“Di certo non
doveva essere lì una
nave di quelle dimensioni non può far manovra in quella zona”, ha
commentato il presidente dell’Autorità portuale di Genova, Luigi Merlo.
Un nome tristemente noto, quel Jolly, che ha segnato gli ultimi 25 anni delle cronache italiane, tra sfortunate vicende e sospetti di traffico di rifiuti radioattivi.
Un nome tristemente noto, quel Jolly, che ha segnato gli ultimi 25 anni delle cronache italiane, tra sfortunate vicende e sospetti di traffico di rifiuti radioattivi.
E incasellandosi
di diritto, almeno in un paio di eventi, nel capitolo degli enigmi di Stato.
Un’ondata di misteri e criminalità organizzata che gira intorno ad alcune, due
in particolare, bestioni della Messina: la Jolly
Rosso e la Jolly Amaranto.
La lunga lista
delle vicissitudini dell’armatore genovese, almeno in epoca recente, che è stata
fondata negli anni Venti, inizia nel 1987,
quando nella notte fra i 2 e il 3 settembre la Jolly Rubino subisce uno dei primi attacchi pirateschi della storia moderna da parte dei
Guardiani della rivoluzione iraniani. Alcuni membri dell’equipaggio rimangono
feriti, interviene la Marina militare. Sulla stessa nave molti anni dopo, il 10
settembre 2002,
scoppia un furioso incendio mentre procede non distante dalle
coste delSudafrica, sulla rotta Durban-Mombasa.
L’equipaggio viene
portato in salvo da un elicottero mentre divampano le fiamme, la
portacontainer, zeppa di merce
pericolosa (vernici,
resine, additivi, gomma), naufraga e si spiaggia sulla costa di uno dei parchi
naturali più noti, il Greater St Lucia Wetland Park. Una Costa
Concordia ante
litteram: sette milioni di dollari sborsati dalla compagnia per le
operazioni di contenimento dei materiali e recupero del carburante.
I pirati torneranno a bussare alle lamiere genovesi sette anni dopo, nell’aprile 2009, con l’attacco subito dalla Jolly Smeraldo al largo di Mogadiscio: in quel caso la nave italiana riuscì nelle manovre di allontanamento in due occasioni di seguito.
I pirati torneranno a bussare alle lamiere genovesi sette anni dopo, nell’aprile 2009, con l’attacco subito dalla Jolly Smeraldo al largo di Mogadiscio: in quel caso la nave italiana riuscì nelle manovre di allontanamento in due occasioni di seguito.
I casi più
eclatanti, tuttavia, sono quelli della Jolly
Rosso I(ribattezzata solo Rosso appena un anno prima dell’incidente),
la cosiddetta nave dei
veleni, e dellaJolly Amaranto.
La prima si arenò,
dopo aver navigato per ore alla deriva con l’equipaggio già portato in salvo da
due elicotteri della Guardia Costiera, il 14 dicembre 1990 sulla spiaggia di Formiciche, ad
Amantea, Cosenza.
Tre le inchieste, tutte archiviate, che
hanno ruotato fondamentalmente intorno all’effettivo contenuto della
motonave: la prima dal sostituto procuratore di Paola, Domenico
Fiordalisi, nel 1992, che ne ordinò la demolizione.
Poi, nel 1999, la
richiesta d’archiviazione del sostituto procuratore di Reggio Calabria Albero
Cisterna e infine nel 2009 quella del sostituto procuratore di Paola Francesco
Greco.
Pur non avendo
elementi sufficienti sulla compagnia Messina, tutti esprimono nei loro
documenti molti e pesanti dubbi sul carico
effettivo, sul ruolo di alcuni personaggi che hanno ruotato intorno
alla vicenda, sulla ditta olandese prima assoldata per il recupero, poi pagata
e allontanata, sullafalla misteriosa e
sui rifiuti trasportati in gran fretta
dalle stive della nave a due discariche nei pressi del comune calabrese.
E infine, su chi
ha potuto interrare migliaia
di metri cubi di rifiuti tossici e radioattivi nel fiume Olivo, proprio dove la nave
spiaggiò.
Ma le indagini rimangono
aperte. A questo caso, e in generale al traffico di rifiuti tossici dall’Italia
ai Paesi africani, oltre che alle presunte pratiche d’interramento e
affondamento di navi zeppe di materiali speciali e radioattivi, è stato
collegato l’omicidio della giornalista Ilaria
Alpi e del suo operatore Miran Hrovatin il 20 marzo del 1994 a Mogadiscio.
La Jolly Amaranto, altra nave dal carico composito, si è invece arenata all’imbocco del porto diAlessandria d’Egitto il 13 dicembre 2010. Prima dello strano incidente l’imbarcazione era rimasta in balia delle onde per tre giorni e tre notti a una trentina di miglia dall’approdo, a causa di un’avaria ai motori.
La Jolly Amaranto, altra nave dal carico composito, si è invece arenata all’imbocco del porto diAlessandria d’Egitto il 13 dicembre 2010. Prima dello strano incidente l’imbarcazione era rimasta in balia delle onde per tre giorni e tre notti a una trentina di miglia dall’approdo, a causa di un’avaria ai motori.
Alla fine due
rimorchiatori sono riusciti ad agganciarla e l’hanno trainata fino all’ingresso
del porto: nonostante l’estrema cautela della manovra una delle due pilotine è
entrata in avaria e la Amaranto ha iniziato a imbarcare acqua, inclinandosi da
un lato e affondando.
Tutti salvi i 21
membri dell’equipaggio.
Poche ore fa,
l’ennesimo capitolo della pluriennale vicenda targata Jolly.
?
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