venerdì 11 luglio 2014

Vogliono fare una nuova Classificazione alberghiera in soli tre mesi quando per oltre trent'anni non sono riusciti a farne una decente.

Ormai quasi tutti si sono accorti per vari motivi dell'importanza di una nuova classificazione alberghiera e questo è scontato.
Un assioma, dicono quelli che si danno delle arie.

Il testo integrale del DDL per il turismo appena approvato alla Camera dei Deputati è qui, ma la cosa che non mi garba per nulla è la seguente indicazione (ved. immagine sopra).
E vale a dire il tema della classificazione delle strutture ricettive e delle imprese turistiche.
Al riguardo un decreto del MIBACT, da emanarsi entro 3 mesi, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni.


Tre mesi (tre) per buttare giù una nuova classificazione alberghiera d'intesa con la eccetera eccetera e magari adeguarla a quelle adottate a livello europeo ed internazionale?
Quando nell'ultima (DPCM 21/10/2008) furono necessari anni di dibattiti a tutt'andare col risultato che ben sappiamo
Suvvia, siamo seri.

Forse che anche le altre nazioni stiano tutte provvedendo, nessuna esclusa e nei medesimi 90 giorni, a cambiare la loro classificazione per poi armonizzarla con l'eventuale nostra.
Cosa alquanto impossibile nonché irreale.
Ma chi ha scritto ciò (?), e a parte chi ha ratificato l'emendamento nelle due commissioni riunite (VII e X) che solo per un soffio l'hanno fatto passare (ved. qui), quei 630 della Camera dei Deputati che hanno approvato all'unanimità 'sta cosa, ebbene; disporranno di una seppur vaga cognizione di come sono fatte tutte le altre classificazioni alberghiere dell'intero pianeta per poter accettare che quindi la si voglia equiparare a tutte quelle esistenti?
Chissà se ne conosceranno una sola oppure se non conoscono nemmeno la nostra?

E avranno letto 'sta cosa dei tre mesi oppure no?
Mah!

Il solo pensare di mettere d'accordo tutte le Regioni italiane (e le associazioni?) che fino a prova contraria dispongono ancora della responsabilità sul turismo (ved. Titolo V che finché non lo cambiano … ) e quindi sulla classificazione alberghiera, beh; è una cosa insana e che al solo pensare fa già paura.

Infatti il DPCM 21/10/2008 (l'ultima classificazione alberghiera) non ha prodotto alcun effetto sensibile sui sistemi in vigore nelle varie regioni, tanto che ad oggi la realtà normativa è  sostanzialmente la stessa che conosciamo da diversi anni, caratterizzata da significative difformità fra regioni, sia nei criteri di attribuzione delle categorie, sia nella effettiva classificazione delle strutture. 
E così pure subito dopo i tempi del Regio Decreto 975 del 1937, trasformandosi già nel 1983 nella decentralizzazione in favore delle Regioni, quando la Legge 217/83 ("Legge quadro per il turismo e interventi per il potenziamento e la qualificazione dell'offerta turistica”) stabilì all’art. 7 che “le leggi regionali potevano dettare i criteri per la classificazione delle strutture ricettive tenendo conto delle dimensioni e dei requisiti strutturali dei servizi offerti e della qualificazione degli addetti”
Mi si vuole dire quale sarebbe adesso la qualificazione degli addetti?
Grazie!

E la stessa legge prevedeva che dovessero essere adottati criteri di armonizzazione fra le classificazioni regionali, disposizione che però non ha avuto seguito, visto che iniziano da questo momento a nascere leggi regionali di classificazione piuttosto indipendenti e autonome. 
E per non farvi due bocce così, salto la Legge Bassanini (Legge 57 del 1997) del Decreto Legislativo 112/98 in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59.
Salterò anche la famosa Legge 135,  "Riforma della legislazione nazionale del turismo" che sancì in via definitiva la competenza esclusiva delle Regioni in materia di turismo. 
Va precisato comunque che il tema della disomogeneità a livello nazionale fra i vari sistemi di classificazione alberghiera era già chiaramente sentito come un problema da affrontare con urgenza, tanto che il successivo il DPCM 13/09/02, “Recepimento dell'accordo fra lo Stato, le regioni e le province autonome sui principi per l'armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico”, in attuazione della Legge 135/01 prevede che le Regioni debbano “definire concordemente e unitariamente i requisiti minimi di qualità per le strutture ricettive, per i servizi e per le imprese turistiche”.

Per avere l’indicazione di requisiti minimi di qualità (per modo di dire), dal 1983 si dovette però aspettare il DPCM 21/10/08 “Definizione delle tipologie dei servizi forniti dalle imprese turistiche nell’ambito dell’armonizzazione della classificazione alberghiera”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 2 febbraio 2009 e soprannominato “Italy Stars and Rating”, che definì gli standard minimi nazionali dei servizi e delle dotazioni per la classificazione degli alberghi.

