 2008 solo il 17% della popolazione italiana tra i 24 e i 34 anni ha conseguito una laurea (contro la media dei paesi Ocse del 33%) e solo il 45% degli iscritti arriva alla laurea, meno del Cile e del Messico e sotto la media Ocse del 69%?
Quelli del turismo?
Beh, sono sicuro che il Cnvsu che ha fatto questa statistica, le "cariatidi" del turismo non l'abbiano calcolati a parte, quindi … ce li teniamo anche loro per altri dieci anni; tanto il turismo, in Italia, va proprio "tanto, assai, molto" bene, no?
Ma si, facciamoci del male.
Con l'aiuto "involontario" di Antonino Saggio e Iacopo Gori

3 commenti:

  1. Oh questa poi.
    Grande Luciano e concordo in ogni cosa, anche sulla Principessa Ifigonia.
    Che bei tempi!!!
    ;-)

    RispondiElimina
  2. Non dovrebbero essere permesse queste cose.
    Perchè allora non ampliarle anche a tutti gli altri mestieri?

    E' uno schifo!
    Grazie dell'ospitalità

    Freius

    RispondiElimina
  3. Sapienza... Il mio unico pentimento è stato quello di non averla abbandonata prima. Chimica industriale: Studenti sottomessi, baroni scocciati mascherati da docenti tra l'altro incapaci, laboratori ridicoli e un mare di lecca culo... ADDIOS!! Suzana

    RispondiElimina

Visualizzazioni totali