… e infatti, ancor prima della firma Presidenziale, ecco che non passano che pochi giorni dall’approvazione in CDM, che la prima str…anezza elencata sul Codice del Turismo verrà cambiata.
Ed è per il solo motivo che “blogger” non funziona da circa due giorni (in tutto il mondo) che non ho potuto scriverlo ancor prima dell’approvazione finale.
E non ci voleva di certo una zingara per prevedere che non sarebbe mai passata.
Ma tant’è, questo fior fiore di cattedratici, professoroni e chi più ne ha più ne metta, o non hanno letto ben bene la direttiva europea Bolkestein, o presumibilmente ne hanno fatto una specie di campagna propagandistica elettorale ... o forse c’hanno provato.
Comunque sia o in qualsiasi modo è, il testo è stato bloccato a causa di alcuni approfondimenti sul diritto di superficie, cioè la norma introdotta dall'articolo 3 del nuovo testo, che estende la concessione degli arenili a 90 anni e adesso “tramutata” in “soli” 20 (anni).
Altra cosa incomprensibile poichè non risolve praticamente alcun problema.
Altra cosa incomprensibile poichè non risolve praticamente alcun problema.
Ma non è finita; questo non è di certo il federalismo, ma aspettiamo l’Europa per toglierci qualche soddisfazione.
C’era chi aveva esultato, i balneari per primi che pensavano ad un aggiramento della direttiva Bolkestein.
Chi invece aveva visto il rischio di nuove cementificazioni, dato che nel decreto si concede anche la possibilità di demolire e ricostruire i manufatti esistenti, e l'Unione Europea che era intervenuta chiedendo spiegazioni su una norma che di fatto bloccherebbe la liberalizzazione del settore e che ricopriva totalmente anche il mio modestissimo parere.
Ma per farvi capire il perché si è arrivati a questo taglio Presidenziale, prendo spunto dall’articolo che Stefano Landi ha scritto su www.lavoce.info e di cui condivido anche la punteggiatura negli argomenti trattati.
Mentre per altre cosette che sono elencate nel Codice del Turismo e che personalmente non condivido per niente (e di seguito non presenti), avremo tutte le occasioni ed il tempo per poterne parlare.
In Italia non c’è modo di affrontare il tema del turismo con un minimo di chiarezza: non c’è un capitolo di contabilità nazionale che comprenda il settore per intero, e nessuno in modo corretto. Confondiamo i consumi degli ospiti con quelli dei residenti e il risultato è che le categorie economiche organizzate fanno il bello e il cattivo tempo. Anche nel “decreto sviluppo” come nel “Codice del turismo”, approvati in Consiglio dei ministri il 5 maggio.
BATTAGLIA SULLE SPIAGGE
Nel decreto sviluppo si affrontano due temi simbolicamente molto rilevanti. Si prevede, in barba alle direttive comunitarie, la proroga delle concessioni sul Demanio marittimo agli attuali concessionari, con la motivazione della certezza degli investimenti e delle strategie aziendali. (1)
Le imprese balneari italiane sono un numero imprecisato, stimato in circa 24mila. L’incertezza dei numeri deriva dal fatto che le concessioni sono state gestite in passato dalle Capitanerie di porto e poi demandate alle Regioni, che come al solito hanno operato “a macchia di leopardo”. E i concessionari possono essere singoli cittadini, bar, circoli sportivi, alberghi, campeggi, ristoranti, associazioni ed esercenti di attività balneari veri e propri.
Le concessioni hanno attualmente durata variabile e, a meno di rinuncia, “godono” della riassegnazione allo stesso concessionario, fino a far nascere nelle associazioni di categoria la richiesta di una “persistenza”, giustificata anche dalla possibile trasmissibilità ereditaria dell’impresa.
Già da diversi anni è in atto un braccio di ferro, innescato dal ministero dell’Economia, sulla revisione dei canoni di concessione, in molti casi troppo bassi rispetto alla presumibile redditività delle imprese che vi operano.
Il tema è quindi la contendibilità delle concessioni stesse, che le direttive europee vorrebbero garantita e che i concessionari invece vedono come il fumo negli occhi, preferendo contare sulla rassegnazione a lungo termine, con un canone da definire.
La libertà d’impresa e la remuneratività per l’Erario potrebbero invece avvantaggiarsi solo con un meccanismo di assegnazione delle concessioni “ad evidenza pubblica”.
