Tutte le “testate
giornalistiche diffuse
per via telematica”, definizione tanto ambigua da abbracciare l’intero universo
dell’informazione online o nessuno dei prodotti editoriali telematici, saranno obbligate a procedere alla pubblicazione delle rettifiche ricevute da chi assuma di essere stato
ingiustamente offeso o che i fatti narrati sul suo conto non siano veritieri.
In caso di mancata
pubblicazione della rettifica entro
quarantotto ore, si incapperà in una sanzione pecuniaria elevata fino a 25 mila euro ma, prima
di allora, si correrà il rischio di essere ripetutamente trascinati in Tribunale ingolfando inutilmente la giustizia e
facendo lievitare i costi per difendere il proprio diritto a fare libera
informazione.
Proprio mentre la
Cassazione prova a mettere un punto all’annosa questione dell’applicabilità
della vecchia legge sulla stampa all’informazione online, escludendola,
il Senato, la riapre stabilendo esattamente il contrario: la legge scritta dai
padri costituenti per stampati e manifesti murari si applica anche ad Internet.
Ce ne sarebbe
abbastanza per definire anacronistica e liberticida la disposizione appena approvata dalla
Commissione Giustizia del Senato ma non basta.
La portata censorea di
questa norma è nulla rispetto a quella di un’altra disposizione contenuta nello
stesso provvedimento appena licenziato dal Senato: l’art. 3, infatti,
stabilisce che “fermo restando il diritto di ottenere la rettifica o
l’aggiornamento delle informazioni contenute nell’articolo ritenuto lesivo dei
propri diritti, l’interessato può chiedere ai siti internet e ai motori di
ricerca l’eliminazione dei contenuti diffamatori o dei dati personali trattati in
violazione della presente legge”.
E’ una delle
disposizioni di legge più ambigue ed insidiose contro la Rete che abbia sin qui
visto la luce perché è scritta male e può significare tutto o niente.
Una previsione inutile se la si leggesse nel senso che
chiunque può chiedere ciò che vuole a chi vuole, senza, tuttavia, che il
destinatario della richiesta sia tenuto ad accoglierla.
Una previsione
liberticida se, invece – come appare verosimile – finirà con l’essere
interpretata, specie da blogger e
non addetti alle cose del diritto, nel senso che, a fronte della richiesta,
sussiste unobbligo
di rimozione.
In questo caso, infatti, assisteremo ad una progressiva
cancellazione dell’informazione libera e scomoda online, giacché, pur di
sottrarsi alle conseguenze della violazione della norma o, almeno, non trovarsi
trascinati in tribunale, blogger, gestori di forum di discussione, piccoli
editori e motori di ricerca, finiranno con l’assecondare ogni richiesta di rimozione.
Sarebbe la fine della Rete che conosciamo e la definitiva
prevaricazione della voce del più forte sul più debole: uno strillo, anzi una
mail, e per paura di finire davanti ad un giudice, in tanti rimuoverebbero post
e contenuti perfettamente leciti.
Esattamente il contrario di ciò di cui avremmo un
disperato bisogno in un Paese come il nostro che vive, da anni, il problema
della mancanza di informazione libera: una norma che punisca chiunque provi a
censurare, imbavagliare o mettere a tacere un blogger o chiunque faccia
informazione.
Domani il testo approda all’assemblea di Palazzo Madama (Atto Senato n° 3941) per la discussione ed il voto definitivo: ci sono meno di 24 ore per salvare
quell’informazione online che, ovunque nel mondo, sta dando prova di
rappresentare la più efficace alleata di ogni società democratica contro i
soprusi e le angherie di ogni regime palese od occulto.
Sono anni che Guido Scorza, ogni volta che parte un'iniziativa di modifica della legge sulla stampa, scrive articoli e promuove appelli del genere, di pura disinformazione imho, facendo del vero e proprio allarmismo, senza entrare nel merito effettivo delle cose o dando personali interpretazioni e facendole passare come dottrina giuridica. Purtroppo trova regolarmente seguito, anche sul main-stream.
RispondiEliminaMolto più serio, puntuale e preciso, da questo punto di vista, Daniele Minotti (www.penale.it - www.minotti.net).
Per cominciare, le norme sulla diffamazione già erano applicabili a quanto veniva pubblicato su Internet.
