Di Daniele Canepa
Un paesaggio incantato, un uomo dall'aspetto burbero,
ma con un animo d'artista, e un villaggio ecosostenibile che risuona di musica
jazz. Il racconto di un viaggio a Zelenkovac, in Bosnia Erzegovina.
"La bellezza salverà il mondo," dice il
Principe Myskin, protagonista del romanzo "L'idiota" di Dostoevskji.
Purtroppo, come insegna la storia, a volte non è così. Guerra e odio accecano
le persone, e monumenti alla bellezza universalmente riconosciuti vengono
distrutti senza altri motivi che il trionfo dell'oscurità insita in ogni essere
umano.
In alcuni casi, però, la bellezza lo salva davvero il
mondo. Proprio questo, secondo Borislav - "Boro" - Janković, di
professione pittore, è accaduto nel villaggio che è la sua "creatura"
oltre che la sua casa, Zelenkovac, che si è reso
protagonista di un evento di pace tanto prezioso quanto raro nella guerra in
ex-Jugoslavia, il conflitto più violento in Europa dopo la fine della Seconda
guerra mondiale.
Ma dove si trova e che cosa è precisamente Zelenkovac? A
circa venti minuti di auto dalla cittadina di Mrkonjić Grad e a un'ora e mezza
da Banja Luka, capitale della Republika Srpska, l'entità a maggioranza serba
della Bosnia ed Erzegovina, Zelenkovac è oggi un villaggio di montagna
eco-turistico composto da capanne e bungalow in legno adibiti a strutture
ricettive per viaggiatori che vogliano passare qualche giorno a contatto con la
natura.
Se forse questa può andare bene come descrizione
"turistica", Boro sottolinea più volte che l'essenza di Zelenkovac è
di essere: "Un luogo che ispira pace."
Boro il folle
Nel suo racconto, Boro non
parte dalla descrizione di ciò che è successo a Zelenkovac durante la guerra.
Da narratore navigato quale è, sa come far crescere la curiosità e le
aspettative nei suoi ascoltatori.
E in effetti fa proprio
piacere sentirlo narrare mentre, seduto a un tavolo all'aria aperta in una
mattinata di sole, sorseggia un caffè e di tanto in tanto porta alle labbra una
sigaretta. Parla di come Zelenokvac non è sempre stata come è oggi, ma anzi è
cambiata molto. La sua storia, che si intreccia a doppio filo con la vita di
Boro, inizia nella prima metà degli anni Ottanta.
"Questo luogo apparteneva
alla mia famiglia ed era la sede di un mulino ad acqua. Essendo un posto
tranquillo, dopo i miei studi alle accademie d'arte di Sarajevo e Banja Luka,
ho deciso di venire a lavorare qui. Siccome avevo pochi soldi, iniziai ad
adattare gli oggetti che trovavo dentro al mulino e a farli diventare gli
strumenti per dipingere i miei quadri. La gente pensava che fossi impazzito:
che cosa ero venuto a fare qui, in un vecchio mulino di montagna, da solo? E
così iniziarono a chiamarmi "Boro il matto".
In realtà, Boro stava ponendo
le basi che fecero di Zelenkovac un'oasi di pace e un luogo di ritrovo per
artisti provenienti da tutte le repubbliche dell'ex-Jugoslavia, affascinati dal
suo progetto. "Erano amici miei: non c'erano solo pittori, ma anche poeti.
Ognuno di loro nel tempo mi ha dato una mano a costruire queste strutture in
legno che oggi ci permettono di dare alloggio a circa cinquanta persone".
E avendo conosciuto Boro di persona, non c'è da dubitare
che in tanti si siano prodigati per dargli una mano. A vederlo da lontano,
senza avere l'occasione di parlargli, dall'alto del suo metro e ottanta
abbondanti, spalle larghe e barba folta, potrebbe dare l'idea di un burbero
uomo di montagna, uno di quei tipi solitari e poco inclini a fermarsi a
discorrere. In realtà, la prima dote che traspare non appena ti si fa incontro
per conoscerti e per stringerti la mano, è la sua sincerità.
Il suo sguardo e la sua
gestualità sono diretti e infondono nel suo interlocutore un senso di grande
sicurezza: "Tranquillo, che se qualcosa va male ci penso io", sembra
di sentirgli dire ogni volta che ti passa il braccio dietro alla spalla. Le
mani danno un'impressione di grande forza, più che della delicatezza necessaria
a dipingere. E per rendere Zelenkovac la perla che è diventata negli anni, di
sudore e di forza fisica ce ne deve essere stato davvero bisogno. Ma un aspetto
che impressiona di Boro è la naturalezza con la quale si apre nel descrivere
anche i momenti meno felici della sua vita: "In alcuni periodi il mio
senso di solitudine era tale che immaginavo che la mia casa, il vecchio mulino,
fosse una nave che affondava in mezzo al mare in tempesta. Questi per me sono
stati i momenti più bui".
