Il fatto è che la gente parla tanto e sovente troppo, e questo spiegarlo a Paolo Villaggio è probabilmente come rendere comprensibile il mistero della Santissima Trinità a un ateo.
L’esimio (per altri e non certo per me) concittadino non m’ha di certo mai entusiasmato, ma non è questo il problema, ognuno fa quello che gli pare e se poi non piace a tutti, che male c’è?
Io di guardarmi uno che fa la parodia di un fesso o di uno sfigato, proprio non me la sento, quindi …
Indubbiamente ha saputo mettersi in vista e non andrò di certo a cercare il come l’abbia fatto, poi se è diventato famoso per il fatto che l’ha messo in quel posto magari ad un altro (ipotesi irreale), sai chemmefrega ?
Tutt’al più sono fatti di quell’altro, se mai è esistito, capito né!
Comunque sia vengo al dunque e all’intervista telefonica fattagli da Radio 24 per opera di Giuseppe Cruciani che fa un po’ così.
Paolo Villaggio: “ … quelle Paraolimpiadi, tutto considerato, fanno molta tristezza, sinceramente non è che siano entusiasmanti, sono la rappresentazione di alcune disgrazie, ecco … non si dovrebbero fare, no, perché sembra una specie di riconoscenza o di esaltazione della disgrazia. E invece no, non fa ridere una partita di pallacanestro con gente seduta sulla sedia a rotelle. E’ una cosa bah, io non sono tanto felice e non le guardo. Mi fanno tristezza anche a me … poi nelle mie condizioni so cosa vuol dire arrancare sulla sedia a rotelle, arti artificiali …”.
Segue poi una disamina “fantozziana” sul reperimento di arti artificiali in quel di Milano in una data pasticceria che probabilmente lor signori intendono sia stato uno spasso.
Si, infatti è di un tal spasso che spesso lo spessore intellettuale si misura col calibro infinitesimale.
E che cosa vuoi che sia o che cosa conti al “duo” (Paolo Villaggio e l’altro, quel Cruciani che manco ha avuto il buon gusto di non farlo andare avanti o di interromperlo) il che cosa siano quelle Olimpiadi per i disabili e che forse qualche diritto l’avrebbero pure di vivere come gli altri, e per non dare disturbo a quelli a cui non fa piacere vedere le “disgrazie” altrui.
E cosa dovrebbe fare il disabile in carrozzella … chiudersi in casa e non uscire più per non originare a ‘sto “galantuomo” la loro tristezza?
Che cambi canale e non rompa le balle!
Disabile vuol solo dire che qualcosa non funziona, e chissà se a loro piacerebbe che li definissero così?
Se vuoi usarla, la decisione è tua.
Ma prova ad abbandonarla.
Difficile all'inizio, ma val la pena di provare.
E alle Paraolimpiadi non si tratta di disabilità, ma solo di sport.
Al di là dei rischi di una posizione eccessivamente filosofica (che rischierebbe di svilire il senso dello sport paralimpico), il linguaggio attorno alla disabilità resta (come in tutti i casi di “minoranze” colpite da ignoranza e pregiudizi) un termometro del rispetto e della crescita civile. Per questo, dal 2007 una convenzione dell'Onu (ratificata dall'Italia nel 2009) ha dato un'indicazione fondamentale: parlate di uomini o donne con disabilità.
Dire disabile significa concentrare l'attenzione sulla condizione e non sulla persona.
Ad alcuni potrebbe sembrare una questione di lana caprina ma il dibattito sul linguaggio appassiona, come dimostrò lo scorso aprile il successo di un post di Claudio Arrigoni sul blog del Corriere «InVisibili».
Arrigoni citava, tra l'altro, il racconto di Aimee Mullins, una delle più grandi spinter paralimpiche, amputata alle gambe come Pistorius, che dopo una ricerca sul dizionario di sinonimi della parola disabile commentò desolata: «Sembrava che io non avessi nulla di positivo».
Eppure l'evoluzione c'è: abbiamo cancellato «spastico» (oggi ci fa orrore), stiamo dimenticando, per fortuna, «handicappato».
Ma diciamo (e scriviamo, noi giornalisti) «costretto alla sedia a rotelle», senza pensare che per chi non può usare le gambe la carrozzina è sinonimo di libertà.
Insomma, senza cadere nelle ossessioni da politicamente corretto, si può ancora alzare l'asticella.
E che dire di Terry Fox, quel disabile che col suo esempio ha permesso la raccolta di 500 milioni di dollari per la ricerca sul cancro?
Paolo Villaggio e Giuseppe Cruciani, perché non lo fate anche voi che da normodotati vi dovrebbe riuscire anche meglio, o no?
P. S.: E chissà se Fabrizio de André non abbia avuto tutte le ragioni del mondo quando in quel di Pocol, poco sopra Cortina, al Paolo Villaggio gli disse: "Guarda, tu le parolacce non le devi dire, tu dici le parolacce per essere al centro dell'attenzione, sei uno stronzo" ... e se permesso c'aggiungerei che oltre alle parolacce non si dovrebbero dire neanche le strun stranezze, guardandomi bene dal cambiare la definizione "stronzo" ... quello è scritto nella storia e quello rimane.
E poi figurarsi un pò se mi permetto di cambiare qualcosa del grande Fabrizio de André.
P. P. S.: Poi se ci vogliamo mettere anche il "beneficio" che questo, chiamiamolo settore, da all'indotto e del lavoro (sostentamento) a tanta brava gente ...
P. P. S.: Poi se ci vogliamo mettere anche il "beneficio" che questo, chiamiamolo settore, da all'indotto e del lavoro (sostentamento) a tanta brava gente ...
... poi che lui ci marci su queste cosette qua con il suo carattere volutamente provocatorio ... si vabbè, ma c'è un limite all'ignoranza.
Paolo Villaggio non lo sopportavo in nessuna salsa, adesso ancora di meno
RispondiElimina@Luciano
RispondiEliminaSei un mito da leggenda
:-DDDDDD
@Vincenzo
RispondiEliminaSe tutti la pensassero come te starei da Papa.
E invece non sono buono neanche a fare il prete.
;-)
Almeno le scuse!
RispondiElimina@Sergio
RispondiEliminaSperaci
;-)
Sono senza parole dopo aver sentito l'intervista.
RispondiEliminaChe dire?
:-(