Ma c’è anche una questione “settoriale”: come si fa a parlare di imprese turistiche nel caso degli stabilimenti balneari, quando non è per niente assodato che i clienti siano turisti, e cioè per definizione “pernottanti al di fuori dal proprio comune di residenza”?
E quindi come si fa a contrabbandare per sviluppo (turistico) il sostanziale regalo degli arenili agli attuali concessionari?
Le imprese balneari italiane sono un numero imprecisato, stimato in circa 24mila. L’incertezza dei numeri deriva dal fatto che le concessioni sono state gestite in passato dalle Capitanerie di porto e poi demandate alle Regioni, che come al solito hanno operato “a macchia di leopardo”. E i concessionari possono essere singoli cittadini, bar, circoli sportivi, alberghi, campeggi, ristoranti, associazioni ed esercenti di attività balneari veri e propri.
Le concessioni hanno attualmente durata variabile e, a meno di rinuncia, “godono” della riassegnazione allo stesso concessionario, fino a far nascere nelle associazioni di categoria la richiesta di una “persistenza”, giustificata anche dalla possibile trasmissibilità ereditaria dell’impresa.
Già da diversi anni è in atto un braccio di ferro, innescato dal ministero dell’Economia, sulla revisione dei canoni di concessione, in molti casi troppo bassi rispetto alla presumibile redditività delle imprese che vi operano.
Il tema è quindi la contendibilità delle concessioni stesse, che le direttive europee vorrebbero garantita e che i concessionari invece vedono come il fumo negli occhi, preferendo contare sulla rassegnazione a lungo termine, con un canone da definire.
La libertà d’impresa e la remuneratività per l’Erario potrebbero invece avvantaggiarsi solo con un meccanismo di assegnazione delle concessioni “ad evidenza pubblica”.
Ma c’è anche una questione “settoriale”: come si fa a parlare di imprese turistiche nel caso degli stabilimenti balneari, quando non è per niente assodato che i clienti siano turisti, e cioè per definizione “pernottanti al di fuori dal proprio comune di residenza”?
E quindi come si fa a contrabbandare per sviluppo (turistico) il sostanziale regalo degli arenili agli attuali concessionari?
UN PARADISO CHIAMATO DISTRETTO
La seconda previsione del decreto sviluppo, che in qualche modo si è voluta porre in relazione alla prima, istituisce anche nel turismo i “distretti”. Chissà perché solo balneari, e non ad esempio anche termali, benché si tratti del comparto in più evidente difficoltà strutturale in Italia.
Nel disegno del decreto i distretti sono dipinti come paradisi, senza burocrazia né tasse, veri e propri “parchi di impresa”.
Di per sé, si tratterebbe di una proposta molto interessante, peraltro già formulata alcuni anni fa dall’onorevole Sergio Gambini, ma all’epoca del tutto trascurata. (2) E che comunque prevede un iter di tale complessità che se ne riparlerà, se va bene, tra qualche anno.
Ma nella comunicazione, la cosa si dà per già fatta, come è nello stile “decisionista” del governo e del suo ministro del Turismo.
Lo stesso Consiglio dei ministri ha approvato poi il Codice del turismo, anche in questo caso rispondendo alle istanze categoriali.
Ad esempio, ha adottato una definizione estensiva di impresa turistica, che adesso, oltre alle imprese ricettive e dell’intermediazione, includerà anche “le imprese di ristorazione e tutti i pubblici esercizi, gli stabilimenti balneari, i parchi divertimento, le imprese di intrattenimento di ballo e di spettacolo, le imprese di organizzazione di eventi, convegni e congressi, e le imprese turistiche nautiche”.
Qui, con un taglio gordiano, si è deciso di non distinguere tra le imprese che operano solo o prevalentemente con e per i turisti e quelle che potrebbero anche operare con i turisti, ma non è detto lo facciano.
Un impulso alla de-burocratizzazione delle pratiche dovrebbe poi arrivare dalla Scia (segnalazione certificata di inizio attività) per l’apertura o la modifica delle attività imprenditoriali, segnalazione da presentarsi allo sportello unico comunale. Con il corollario, che ha già fatto imbestialire i ristoratori, di poter aprire i ristoranti e i centri benessere degli alberghi anche al pubblico non pernottante.