Al momento è l'emendamento 1.207, approvato, a costituire un elemento di potenziale problema: "Per i prodotti editoriali diffusi per via telematica, con periodicità regolare e contraddistinti da una testata,"
Ma tutta la discussione e querelle su cosa sia un prodotto editoriale è già stata fatta un numero di volte ormai immemorabile. E se non pubblichi regolarmente (da cui ad es. la dicitura in disclaimer da anni anche sul mio blog)...
Dopodiché la Cassazione si è già espressa sin troppo chiaramente sul caso di Carlo Ruta dicendo chiaramente cosa è stampa e cosa no.
Infine ancora non c'è un testo definitivo e ci sono una tale valanga di emendamenti, molti dei quali contraddittori tra loro, che ancora non si sa esattamente cosa ne verrà fuori.
Per cui il titolo del FQ "Il Senato vuole chiudere Internet" ha il valore che ciascuno può facilmente intuire.
QUESTO invece val la pena di leggerlo.
RispondiEliminaSul concetto di “testate giornalistiche diffuse per via telematica” che G.Scorza anche in piazza sostiene non voglia dir nulla, in quanto troppo generico ("chiunque di noi ha una testata giornalistica" ... sì certo, come no. Peccato che per dirsi giornalisti si debba essere iscritti ad apposito albo), c'è tanto di emendamento 3.0.501 che deve essere ancora discusso e votato, mentre Vita ne ha già sottolineato l'importanza in sede di discussione (vedi resoconto):
RispondiElimina1. Ai fini della presente legge, per testate giornalistiche diffuse in via telematica si intendono le versioni internet delle testate giornalistiche su carta.».
Questo per dire come certe polemiche, al momento, siano del tutto pretestuose e frutto di superficialità se non piuttosto di desiderio personale di creare una visibilità mediatica al neonato movimento #SULATESTA di A.Gilioli & C. (di cui Scorza è tra i 100 promotori - http://ricominciadate.it/i-cento-promotori/).
Insieme a D.Minotti, in passato, abbiamo già avuto modo di discutere su altri blog con Scorza e Gilioli, sul loro modo di "creare allarme"; e il tempo ed i fatti ci hanno poi dato ragione.
Quindi tutta quella pappardella che dovranno decidere lunedì prox (domani) in Senato ...
RispondiEliminaA che scopo?
:(
Si tratta di norme che modificano quelle già esistenti in materia di diffamazione.
RispondiEliminaLa discussione è se abolire la carcerazione oggi possibile e alternativa alla multa, elevandone eventualmente gli importi.
Inoltre si vuole modificare l'obbligo di rettifica per fare in modo che la rettifica non sia più commentabile dalla testata, come avviene oggi (in pratica arrivare ad una rettifica all'inglese).
Infine si vuole introdurre l'obbligo di rettifica anche per la versione telematica delle testate giornalistiche (oggi l'obbligo non c'è).
La norma non sarà comunque applicabile al caso Sallusti, in quanto trattasi di sentenza irrevocabile e già passata in giudicato. E' stato ribadito anche nel resoconto, da Mazzatorta (LNP): "Tale questione si potrebbe invece risolvere o con un provvedimento di grazia o con una
norma transitoria che preveda la conversione della pena detentiva in pena pecuniaria in base al meccanismo di ragguaglio previsto dall’articolo 135 del codice penale."
135. Ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive.
Quando, per qualsiasi effetto giuridico, si deve eseguire un ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive, il computo ha luogo calcolando euro 250, o frazione di euro 250, di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva.
In pratica +/- 105.000 euro.
I blog non c'entrano una cippa con la rettifica.
Con la diffamazione ovviamente sì, ma questo vale anche oggi.
Altro potenziale emendamento "problematico" (ancora da discutere e votare):
RispondiElimina3.204
MURA, MAZZATORTA, CASTELLI
Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
«2-bis. Ai fini della applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo i siti internet e i motori di ricerca indicano e rendono pubblico nella propria pagina iniziale il nome del soggetto responsabile».
Dopodiché se il mio sito è hosted negli USA vorrei sapere se sarebbe comunque soggetto a questa regola potenziale o no nel momento in cui io dichiarassi che scrivo per il mio blog volendo rivolgermi alla comunità italo-americana e non pubblicando dall'Italia, ma negli USA, con invio del testo in e-mail (su WP si può fare).
