L’ignoranza è sempre stata la migliore alleata della speculazione, mentre la parziale professionalità dei “professoroni” nazionali, le università, gli enti, le associazioni, la politica assente, l’imprenditorialità alberghiera proveniente dal settore delle costruzioni che hanno interessi forti nel settore immobiliare, e che sono quindi imprenditori che vedono il business più nel “mattone” che nella gestione, hanno contribuito allo stallo attuale del turismo alberghiero e non solo.
Ad esempio cito fra i più significativi:
Atahotels (gruppo Ligresti), Starhotels (famiglia Fabri), Framon Hotels (famiglia Franza), AcquaMarcia (famiglia Caltagirone), eccetera, eccetera; tuttavia questo fenomeno è ancor più marcato in presenza di aziende di minori dimensioni.
Alcuni immobiliaristi, seppur con alterne fortune, hanno compiuto operazioni di grande visibilità legate ad alberghi storici.
Ne consegue che spesso la proprietà dell’immobile e della gestione coincidono e che dunque in molti casi il brand/insegna con cui viene gestito l’hotel è del proprietario.
Solo di recente si è fatta strada con più decisione tra i proprietari/gestori l’idea di affidare il loro immobile e la loro azienda ad un marchio internazionale, pur continuando a gestire direttamente, spesso in prima persona, assumendo ruoli chiave dell’azienda.
Questa situazione ha fortemente condizionato lo sviluppo del settore alberghiero italiano, che si presenta con caratteristiche di frammentazione e di ridotta presenza delle catene alberghiere, di scarsissima dimensione media delle singole unità.
Il risultato è quello che conosciamo.
Infatti, l’Italia, pur vantando il terzo patrimonio alberghiero del mondo (dopo USA e Giappone), non ha compagnie alberghiere italiane di livello internazionale, cioè che superino la quota di 100 unità operative; infatti la prima classificata nel ranking occupava solo il 120° posto; adesso credo che la prima sia addirittura oltre la 200esima posizione.
Le prime tre compagnie italiane non raggiungono la dimensione minima ( per n. camere ) della più piccola catena americana.
Inoltre la presenza delle catene in Italia copre solo il 6% sul totale delle strutture e questo naturalmente comporta delle problematiche non da poco che spiegherò la prossima volta.
Se poi ci mettiamo le leggi e leggine con i decreti e i de cretini, che una mano non la danno di certo, il gioco è fatto.
Ma spiego meglio il perché.
L’unità alberghiera, che sia indipendente o di catena, può essere gestita direttamente dalla proprietà dell’edificio o da un soggetto terzo (con contratto di affitto, di management, di franchising), che può essere un singolo imprenditore come una società alberghiera.
Il proprietario a sua volta può gestire l’albergo con il nome che preferisce oppure affiliarsi a una società di franchising che gli fornirà il logo del brand e il know how su come gestire e commercializzare l’albergo.
Può anche affiliarsi a una società o a un consorzio di commercializzazione: in quel caso il logo dell’albergo resta il suo.
Infine, l’albergo di catena assume il nome della catena o di uno dei brand della catena se la catena alberghiera è una società multimarchio.
Dopo la seconda guerra mondiale, quando il fenomeno turistico è diventato sempre più industriale sia nelle dimensioni che nella cultura della gestione, si sono affermati sostanzialmente due modelli: quello delle grandi catene nazionali e internazionali (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Spagna) e quello delle gestioni dirette (singole o di cluster): Italia, Svizzera, Austria, Germania.
Il Giappone, che possiede il secondo patrimonio alberghiero mondiale dopo quello degli Stati Uniti e prima di quello italiano, è a cavallo di queste due esperienze perché le catene alberghiere spartiscono il mercato con i ryokan, i piccoli alberghi della tradizione, assai diffusi, che fanno capo a proprietà e a gestioni polverizzate.
Il cluster alberghiero, cioè la gestione di più alberghi da parte della stessa società, si differenzia dalla catena sia per le dimensioni (non supera di norma le 10 unità) che per la diffusione: non supera i confini della propria regione.
La catena nazionale di conseguenza può anche essere relativamente piccola, dalla dozzina alla trentina di alberghi, ma deve avere una diffusione nazionale.
In Italia ci sono stati alcuni tentativi di creare grandi catene alberghiere nazionali: Gaetano Marzotto con la Jolly Hotels, fondata sul finire degli anni ‘40, ed Enrico Mattei con i Motelagip, fondati negli anni ’60.
Il primo, il Motelagip di Macerata, è appunto del 1960.
