In
un momento di crisi senza precedenti, in cui un terzo dei sardi sono sull’orlo
della povertà di non ritorno non voglio tornare sul perché ci troviamo in
questa situazione, di chi è la colpa, quali sono i danni e soprattutto le
vittime che sono perite in questa guerra al contrario.
Non
ho tempo tanto meno la voglia di perdere tempo a fare lo storico della crisi.
Rimane il fatto, incontestabile, che la crisi ha segnato
profondamente la nostra Isola negli aspetti più intimi e devastanti.
Ha
ucciso la speranza di poter rialzare la testa: non sembra più possibile
riuscire a trovare lo sbocco da un tunnel secolare dove la rassegnazione è
diventata parte del paesaggio, come il mare e le campagne, e noi pecore di
contorno.
Il danno è enorme e culturale.
Una
regione che da generazioni vede la propria terra motivo di orgoglio ma non di
reddito, oggetto da vendere o affittare ma non da usare per viverci.
Guardiamo con compassione i pastori e le loro greggi quando
viviamo e lavoriamo in ovili call center o città pollai a guadagnare soldi da
spendere per godere del tempo libero e del mare che è nostro di diritto (e
fortuna di essere nati qui).
Generazioni intere costrette a vivere fuori dalla loro realtà
perché il progresso è studiare e trovare un lavoro che faccia guadagnare tanti
soldi.
Ecco, qui mi fermo.
E’ questo il
progresso?
Lavorare come asini 11 mesi l’anno per godere di uno
striminzito mese di ferie da finti ricchi o da dignitosi poveri?
No, il vero progresso è vivere, evolversi come specie umana,
tramandare la propria storia ai figli, farli, i figli.
Come?
Ripartendo dalla persone come unità fondamentale della
società. Non dal reddito che possono creare, ma dal loro essere umani.
La terra è la nostra fortuna, di incomparabile bellezza,
ricca di prodotti unici, scrigno di tradizioni e di cultura millenaria.
Milioni di persone al mondo vorrebbero conoscerla, statene
certi.
Ho visto con i miei occhi turisti rapiti dalla bellezza di
uno scorcio che a noi sembra ovvio, ammaliati da un piatto tipico che a noi fa
storcere il naso, strabiliati dalla natura sfacciatamente meravigliosa.
Questa gente potrebbe diventare la nostra unica e sola
risorsa, cambiando il modo d’intendere turismo e cultura.
Una destinazione non si sceglie solo perché è bella, perché è
economica, o perché ce lo propone Tripadvisor.
Si sceglie per quella curiosità inoculata sottopelle da una
foto, da un racconto, da un prodotto gustato, da un sorriso di una conoscenza
fugace.
Quelle sono le persone da cercare come tartufi preziosi,
perché sono quelle che apprezzeranno il tuo prodotto e saranno i tuoi
ambasciatori nel mondo.
Come trovarli?
Creando una filiera corta completa, umana e digitale.
Turismo non è solo trasporto, accoglienza, ristorazione,
cultura.
E’ energia a basso costo, accoglienza diffusa, ristorazione
con prodotti a km zero, cultura raccontata dalle persone che vivono nei luoghi,
infrastruttura digitale.
Nulla di tutto questo esiste.
L’energia è cara.
Incredibile come una regione come la nostra, paradiso di sole
e vento, non riesca a sfruttare in proprio queste risorse senza svenderle alle
multinazionali spesso colluse con la mafia. Un piano energetico regionale non
faraonico, ma localizzato prima nelle piccole realtà per renderle autonome e
magari per creargli un reddito da investire nel proprio territorio.
L’accoglienza diffusa.
I grandi alberghi
hanno importanza, certo.
Ma
non siamo una Regione che possa caratterizzarsi come la Costa del Sol, Rimini o
Miami. Siamo la Sardegna, realtà di piccoli agglomerati urbani che i turisti
vogliono conoscere così, senza snaturare la vocazione minimalista e
caratteristica della nostra architettura.
Centri
Storici come quello di Cagliari o di Sassari, dove centinaia di appartamenti
sfitti invecchiano, intristiscono e rendono spenti quartieri spettacolari,
devono essere valorizzati incentivando l’apertura di affittacamere e B&B ad
esempio togliendo IMU e TARSU per dieci anni e contemporaneamente
disincentivando lo status di sfitto con tasse più alte.
Identica soluzione per le attività commerciali e di
ristorazione ubicate nelle vicinanze. Rivitalizzare i centri storici con i
turisti non è impossibile, e gli albergatori non devono avere paura della
concorrenza. Chi va in B&B non è un suo cliente.
Ristorazione con
prodotti a km zero.
Incentivare i ristoratori a usare i prodotti a km zero è
facile.
Organizzare
un sistema di ristorazione che usi i prodotti della Regione facendo sì che chi
li usa possa essere pubblicizzato, consigliato, messo in condizione di
intercettare i turisti che alloggiano nelle strutture ricettive diffuse.
Anche
per questi un sistema di detassazione comunale convincerebbe anche i più
scettici.
Cultura raccontata.
Raccontare un territorio, la sua cultura, le sue tradizioni,
non può prescindere dall’educazione degli abitanti di quei luoghi. La creazione
di una memoria collettiva, di un orgoglio condiviso, di una fruizione gratuita
dei luoghi di cultura da parte della popolazione Sarda è elemento
imprescindibile dalla formazione di quegli infopoint umani ambulanti che possano
servire ancor meglio il turista, oltre ad avere una funzione sociale e di
appartenenza alle proprie tradizioni. La Regione dovrebbe finanziare l’accesso
gratuito a tutti i luoghi di cultura e professionalizzare sempre più gli
esperti quali guide e orientatori turistici.
Infrastruttura
Digitale.
Tutto questi concetti diventano cavalli al galoppo senza
guida se non recintati e messi in condizione di diventare purosangue da gara.
Le infrastrutture digitali sono fondamentali per la riuscita
di un progetto di tale portata.
Wifi gratuito per tutti, per garantire l’accesso alle
informazioni e all’organizzazione delle stesse.
Banche dati organizzate in moduli standard che permettano la
catalogazione delle attività tangibili e dell’intangibile, replicabili nelle
varie realtà anche differenti ma dialoganti con il medesimo linguaggio e
piattaforma di visualizzazione.
Unico strumento che acquisisce i dati dalle banche dati
locali e le mette a disposizione del mondo, con un sistema di visualizzazione
vocato sia al marketing che alla fruizione dei luoghi.
Sistema di prenotazione di qualunque cosa, dal viaggio, alla
sistemazione, alla ristorazione senza però essere strumento ma solo scelta
dell’acquisto del prodotto scelto che poi sarà perfezionato sul contatto accreditato
del fornitore del servizio.
Regione come garante,
non come soggetto competitor.
Comuni come garanti
delle attività del proprio territorio.
Cittadini come garanti
della propria terra.
Ci vuole una
rivoluzione.
Bella e scritta col cuore.
RispondiEliminaChi è questo Insopportabile?
Sono con te, Luciano, se io volessi visitare Terre nuove vorrei scoprire nuova gente e le loro tradizioni, percorrere con loro a piedi viottoli e mulattiere. Se invece volessi starmene tra gli agi ... beh, quale miglior posto se non a casa propria!?...
RispondiElimina@Jennaro
RispondiElimina... e la gente con più stai bene è proprio li.
A casa tua
:)