Per dire, eh.
Questo poi è il massimo, imho:
RispondiElimina2.218
MALAN
Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:
«1-bis. Per reati commessi attraverso mezzi di informazione, il fatto si intende compiuto nel luogo dove si trova la sede principale dell'organo di informazione, come da esso indicato al proprio interno o nel proprio sito informatico.
Ove tale sede non sia indicata, ovvero si trovi all'estero, il fatto si intende commesso nel luogo in cui esso è stato per la prima volta rilevato dall'autorità giudiziaria.».
Eeeeeeeehhhh?????
Questo MALAN sarebbe pure Segretario della Presidenza del Senato.
Cioè secondo lui se LeMonde pubblica in Francia, sul proprio sito Internet, una notizia diffamatoria, il fatto si intende commesso in Italia.
Ah ah ah ah ah ah :-D
Dimenticavo... ci sono piuttosto un paio di emendamenti, che dovrebbero ora andare in discussione, i quali prevedono l'abrogazione della legge 3/2/1963 n.69, ovvero tutto l'ordinamento che riguarda la professione di giornalista.
RispondiEliminaCompreso il relativo ordine.
E sarebbe cosa buona e giusta considerato che non serve ad una benemerita ciccia.
RispondiEliminaQuella di Malan poi ...
Su Malan però c'è chi (privatamente) la vede così ...
RispondiEliminaScusa Luciano, senza entrare nel merito del disegno di legge, io credo che questo comma vada interpretato in un altro modo. Faccio un esempio per spiegarmi: se la testata giornalistica pinco pallo (italiana) diffamasse il signor X, ma i suoi server fossero dislocati in Lussemburgo, la giurisdizione italiana non potrebbe fare nulla. Con questo comma si ovvierebbe a questo problema. Ecco, io la leggo in questo modo.
@Luciano
RispondiEliminaLa questione dei server è controversa da tempo. Il punto in realtà è dove pubblichi (cioè dove commetti l'eventuale reato di diffamazione), non dove risiede +/- stabilmente la tua pubblicazione telematica.
Ti pare che una redazione che lavori stabilmente all'estero possa commettere un reato sul suolo italiano via web?
Senza contare che ci sono ormai sistemi che consentono la pubblicazione a distanza.
Comunque la Corte di Cassazione con ordinanza n. 6591 8 maggio 2002 ha stabilito che la competenza territoriale va individuata nel foro dove risiede la persona che si sente offesa dalle affermazioni contenute su pagine web.
E tutto questo dimostra, imho, l'assoluta inadegautezza del ns. ordinamento (e di chi dovrebbe riformarlo) nell'affrontare tali questioni.
Mi sto "divertendo" (diciamo così) a seguire il resoconto di seduta in tempo quasi reale.
RispondiEliminaDe-so-lan-te (sic!).
Ah ah ah ah ah ah ah... :-D
RispondiEliminaChe figura di m.
Il Presidente ha appena rimandato il provvedimento in Commissione.
@Frap
RispondiEliminaEt voilà, la storia continuamente continua.
:(
E nota bene che senatori su senatori avevano nel frattempo già fatto notare in Aula che il ritorno in Commissione avrebbe significato automaticamente la morte del provvedimento (causa tempi tecnici e motivi procedurali).
RispondiEliminaPraticamente hanno occupato la Commissione Giustizia per oltre due settimane nel tentativo di far passare un provvedimento che avrebbe dovuto salvare Sallusti (in teoria), senza che questo fosse tecnicamente possibile, dopodiché sono arrivati sino in Aula con una tale serie di emendamenti modificati e riscritti sul momento più e più volte, per palesi contraddizioni e assurdità di vario genere.
Poi hanno votato il ritorno in Commissione e l'hanno bocciato.
Infine difronte alla palese assurdità nel modo di procedere han chiesto al Presidente del Senato di vedere se era possibile, a norma di regolamento, rimandare comunque il provvedimento in Commissione, nono stante la bocciatura appena avvenuta.
Un livello di cialtroneria in-cre-di-bi-le.
@Frap
RispondiEliminaHanno dalla loro che ben pochi in Italia andranno a guardare le causali o a ragionare che questa riconsegna alla Commissione determinerà il nulla di fatto.
Caro Frap, e loro (gli in-cre-di-bi-li) se ne approfittano.
:(