Era una notte buia e la pioggia scendeva a dirotto di sbieco a mò di sfiga!
E detto non mi permetteva nemmeno il buon uso del parapioggia, mentre in pochi metri dal taxi al … mi ritrovai infradiciato dalla testa ai piedi.
Il para qualcosa mi scarrozzava tra le mani da una parte all’altra mentre l’ultima folata di un vento così forte e gelido, lo tolse all’improvviso dall’insicura mia presa.
E lo vidi per la penultima volta che svolazzava per poi incastrarsi definitivamente tra le doghe rotte di una persiana semi divelta di un albergo nei pressi.
Proprio in quella Locanda, la locanda del “Tempo che fu”, che gli organizzatori m’avevano da tempo già destinato.
Eh si, mi trovavo in quel posto per un meeting (qualcuno crede ancora nella mia esperienza) dove avrei dovuto “umilmente” elencare le necessità della qualità del settore alberghiero (turistico in generale) e del personale che ivi lavora, ad una platea di “professoroni” del settore.
A quel tempo non sapevo ancora se i programmatori dell’evento e dell’invito mi tenessero molto in considerazione, ma la prenotazione in quella Locanda mi tolse ogni dubbio.
Del tempo che fu perché dopo questo racconto della mia fantasia, ahimè non mi parlerà più!
Pace e amen, ma l'è solo uno scherzetto, anche perchè vorrei farle capire che ... forse la Rosa non è mai esistita (forse) perchè un buon (?) non s'allontana mai dal posto di lavoro senza aver il sostituto in qualsiasi settore dell'albergo ... e non sta granchè bene dire le bugie (ari forse) poichè queste hanno le gambette corte!
Comunque e visto che ci siamo, ecco la mia ... bugia.
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… all’ingresso della Locanda era acquattata la Viola (la governante del Grand Hotel ?), una signora sui 120 chili veramente mal distribuiti, e che lasciava trasparire nelle maglie delle sue calze a rete (oramai ridotte a soli tre o quattro buchi), un quantitativo industriale di grasso, il quale fuori bordava trascinandosi dei peli enormi.
Non si alzò e né tantomeno tentò di farlo pur non appena socchiusi l’uscio per appropinquarmi alla reception (uscio per modo di dire poiché la stessa maniglia rimase in posizione verticale non appena l’agguantai per aprire e mi cadde sui piedi), e nel mentre forgiai il mio migliore sorriso.
Della "reception" preferisco non proferire parola.
Lei, la Viola, grugnì un qualcosa che non ebbi modo di comprendere.
Probabilmente fu solo un rutto dovuto ad una pietanza appena deglutita e contenente una buona dose di cipolla ed aglio mista a chissà che altro, considerando l’olezzo che si sprigionò dalle sue fauci.
“Buona sera” dissi, “dovrei avere una prenotazione a mio nome … “, e lei di rimando: “Si, lo so, è l’unica che abbiamo avuto negli ultimi tempi … la camera è la numero uno e questa è la chiave”.
Ancor oggi non riesco a ricordare se la Viola abbia accennato ad un saluto, ma soprattutto se la chiave allungatami fosse appartenuta precedentemente a qualche ingrassatore di motori o qualcosa del genere.
Le macchie unte che infatti mi finirono sul palmo della mano e sulle dita n’ebbero dimora per molto tempo, seppur tentai nelle settimane a seguire lo sgrassamento col prodotto più idoneo al caso.
Mi sembrava di sognare ad occhi aperti, ma l’incubo non finì di li a poco.
E a poco varrebbe la descrizione del maleodorante corridoio, fumoso ed impolverato all’inverosimile, prima di giungere alla “fatidica” stanza.
Fu li che vidi di nuovo l’ombrello, anche perché la sua punta d’acciaio aveva rotto l’unico vetro ancora intatto (credo), e m’accorsi di botto che il riscaldamento era rotto, mentre eravamo proprio nei giorni della merla.
Nel bagno c'era ancora la "turca" con il buco che non si distingueva dal color periferico a questo.
E della camera pensate pure e tranquillamente al peggio che la vostra immaginazione può dare al peggior tugurio del mondo.
Ma statene certi che non vi basterà: quello che vidi fu ancor peggio del peggio!
Dipende dalla stanza, dalle aspettative, dal gusto, dalle necessità.
Per me fu terribile, perché è chiaro che fu l’esatto contrario degli alberghi magnifici e anche di quelli no, ma gestiti da un buon direttore a prescindere che questi appartengano a certe grandi catene e anche quelli non.
Anche un solo alberghetto.