I Jolly Hotels arrivarono a quota 61 prima che l’esperienza incominciasse a scemare nella quantità fino ad assestarsi tra i 30 e i 40 (con alcuni alberghi all’estero in Francia, Inghilterra e Germania). Pochi anni fa, come ho scritto nel precedente post, la Jolly Hotels della famiglia Zanuso-Marzotto fu scalata in Borsa da una cordata formata dal Gruppo bancario Intesa Sanpaolo, uno dei maggiori in Italia, e dalla spagnola NH Hoteles, che li ha incorporati nel proprio portafoglio assieme ai Framon Hotels, catena alberghiera di origine siciliana, fondata dalla famiglia Franza, che possedeva prestigiosi alberghi in Sicilia, a Firenze, Roma, Milano e Venezia.
NH Hoteles allo stato attuale risulta la maggiore compagnia alberghiera in Italia con oltre 50 alberghi e 8.000 camere.
Nel mondo, NH Hoteles gestisce 349 alberghi con più di 52.793 camere in 22 Paesi di Europa, America e Africa.
Semi, la compagnia che possedeva i Motelagip, arrivata sull’orlo della bancarotta, a inizio anni ‘90 fu spartita affidando gli alberghi più interessanti o con le location più promettenti all’inglese Trusthouse Forte di Sir Charles Forte, che dette vita alla Forte Agip International.
Trusthouse Forte, una delle maggiori catene alberghiere del mondo con oltre 800 alberghi, fu a sua volta scalata in Borsa da Granada, società televisiva inglese, che dopo aver acquistato l’intero portafoglio ne disperse gli alberghi collocati all’estero o non focalizzati sul settore Business.
Sette Forte Agip International italiani finirono nel portafoglio di Alliance Alberghi, società di gestione alberghiera che continua ad amministrarli in franchising con i marchi Holiday Inn e Crowne Plaza.
Metha Italia è stata un’altra società italiana nata per gestire alberghi con marchi in franchising.
Gestisce 19 alberghi con i marchi Courtyard, Holiday Inn, Express by Holiday Inn.
Fuori Italia gestisce un albergo a Lugano e uno a Parigi.
Altre compagnie alberghiere italiane di dimensioni nazionali sono la torinese THI, la padovana Boscolo (che gestisce alberghi anche a Nizza, Lione, Praga e Budapest), l’italoinglese Rocco Forte Collection (gestisce alberghi anche a Bruxelles, Ginevra, Praga, Francoforte, Monaco di Baviera, Berlino, Edinburgo, Manchester, Londra, San Pietroburgo), la fiorentina Starhotels (possiede lo Starhotels Michelangelo a New York), la parmense Myhotels, la milanese Domina Hotels (ha alberghi anche a Rotterdam, Bad Kreuznach, Riga, Tallinn, Kaliningrad, San Pietroburgo, Budapest, Tyumen, Novosibirsk, Tomsk, Sharm el Sheikh, Hurgada, Aqaba, Luxor), la fiorentina Sina Hotels del presidente di Federalberghi Bernabò Bocca, la milanese Atahotels della famiglia Ligresti.
Altre compagnie alberghiere stanno cercando di crescere su scala nazionale: Eleganzia (Forte Village e La Maddalena Hotel & Yacht Club in Sardegna, Castel Monastero in Toscana: fa capo tra gli altri a Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, che è già albergatrice con alberghi in Veneto e in Puglia) ed Exclusive Hotels (della famiglia Iannotta) nel settore lusso, Ora Hotels, Mobygest.
Altre compagnie alberghiere nazionali come Blu Hotels fanno capo a tour operators specializzati nei villaggi vacanze.
Molte compagnie alberghiere internazionali hanno cercato di espandersi in Italia con relativo successo, da InterContinental Group (con i marchi InterContinental, Holiday Inn, Express by Holiday Inn, Crowne Plaza) a Hilton (The Waldor Astoria, Hilton, Garden Inn, Double Tree), Marriott (Marriott, Courtyard), Accor (Sofitel, Novotel, Ibis, Mercure), Starwood (Sheraton, St. Regis, Westin, Four Points, Meridien).
Il risultato?
Meno del 6 per cento dei 33.000 alberghi italiani fa capo a compagnie alberghiere nazionali e internazionali, percentuale che sale considerevolmente se si valutano solo gli alberghi di categoria 4 e 5 stelle, mentre la città italiana più internazionale, anche dal punto di vista della presenza dei marchi alberghieri, è Milano.