Anche in questo caso evidentemente si è andati dietro a qualche lobby, ma il risultato non è indolore: quello che si aggiunge da una parte, si toglie dall’altra
Inoltre, come da tempo richiesto a gran voce dagli albergatori, si prevede la fissazione degli standard minimi nazionali dei servizi e delle dotazioni di tutte le strutture ricettive, fino a una classificazione unitaria.
Peccato solo che serva una intesa con le Regioni, non facile da ottenere e infatti manca dal 2001. (3) E d’altra parte, la stessa utilità di una classificazione è messa in dubbio da fonti più che autorevoli. (4)
Infine, guarda caso su richiesta delle associazioni di categoria, si equiparano in tutto e per tutto le agenzie di viaggi on-line a quelle con sportelli su strada, in particolare nella tutela dei diritti dei consumatori. Ma come regolarsi con gli operatori non residenti sul territorio comunitario?.
Nel disegno del decreto i distretti sono dipinti come paradisi, senza burocrazia né tasse, veri e propri “parchi di impresa”.
Di per sé, si tratterebbe di una proposta molto interessante, peraltro già formulata alcuni anni fa dall’onorevole Sergio Gambini, ma all’epoca del tutto trascurata. (2) E che comunque prevede un iter di tale complessità che se ne riparlerà, se va bene, tra qualche anno.
Ma nella comunicazione, la cosa si dà per già fatta, come è nello stile “decisionista” del governo e del suo ministro del Turismo.
Lo stesso Consiglio dei ministri ha approvato poi il Codice del turismo, anche in questo caso rispondendo alle istanze categoriali.
Ad esempio, ha adottato una definizione estensiva di impresa turistica, che adesso, oltre alle imprese ricettive e dell’intermediazione, includerà anche “le imprese di ristorazione e tutti i pubblici esercizi, gli stabilimenti balneari, i parchi divertimento, le imprese di intrattenimento di ballo e di spettacolo, le imprese di organizzazione di eventi, convegni e congressi, e le imprese turistiche nautiche”.
Qui, con un taglio gordiano, si è deciso di non distinguere tra le imprese che operano solo o prevalentemente con e per i turisti e quelle che potrebbero anche operare con i turisti, ma non è detto lo facciano.
Un impulso alla de-burocratizzazione delle pratiche dovrebbe poi arrivare dalla Scia (segnalazione certificata di inizio attività) per l’apertura o la modifica delle attività imprenditoriali, segnalazione da presentarsi allo sportello unico comunale. Con il corollario, che ha già fatto imbestialire i ristoratori, di poter aprire i ristoranti e i centri benessere degli alberghi anche al pubblico non pernottante.
Anche in questo caso evidentemente si è andati dietro a qualche lobby, ma il risultato non è indolore: quello che si aggiunge da una parte, si toglie dall’altra
Inoltre, come da tempo richiesto a gran voce dagli albergatori, si prevede la fissazione degli standard minimi nazionali dei servizi e delle dotazioni di tutte le strutture ricettive, fino a una classificazione unitaria.
Peccato solo che serva una intesa con le Regioni, non facile da ottenere e infatti manca dal 2001. (3) E d’altra parte, la stessa utilità di una classificazione è messa in dubbio da fonti più che autorevoli. (4)
Infine, guarda caso su richiesta delle associazioni di categoria, si equiparano in tutto e per tutto le agenzie di viaggi on-line a quelle con sportelli su strada, in particolare nella tutela dei diritti dei consumatori. Ma come regolarsi con gli operatori non residenti sul territorio comunitario?.
(1) La direttiva “Bolkestein” del 27 dicembre 2006 è stata recepita dall'Italia con il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59.
(2)Società di trasformazione urbana per l'innovazione turistica (Stuit), sulla falsariga delle società di trasformazione urbana (Stu) previste dall'articolo 120 del Testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n 267; Atto Camera del 15 dicembre 2005.
(3) Legge quadro sul turismo, n. 135, 29 marzo 2001.
(4) Ad esempio il ministro inglese al Turismo John Penrose. 28 gennaio 2011, intervista a Radio 4 – Bbc.
(2)Società di trasformazione urbana per l'innovazione turistica (Stuit), sulla falsariga delle società di trasformazione urbana (Stu) previste dall'articolo 120 del Testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n 267; Atto Camera del 15 dicembre 2005.
(3) Legge quadro sul turismo, n. 135, 29 marzo 2001.