La guerra
Un'altra parentesi triste è
coincisa con l'inizio della guerra, che ha imperversato nelle repubbliche
dell'ex-Jugoslavia negli anni tra il 1991 e il 1995. In quel periodo, tra l'altro,
Boro non si trovava nella sua terra: "Mi ero innamorato di una donna russa
e l'avevo seguita fino al suo paese. Ma non appena ebbi notizia del conflitto,
decisi subito di tornare per proteggere i posti in cui ero cresciuto".
Tuttavia, a differenza di
altri, non ritornava per imbracciare un fucile: "Sono contro la guerra. La
guerra è una merda. Non è il fatto di avere paura, non è certo questo. E' che
proprio non concepisco questo fatto di stare lì per ore e giorni ad aspettare
che qualcuno mi dia ordini di fare questa o quella cosa... Non fa proprio per
me." E così, invece di indossare una divisa, Boro decide di mettere la sua
esperienza in qualità di operatore video e redattore al servizio di
un'emittente televisiva di Banja Luka.
Il ritorno
Dopo anni passati in esilio
forzato, alla fine della guerra si presentava finalmente a Boro l'occasione di
tornare in quel luogo che anni di lavoro e sforzi gli avevano consentito di
trasformare in un villaggio incantato - "tolkieniano" per usare la
definizione di Lonely Planet a proposito di Zelenkovac - nelle montagne boscose
bosniache. Chissà quali sentimenti di speranza, sconforto e trepidazione si
saranno mescolati nella testa di Boro al suo ritorno. Considerando che la
guerra aveva spazzato via l'ottanta per cento degli edifici nelle città e nei
villaggi dell'intero paese, è comprensibile come egli dovesse essere fortemente
preoccupato per la sua amata Zelenkovac...
E invece, al momento dell'arrivo, la sorpresa, la gioia
inaspettata: "Stentavo a crederci, ma non c'erano segni di distruzione.
Sì, è vero, ho trovato alcune armi lasciate qua e là, ma più o meno tutto era
stato lasciato così com'era. La cosa più incredibile è che qui si sono fermati
tutti e tre gli eserciti coinvolti nel conflitto: bosniaci, croati e serbi. Se
non si è consumata violenza, se questo luogo non è stato distrutto, è perché il
senso di pace e di armonia con la natura che dà ha il potere di fermare
l'aggressività nelle persone".
La storia di Zelenkovac è
davvero una perla rara in mezzo a un conflitto che ha conosciuto le atrocità
della pulizia etnica, dei massacri di massa, di stupri e di razzie. A ulteriore
testimonianza della sua straordinarietà, non si è trovata traccia a Zelenkovac
delle mine antiuomo, che rappresentano ancora un pericolo reale nella Bosnia ed
Erzegovina a quasi vent'anni dalla fine del conflitto. Guide cartacee e
abitanti locali sconsigliano ancora oggi di allontanarsi dai sentieri battuti o
di avventurarsi con l'auto sulle strade sterrate.
Capitalismo selvaggio
Tuttavia, nonostante il
sollievo iniziale, per Boro si presentavano subito all'orizzonte diverse nuove
insidie. "La mia proprietà era salva, ma Zelenkovac era minacciata dai
capitalisti arricchiti dalla guerra, che volevano comprare i terreni
edificabili circostanti".
Per fortuna, Boro gioca
immediatamente d'anticipo, trasformando Zelenkovac da una comune di artisti in
uno spazio per un turismo sostenibile e consapevole: "Dopo la guerra
regnava il caos più totale. Le cose appartenevano a chi se le prendeva. Per
questo ho subito presentato alle autorità locali e internazionali un progetto
che avrebbe reso Zelenkovac ciò che è oggi: un villaggio in totale armonia con
l'ambiente in cui è inserito".
Jazz
Ma Boro rimane un artista e nella sua casa non poteva
mancare uno spazio riservato alla musica. E così è nato il palco John Lennon,
dedicato a ospitare a Zelenkovac ogni luglio musicisti jazz provenienti non
solo dall'ex-Jugoslavia, ma da tutto il mondo. "Hanno partecipato al
nostro festival artisti del calibro di Vasil Hadjmanov, uno dei più grandi
dell'ex-Jugoslavia, oppure Hannes Beckmann, jazzista tedesco, per non parlare
di Monty Waters, sassofonista che suonò con Miles Davis".
La cassa di risonanza è tale che Zelenkovac ha iniziato
ad attrarre visitatori da tutto il mondo: "Non solo come turisti. Alcuni
vengono come volontari per darci una mano con il nostro progetto. Abbiamo avuto
anche un visitatore dalla Mongolia che ci aveva conosciuti grazie alla Lonely
Planet," aggiunge Lily, una dei diversi collaboratori di Boro, la quale
racconta di avere già accettato delle prenotazioni per il prossimo Capodanno.