Il decreto fu il risultato, oltre che di anni di dibattito (mentre adesso lo si vuole fare in tre mesi), di una serie di sessioni di lavoro che coinvolsero i rappresentanti del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, le associazioni di categoria e i rappresentanti delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano.
Ma le loro speranze, non certo le mie poiché su quella classificazione scrissi su queste pagine “peste, corna e anche di più”, se ne andarono per la tangente.
Ma il Decreto passò, bontà loro, e questo vuol più che altro dire che le associazioni di categoria, i rappresentanti di Regioni e quelli delle Province di Trento e Bolzano, presero una bella cantonata per il semplice motivo che dopo sei anni (ma è già un po' che ne parlano) hanno finalmente capito che quei minimi e non solo, andavano rifatti.


E per darvi un'idea di quello che scrissi allora ma ovviamente inascoltato …
… ci sono alcune regioni (Abruzzo, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Liguria, Sardegna, Valle d’Aosta) in cui la categoria viene assegnata agli alberghi sulla base di un punteggio, che viene misurato su una serie di parametri obbligatori e non. 
Questi punteggi però, non danno l’esatto, ma neanche parziale vero valore delle strutture.
E soprattutto in base alla qualità che invero dovrebbe essere il cavallo trainante per riacquistare della competitività con le altre nazioni.
Mentre il procedimento in uso nelle altre regioni si basa invece sul riconoscimento del possesso di alcuni requisiti minimi obbligatori, inerenti alle diverse aree di valutazione.
Questo secondo sistema pone una soglia minima da rispettare, mentre l’altro procedimento si presta maggiormente a delle disomogeneità, dal momento che in teoria rende possibile accumulare “punteggio” con parametri diversamente distribuiti. 
 
La situazione è tale per cui è possibile viaggiare da una regione all’altra e trovare alberghi classificati con categorie differenti ma sostanzialmente equivalenti dal punto di vista della qualità dell’offerta, oppure servizi differenti in alberghi della stessa categoria, o addirittura possiamo trovare 5, 6 o 7 categorie alberghiere, a seconda che la regione riconosca o meno categorie come la “3 stelle superior”, la “4 stelle superior” e “5 stelle lusso”. 
Senza parlare addirittura del 7 stelle.

Solo in pochi casi eccezionali, poi, i sistemi di classificazione regionali prendono in considerazione quelli che sono gli standard qualitativi esistenti a livello internazionale, così come, paradossalmente, la valutazione della qualità dell’offerta prescinde sempre dagli elementi di tipo qualitativo, come potrebbero esserlo la qualifica professionale del personale, i materiali di costruzione e di arredo, gli elementi di sostenibilità ambientale, eccetera. 
Pertanto anche qui un “buco” pazzesco, se ragioniamo in generale.

Altro fattore critico, dal punto di vista della competitività, è la carenza di controlli presso le strutture: nella maggior parte dei casi, viene effettuato un controllo solo a cinque anni dall’attribuzione della categoria (sempre che vada bene), mentre i successivi controlli periodici sono pressoché assenti, esponendo tutto il sistema di offerta alberghiera italiano a rischi notevoli dal punto di vista della qualità effettiva del servizio. 
Un danno enorme per l’intero sistema, anche perché se un albergo rimane nei parametri giusti, il suo dirimpettaio magari non lo è, e questo compromette la qualità nell’intero comprensorio.

Quindi nessuna trasparenza, nessuna certezza del servizio e della qualità, così come ben poca tutela del consumatore.

Non bisogna inoltre sottovalutare che il turista-viaggiatore straniero, percepisce innanzitutto la destinazione Italia, e poi, secondariamente, le destinazioni “città” e regioni (cosa che andrebbe ricordata anche in tema di promozione internazionale): ciò significa che il viaggiatore straniero che attraversando l’Italia riceve, a parità di classificazione del servizio, un servizio disomogeneo fra una parte e l’altra d’Italia, percepisce tale diversità come un disservizio. 
E non è una bella cosa.

Ora vogliono rifare (lo vorranno davvero?) la classificazione alberghiera “in soli tre mesi” e questa ancor prima della riforma del Titolo V … vabbeh, la soluzione c'è anche in questo caso, dai.

Ma qual'è?
Una telefonata allunga la vita alla classificazione alberghiera di qualità.





7 commenti:

  1. Per la miseria ma che cosa aspettano?

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  2. Mi sa che ce la fai.

    Ho appena letto un twitt di Stefano Ceci e parrebbe che non manchi molto.



    Sono contento per te e per noi albergatori.

    Forza!!!!!!!

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  3. @Anonimo

    Ha ha ha, guarda che sei molto poco anonimo, neh!

    Quando commenti lasci il tuo IP e siccome lavori per un/una ......... rimane anche scritto quale.

    Questa felicità da te non me l'aspettavo proprio ... quasi!


    :)

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  4. Beh, a forza di scriverlo e dirlo si vede che li e vi ho stancati.

    :)

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  5. @Luciano

    Ci guadagnamo tutti in questo caso

    :-)

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  6. Sarebbe anche l'ora che ti diano retta.

    Non t'arrendi mai eh?

    :D

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