Voi direte “che cosa c’entra tutto questo?”.
Bene, personalmente vi dico che c’entra, eccome se c’entra, soprattutto nel settore che mi compete; la qualità e la logistica.
Continua …
Ad esempio cito fra i più significativi:
Atahotels (gruppo Ligresti), Starhotels (famiglia Fabri), Framon Hotels (famiglia Franza), AcquaMarcia (famiglia Caltagirone), eccetera, eccetera; tuttavia questo fenomeno è ancor più marcato in presenza di aziende di minori dimensioni.
Alcuni immobiliaristi, seppur con alterne fortune, hanno compiuto operazioni di grande visibilità legate ad alberghi storici.
Ne consegue che spesso la proprietà dell’immobile e della gestione coincidono e che dunque in molti casi il brand/insegna con cui viene gestito l’hotel è del proprietario.
Solo di recente si è fatta strada con più decisione tra i proprietari/gestori l’idea di affidare il loro immobile e la loro azienda ad un marchio internazionale, pur continuando a gestire direttamente, spesso in prima persona, assumendo ruoli chiave dell’azienda.
Questa situazione ha fortemente condizionato lo sviluppo del settore alberghiero italiano, che si presenta con caratteristiche di frammentazione e di ridotta presenza delle catene alberghiere, di scarsissima dimensione media delle singole unità.
Il risultato è quello che conosciamo.
Infatti, l’Italia, pur vantando il terzo patrimonio alberghiero del mondo (dopo USA e Giappone), non ha compagnie alberghiere italiane di livello internazionale, cioè che superino la quota di 100 unità operative; infatti la prima classificata nel ranking occupava solo il 120° posto; adesso credo che la prima sia addirittura oltre la 200esima posizione.
Le prime tre compagnie italiane non raggiungono la dimensione minima ( per n. camere ) della più piccola catena americana.
Inoltre la presenza delle catene in Italia copre solo il 6% sul totale delle strutture e questo naturalmente comporta delle problematiche non da poco che spiegherò la prossima volta.
Se poi ci mettiamo le leggi e leggine con i decreti e i de cretini, che una mano non la danno di certo, il gioco è fatto.
Ma spiego meglio il perché.
L’unità alberghiera, che sia indipendente o di catena, può essere gestita direttamente dalla proprietà dell’edificio o da un soggetto terzo (con contratto di affitto, di management, di franchising), che può essere un singolo imprenditore come una società alberghiera.
Il proprietario a sua volta può gestire l’albergo con il nome che preferisce oppure affiliarsi a una società di franchising che gli fornirà il logo del brand e il know how su come gestire e commercializzare l’albergo.
Può anche affiliarsi a una società o a un consorzio di commercializzazione: in quel caso il logo dell’albergo resta il suo.
Infine, l’albergo di catena assume il nome della catena o di uno dei brand della catena se la catena alberghiera è una società multimarchio.
Dopo la seconda guerra mondiale, quando il fenomeno turistico è diventato sempre più industriale sia nelle dimensioni che nella cultura della gestione, si sono affermati sostanzialmente due modelli: quello delle grandi catene nazionali e internazionali (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Spagna) e quello delle gestioni dirette (singole o di cluster): Italia, Svizzera, Austria, Germania.
Il Giappone, che possiede il secondo patrimonio alberghiero mondiale dopo quello degli Stati Uniti e prima di quello italiano, è a cavallo di queste due esperienze perché le catene alberghiere spartiscono il mercato con i ryokan, i piccoli alberghi della tradizione, assai diffusi, che fanno capo a proprietà e a gestioni polverizzate.
Il cluster alberghiero, cioè la gestione di più alberghi da parte della stessa società, si differenzia dalla catena sia per le dimensioni (non supera di norma le 10 unità) che per la diffusione: non supera i confini della propria regione.
La catena nazionale di conseguenza può anche essere relativamente piccola, dalla dozzina alla trentina di alberghi, ma deve avere una diffusione nazionale.
In Italia ci sono stati alcuni tentativi di creare grandi catene alberghiere nazionali: Gaetano Marzotto con la Jolly Hotels, fondata sul finire degli anni ‘40, ed Enrico Mattei con i Motelagip, fondati negli anni ’60.
Il primo, il Motelagip di Macerata, è appunto del 1960.