Infatti ho sempre creduto che il buon personale dipenda solo ed esclusivamente da un direttore o proprietario eccezionale.
Il resto son balle!
Lì le stanze son tutte uguali, bui corridoi e scalini sbreccati raccordano percorsi dove non vorresti mai trovarti da solo.
Una bruttezza quasi ostentata, che traspare da mura scrostate e da mobili perfettamente accordati.
Una bruttezza cui non perdoni mai nulla.
Ma non proprio di questo volevo scrivere.
La mattina dopo la notte passata sull’angolo del letto, e ben attento a non toccare nulla né tantomeno a coricarmi maldestramente sulle lenzuola (ebbene sì, ho il brutto vizio di alzarmi presto anche quando non serve), scendo in una sala colazioni ancora deserta (ovvio, ero il solo cliente) e lugubre, e rincontro la Viola che dimenandosi tra i tavoli s’avvicina grugnendo a me.
Le chiedo informazioni sue e dell'hotel, perché in fondo volevo capire il motivo di tale trasandatezza.
Ma proprio mentre sto domandando mi pento, ché alle sette del mattino le persone hanno da lavorare, non hanno tempo di star dietro alle frivole favole di quelli come me.
Quelli come me, è noto, son brutta gente, e sempre pronti a criticare il “lavoro” degli altri.
Ma pensiero ed azione non si coordinano bene la mattina presto, la voce non viene fermata in tempo e la domanda è ormai posta.
A sorpresa, però, Viola spalanca gli occhi vivaci e mi racconta quasi orgogliosa dell'hotel, mi porta a vedere un balcone ormai fatiscente, mi spiega le preferenze di stanze in base alla provenienza dei turisti.
E s’è allontanata dal luogo di lavoro anche perché non ci sarebbe stato nessun’altro cliente, poiché in caso contrario avrebbe fatto molto male.
Ma la Viola poteva saperla sta cosa?
Se ho capito bene gli stranieri preferiscono le stanze all'ultimo piano, con vista sui tetti della città.
Gli italiani, invece, prediligono le stanze più "storiche", con molti segni del loro passaggio.
Gli italiani, invece, prediligono le stanze più "storiche", con molti segni del loro passaggio.
Poi mi spiega che spesso i mobili vecchi vengono scambiati dagli stranieri per mobili antichi, che non viene percepita la differenza di certi particolari e si arrabbia.
Non posso non chiederle come è venuta a conoscenza di quanto mi ha detto e lo stupore questa volta è il mio nello scoprire che lei, molto spesso, di sera, fa bere quei pochi clienti, li intrattiene sino a notte fonda e li manda a dormire in bianco, assonnati e ubriachi.
E poi li deruba.
Una donna che sente proprio il luogo in cui lavora, che se ne sente parte al punto da prendere con trasporto ed emozione cose e persone.
Io non so dire se in assoluto alcune delle sue storie siano vere o pretestuose, frutto solo della sua fantasia.
So che una persona come Viola può essere una grande ricchezza per un albergo se questi è gestito da un buon direttore, ma se il direttore buono non è, questo è il risultato.
So che una persona come Viola può essere una grande ricchezza per un albergo se questi è gestito da un buon direttore, ma se il direttore buono non è, questo è il risultato.
So che se lei prova un tale "engagament" con il brand per cui lavora è perché qualcuno all'interno, molto probabilmente, usa la stessa attenzione con i clienti.
So che soprattutto grazie al direttore della Locanda del “Tempo che fu” (e non certo per colpa della Viola) io in quell'albergo non tornerò mai più.
Infatti non esistono dei cattivi o bravi dipendenti, ma solo ed unicamente dei buoni e bravi direttori o proprietari.
P.S.: Poi al meeting sul turismo non m’hanno fatto dire niente, anche perché non avrei potuto far la mia parte.
Lì si parlava di web 2.0 e della cosa ne so molto poco, ma quello che basta (credo).
Io devo più che altro “pensare” a rendere i “BBB” (bravi, belli e buoni) il personale alberghiero nonché l’albergo o la catena alberghiera (le programmazioni turistiche delle città nell'insieme), e vale a dire proprio come le lattine dei pelati.
Quelli del web 2.0 ne fanno la pubblicità ed io penso al contenuto (ossia che il pomodoro sia buono).
In definitiva la Viola è un po’ come nelle università di tutte le specie, dove se hai o trovi un buon insegnante o docente, di certo i ragazzi (o la Viola) diventano “BBB”.
Ma se per caso non ne trovi, beh; allora escono fuori delle Viola in gran quantità.