(4) Ad esempio il ministro inglese al Turismo John Penrose. 28 gennaio 2011, intervista a Radio 4 – Bbc.
Noi meglio di tutti?
RispondiEliminaDopo la crisi del 2009, che aveva avuto un forte impatto sull'attività alberghiera in Francia, nel corso del 2010 l'industria ricettiva del Paese ha saputo risollevarsi soprattutto nelle grandi città, Parigi in testa. Secondo le cifre riportate dalla sede Ice di Parigi lo scorso anno sono state 192,2 milioni le notti in alberghi e hotel francesi (+2,2% rispetto al 2009) - di cui 66 milioni nella sola capitale - per 105,5 milioni di soggiorni (+1,8%). Nonostante la ripresa, non si è ancora raggiunto il livello record ottenuto nel 2007, con 198,9 milioni di notti. La durata media dei soggiorni resta stabile a poco meno di due notti. Uno dei motori della ripresa è la clientela straniera (+2,8%): se i clienti provenienti dall'Europa sono stabili (-0,2%, Italia -1,8%), quelli provenienti dall'America sono in aumento (+9,1%), come quelli provenienti dall'Asia (+15,7%) trainati dalla Cina (+44,8%
“La situazione economica di Lampedusa resta drammatica. Un’intera categoria economica è letteralmente al collasso e non bastano di certo le promesse del Governo. Risultano propagandistici e non risolutivi gli accordi esposti dal ministro Brambilla con alcune compagnie aeree che operano su Lampedusa, in particolar modo con Blu express, che dimostra di seguire una politica low cost a tutti gli effetti, mantenendo una tariffa a basso costo su un numero limitato di posti per poi procedere ad aumenti importanti sul contingente residuo”. Lo afferma in una nota Antonio Martello, presidente del consorzio albergatori ‘Isole Pelagie’. “Basta controllare sul web – aggiunge – e simulare una prenotazione, che la prima tariffa disponibile a giugno, in occasione del concerto di Baglioni, è di 280 euro per persona con partenza da Roma, tariffa destinata ad aumentare. Poniamo che oggi qualche potenziale cliente sia incantato dal messaggio pubblicitario del ministero del Turismo e che passi in secondo piano la notizia ‘sbarchi a Lampedusa’ in virtù del fatto che è un fenomeno ormai consolidato da oltre venti anni, come farebbero a raggiungere l’isola con prezzi così proibitivi?. Il Governo – sottolinea il numero uno degli albergatori di Lampedusa – dovrebbe tener conto che la propaganda effettuata richiama una tariffa di 40 euro circa con il partner Blu express a svantaggio non solo dei voli charter che pubblicizzano tariffe diverse, ma anche a discapito della destinazione Lampedusa; di certo, il messaggio lanciato dal Governo confonde l’utente. Una cattiva e ingannevole informazione – conclude Martello – che danneggia ulteriormente un’immagine turistica ormai compromessa”.
RispondiEliminaLa bilancia dei pagamenti turistica ha presentato nel mese di febbraio 2011 un saldo netto positivo di 164 milioni di euro a fronte di uno di 366 milioni di euro nello stesso mese dell’anno precedente. Le spese dei viaggiatori stranieri in Italia, per 1.385 milioni di euro, sono diminuite del 7,3%; quelle dei viaggiatori italiani all’estero, per 1.221 milioni di euro, sono aumentate dell’8,3%. Lo rende noto la Banca d’Italia nel suo rapporto mensile sul turismo internazionale. Nel periodo gennaio-febbraio 2011 si è registrato un avanzo di 117 milioni di euro a fronte di uno di 481 milioni di euro nello stesso periodo dell’anno precedente. Le spese dei viaggiatori stranieri in Italia, per 3.005 milioni di euro, sono diminuite del 2,8%; quelle dei viaggiatori italiani all’estero, per 2.888 milioni di euro, sono aumentate del 10,6%.
RispondiElimina@Anonimo/i
RispondiEliminaAiutini?
:-)
Non vale, la terza dell'anonimo l'avevo già scritta io.
RispondiElimina:-(
:-D
F A N T A S T I C O
RispondiEliminaAbbraccioni
Renata
Non avevano detto che tutto il patrimonio demaniale territoriale passava agli enti locali?
RispondiElimina;-)
@sergio
RispondiEliminaA domani ... per l'appunto!
;-)