I Jolly Hotels arrivarono a quota 61 prima che l’esperienza incominciasse a scemare nella quantità fino ad assestarsi tra i 30 e i 40 (con alcuni alberghi all’estero in Francia, Inghilterra e Germania). Pochi anni fa, come ho scritto nel precedente post, la Jolly Hotels della famiglia Zanuso-Marzotto fu scalata in Borsa da una cordata formata dal Gruppo bancario Intesa Sanpaolo, uno dei maggiori in Italia, e dalla spagnola NH Hoteles, che li ha incorporati nel proprio portafoglio assieme ai Framon Hotels, catena alberghiera di origine siciliana, fondata dalla famiglia Franza, che possedeva prestigiosi alberghi in Sicilia, a Firenze, Roma, Milano e Venezia.
NH Hoteles allo stato attuale risulta la maggiore compagnia alberghiera in Italia con oltre 50 alberghi e 8.000 camere.
Nel mondo, NH Hoteles gestisce 349 alberghi con più di 52.793 camere in 22 Paesi di Europa, America e Africa.
Semi, la compagnia che possedeva i Motelagip, arrivata sull’orlo della bancarotta, a inizio anni ‘90 fu spartita affidando gli alberghi più interessanti o con le location più promettenti all’inglese Trusthouse Forte di Sir Charles Forte, che dette vita alla Forte Agip International.
Trusthouse Forte, una delle maggiori catene alberghiere del mondo con oltre 800 alberghi, fu a sua volta scalata in Borsa da Granada, società televisiva inglese, che dopo aver acquistato l’intero portafoglio ne disperse gli alberghi collocati all’estero o non focalizzati sul settore Business.
Sette Forte Agip International italiani finirono nel portafoglio di Alliance Alberghi, società di gestione alberghiera che continua ad amministrarli in franchising con i marchi Holiday Inn e Crowne Plaza.
Metha Italia è stata un’altra società italiana nata per gestire alberghi con marchi in franchising.
Gestisce 19 alberghi con i marchi Courtyard, Holiday Inn, Express by Holiday Inn.
Fuori Italia gestisce un albergo a Lugano e uno a Parigi.
Altre compagnie alberghiere italiane di dimensioni nazionali sono la torinese THI, la padovana Boscolo (che gestisce alberghi anche a Nizza, Lione, Praga e Budapest), l’italoinglese Rocco Forte Collection (gestisce alberghi anche a Bruxelles, Ginevra, Praga, Francoforte, Monaco di Baviera, Berlino, Edinburgo, Manchester, Londra, San Pietroburgo), la fiorentina Starhotels (possiede lo Starhotels Michelangelo a New York), la parmense Myhotels, la milanese Domina Hotels (ha alberghi anche a Rotterdam, Bad Kreuznach, Riga, Tallinn, Kaliningrad, San Pietroburgo, Budapest, Tyumen, Novosibirsk, Tomsk, Sharm el Sheikh, Hurgada, Aqaba, Luxor), la fiorentina Sina Hotels del presidente di Federalberghi Bernabò Bocca, la milanese Atahotels della famiglia Ligresti.
Altre compagnie alberghiere stanno cercando di crescere su scala nazionale: Eleganzia (Forte Village e La Maddalena Hotel & Yacht Club in Sardegna, Castel Monastero in Toscana: fa capo tra gli altri a Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, che è già albergatrice con alberghi in Veneto e in Puglia) ed Exclusive Hotels (della famiglia Iannotta) nel settore lusso, Ora Hotels, Mobygest.
Altre compagnie alberghiere nazionali come Blu Hotels fanno capo a tour operators specializzati nei villaggi vacanze.
Molte compagnie alberghiere internazionali hanno cercato di espandersi in Italia con relativo successo, da InterContinental Group (con i marchi InterContinental, Holiday Inn, Express by Holiday Inn, Crowne Plaza) a Hilton (The Waldor Astoria, Hilton, Garden Inn, Double Tree), Marriott (Marriott, Courtyard), Accor (Sofitel, Novotel, Ibis, Mercure), Starwood (Sheraton, St. Regis, Westin, Four Points, Meridien).
Il risultato?
Meno del 6 per cento dei 33.000 alberghi italiani fa capo a compagnie alberghiere nazionali e internazionali, percentuale che sale considerevolmente se si valutano solo gli alberghi di categoria 4 e 5 stelle, mentre la città italiana più internazionale, anche dal punto di vista della presenza dei marchi alberghieri, è Milano.
Voi direte “che cosa c’entra tutto questo?”.
Bene, personalmente vi dico che c’entra, eccome se c’entra, soprattutto nel settore che mi compete; la qualità e la logistica.
Continua …
Caro Luciano, so perfettamente che non ami i complimenti ma tra le parentesi al posto dei puntini(.........) mettici quelli che vuoi tu.
