Non lo finanzia l’Enel e neppure un produttore di energia
eolica.
Intere pagine di giornali con la scultura di un Apollo
davanti ad una vigna sul mare, per illustrare il sofisticato pensiero”che c’è
una terra dove turismo e sapori vivono in armonia.
Dunque turismo e sapori.
Un accoppiamento inevitabile in qualunque luogo d’Italia e
del mondo, senza dimenticare che i sapori ci sono anche senza il turismo, per
chi decide di stare a casa sua e bere un buon vino.
Ma in Sicilia è diverso.
E così una didascalia senza precedenti e senza alcuna logica
illustra il binomio perfetto.
Probabilmente è stata necessaria una gara di appalto per
scegliere lo slogan più idiota.
Dunque: “Il mito ti dà il benvenuto in Sicilia, la terra in
cui il piacere del gusto incontra la varietà e l’abbondanza di prelibatezze
inebrianti, che solo un territorio fertile e ricco offre a chi lo esplora.
Percorrendo le Strade del Vino o l’antica Via del Sale,
oppure semplicemente la bontà di pietanze preparate secondo le ricette
tradizionali negli antichi mercati.
Qui i sapori diventano parte del tuo viaggio per
coinvolgerti in una esperienza indimenticabile”.
Con quale logica sono distribuite le maiuscole?
Perche Strade, Vino, Via, Sale, e non terra, gusto, bontà,
mercati?
Cosa significa che “il piacere del gusto incontra la varietà
e l’abbondanza di prelibatezze inebrianti”; e in che modo le pietanze sono
preparate “secondo le ricette tradizionali negli antichi mercati”?
E come possono i sapori diventare parte del viaggio per
coinvolgerci “in una esperienza indimenticabile”?
Intendo: se il viaggio fosse nelle Marche, in Umbria, con
altri sapori e altre ricette, e anche fuori dai mercati, sarebbe dimenticabile?
Mi chiedo: quanto sarà stato pagato il deficiente che ha
scritto questo testo?
E quanto sarà costata l’inqualificabile pagina, con la
brutta fotografia tagliata male, voluta dall’assessorato al Turismo, Sport e
Spettacolo della Regione Sicilia, grazie ad un intervento finanziato dall’UE?
Ci sarà qualcuno che andrà in Sicilia chiamato da questa
Sirena?
E il malcapitato assessore al Turismo, Franco Battiato, che
tanta cura ha per le parole, ha letto queste?
Di Vittorio Sgarbi (Il Giornale venerdì 1 febbraio 2013)
Forse Vittorio avrebbe voluto essere messo al posto della Sirena, come sui vettori turistici Ali Sgarbi ... :-)
RispondiElimina@Jennaro
RispondiEliminaForse Ulisse
;-)
L'imprenditore svizzero arriva puntuale, l'assessore tre ore dopo. E per la Sicilia sfuma un investimento da milioni di euro.
RispondiEliminaItalia e Svizzera sono unite dallo stesso fuso orario. Probabilmente, solo da quello. Perché la storia che arriva in cronaca dall'Isola avrebbe dell'incredibile, se non fosse vera. E sembra testimoniare del divario culturale che ancora esiste tra il Belpaese e il resto d'Europa.
Il racconto prende le mosse dalla stizzita denuncia di Giuseppe Pizzino, self mate man siculo che dal nulla ha tirato su a Brolo una fabbrica di camicie e subito diventata marchio di moda. Il suo sogno? Creare un polo cotoniero a Gela. Un imprenditore svizzero settantenne, a capo di una multinazionale con diecimila dipendenti, sposa l'iniziativa. L'operazione sembra cosa fatta. Il 29 gennaio l'uomo d'affari elvetico sale su un aereo: alle 12 ha appuntamento a Palermo, insieme a Pizzino, con l'assessore regionale all'agricoltura Dario Cartabellotta. I due, arrivano puntuali, ma del loro interlocutore nessuna traccia. Solo dopo un'ora e mezza, racconta Pizzino, «ci viene incontro il capo di gabinetto, e ci informa che l'assessore non avrebbe presenziato, poichè trattenuto da altri impegni». L'attempato settantenne, senza batter ciglio, si alza, saluta e corre via, verso l'aeroporto. «Lo avrei ricevuto se solo avesse avuto pazienza. Un'emergenza mi ha costretto ad allontanarmi. Possibile che questo svizzero avesse tutta questa fretta di prendere l'aereo? Non so nemmeno chi fosse», ha poi fatto sapere Cartabellotta. Ma Pizzino già annuncia un'azione risarcitoria in sede civile, anche per il danno d'immagine. Perché in effetti non sarebbe una bella figura, per l'Italia, dover ammettere davanti al mondo intero d'aver rinunciato ad investimenti milionari perché loro sono svizzeri e puntuali e noi, semplicemente, italiani.