RispondiEliminaQuello che ho letto è F A N T A S T I C O e non vedo l'ora delle tue conclusioni.
Fai presto!!!
B.C.
Ma allora perchè da sempre sei d'accordo sulle catene alberghiere se hai scritto questo articolo?
RispondiElimina@Vincenzo
RispondiEliminaGuarda che hai fatto un interrogativo.
;.)
@Vinc
RispondiEliminaCi sei ricaduto?
Eh?
Cosa dici?
Allora?
Mi senti?
Vincenzoooooo
@sergio
RispondiEliminaEh?
Cos'è diventato qui, un blog di scherzi?
RispondiEliminaA parte quest'ultimi, gli scherzi, a quando la continuazione del post?
Scusa l'interrogativo!!!
:-D
@Vinc
RispondiEliminaEh?
Mr. Ardoino,
RispondiEliminai miei complimenti per l'analisi sunta e precisa.
Volevo solo aggiungere (perchè fosse ancor più chiaro a chi legge) che, dal momento che sono entrati nel mercato dell'hotellerie gli impresari immobiliari o sono nate costruzioni immobiliri ricettive quali asset di società varie, il settore turistico ricettivo combatte con numerose strutture (in genere cattadrali nel deserto e giocattoli di famiglia) che con l'andar del tempo, sia per location sia per mancanza di competenze, hanno e fanno acqua e l'unico risultato odierno è quello di erodere il mercato e fare dumping sullo stesso.
Ancora i miei complimenti
Andrea P.
@Andrea P.
RispondiEliminaCaro Andrea P. hai appena acceso la miccia ma non vorrei "sparare" troppo in alto, si corre il rischio di non colpire il bersaglio.
Mi limito pertanto a dire che questo è uno dei grandi mali del nostro turismo che purtroppo nessuno ha mai conteso. E mi riferisco a chi dovrebbe ma che probabilmente ... vabbè sono sicuro d'essere stato compreso.
La soluzione c'è e non è neanche difficile da attuare, ma in questo caso il discorso è veramente molto lungo.
Ringrazio e saluto
P.S.: Credo di poter aggiungere qualcosa di più preciso nei prossimi.
Caro Luciano
RispondiEliminamolto interessante il tuo articolo, sono semplicemente un forte utilizzatore di alberghi in italia e nel mondo per motivi di lavoro, sono arrivato su questo blog mentre ero alla ricerca di notizie sull'improvviso abbandono di marchi Holiday Inn Express degli Hotel del gruppo Metha che non ho trovato.
E' una mia impressione o in generale, non riferito a questo specifico caso, brilliamo per inadeguatezza e improvvisazione dell'imprenditoria italiana dell'hotellerie... ?
Roberto Bologna
grazie
Caro Roberto,
RispondiEliminaL'Holliday Inn ha appena rinnovato 2.000 alberghi nel mondo e la Metha era presente sia alla Bit di Milano che alla recente di Napoli.
E' di poco tempo fa la notizia che il Crowne Plaza Milan-Malpensa Airport e Holiday Inn Express Milan-Malpensa Airport del gruppo InterContinental hanno aderito al progetto "Road to Wellness" che altro non è che andare in bicicletta tra valli e laghi fermandosi in ristoranti tipici.
Quindi la tua mi giunge nuova e sicuramente cercherò delle informazioni tra i conoscenti che inserirò nei commenti non appena a conoscenza.
Per quanto riguarda la tua impressione sull'inadeguatezza e improvvisazione dell'imprenditoria italiana dell'hotellerie, beh, che dire; tu stesso che viaggi molto puoi ben constatare che la qualità in Italia è ben lungi da quello che ci raccontano i professoroni che appaiono in TV, giornali eccetera.
Mentre il resto è anche peggio, e mi riferisco alla scuola, associazioni, enti, politica, industria e tutto quello che contorna questo settore.
Un momento, riporto solo quello che è evidente agli occhi di tutti, anche ai miei che sono mezzo orbo.
Un caro saluto
BEH... potevate almeno CITARE l'autore della vignetta (IO) invece di pubblicarla addirittura SENZA la mia firma :(
RispondiElimina@PV
RispondiEliminaCiao, lo farò immediatamente ma la vignetta la presi così dal web.
Comunque t'informo che seguendo le tue da tempo, ne ho inserite moltissime qui sul blog e tutte hanno la firma PV.
Un cordiale saluto e complimenti ... scusandomi dell'accaduto.
:)