"Grazie a questo luogo abbiamo avuto delle
possibilità di contatti altrimenti inimmaginabili," racconta un giovane
studente, Saša, che a Zelenkovac viene di tanto in tanto a promuovere la rakija
- bevanda superalcolica locale - prodotta dalla sua famiglia.
Tutto questo è coerente con la visione di Boro: "Se
vogliamo creare le condizioni per una pace durevole, dobbiamo creare dei ponti
tra le persone. Tanti visitatori vengono qui per visitare questi posti e stare
in armonia con la natura. Per gli abitanti locali è un'occasione entrare in
contatto con persone provenienti da realtà diverse e creare una rete di
amicizie che durerà nel tempo: questa è la vera missione di Zelenkovac”.
Solo i folli possono cambiare e migliorare il mondo
RispondiElimina@Vincenzo
RispondiEliminaIn Italia sarebbe ancora in giro per ottenere le approvazioni burocratiche e via cantando.
:(
Esempio esemplare ma inattuabile in Italia.
RispondiEliminaTroppa burocrazia e tasse.
BOLZANO. Il turismo sulla neve vive un momento di particolare difficoltà. Benchè i segnali che arrivano dalla zona dolomitica in particolare - sia Badia che Gardena oltre che la media e l'Alta Pusteria confidano in un recupero per Pasqua dopo la flessione registrata in gennaio ed in febbraio, mesi che hanno segnato un netto calo dopo il dicembre molto positivo - è negativo il giudizio di Federalberghi il cui presidente, Bernabò Bocca, ha evidenziato che «il calo ha riguardato l'intero popolo degli italiani appassionati di sport invernali, facendo registrare diminuzioni sia nella storiche settimane bianche sia nei weekend sulla neve.
RispondiEliminaSi tratta di un segnale evidente di come la situazione economica di ogni singola famiglia appaia caratterizzata da difficoltà diffuse che finiscono inevitabilmente per ridimensionare anche i consumi turistici». Il presidente di Federalberghi evidenzia lo sforzo fatto dai singoli esercizi e sollecita quindi il nuovo governo ad attuare «iniziative in grado di garantire i livelli occupazionali di quanti lavorano e margini tali per le imprese da assicurare loro di mantenere la posizione e presidiare il mercato».
Federalberghi, nel denunciare la grave situazione, ricorda anche l'esito dell'indagine fatta dall'Istituto Acs Marketing Solutions dal 12 al 18 marzo che ha intervistato un campione di 3500 italiani maggiorenni. Le settimane bianche risultano, tutto sommato, ancora bene frequentate: «Il 6,4% della popolazione ha dichiarato di aver effettuato, fra gennaio e marzo, un periodo di vacanza superiore ai 5 giorni in località turistiche». In conseguenza di ciò «è stata lievissima la crescita della spesa media pro- capite», tanto che la media è stata di 628 euro rispetto ai 613 euro registrati nel 2012.
Fra le mete preferite l'89,4% degli intervistati ha scelto l'Italia (rispetto al 93,5 del 2012) ed il 10,6% l'estero (rispetto al 6,5% del 2012) il che denota - evidenzia Federalberghi - «una perdita di quota di mercato delle nostre regioni montane dovuta essenzialmente agli elevati costi degli impianti di risalita costretti a sottostare a tariffe energetiche che sono oramai fuori controllo». Fra le Regioni più gettonate la nostra regione resta leader indiscussa con il 25 per cento della domanda rispetto al 29% dello scorso anno; seguono a notevole distanza il Piemonte, la valle d'Aosta, la Lombardia, il Friuli Venezia Giulia ed il Veneto.
Per quanto riguarda le strutture ricettive prescelte, Federalberghi riporta i dati dell'indagine evidenziando come "Il 40% dei rispondenti afferma di aver optato per un soggiorno in albergo (rispetto al 42% del 2012), seguono le case di parenti o amici, la casa di proprietà, l'appartamento in affitto ed anche il residence». Altra analisi fatta da Acs Marketing Solutions riguarda i weekend trascorsi sulla neve anche durante la settimana bianca: c'è un stabilità rispetto allo scorso anno con un calo fra chi ha scelto di soggiornare in albergo: in questo specifico settore preso in esame la spesa media pro-capite è comunque cresciuta con 375 euro rispetto al 323 dell'anno precedente. Infine un calo viene registrato, nei primi tre mesi dell'anno, anche fra chi ha trascorso un weekend sulla neve non in settimana bianca.
Chiara la flessione registrata negli alberghi: si è passati infatti il 39%delle segnalazioni contro il 43% dello scorso anno. Netta flessione anche per i soggiorni in casa di proprietà: 16,2% rispetto al 19,8 del 2012. Positivo invece l'indicatore sintetico della spesa po-capite: nel week end si sono spesi in media 320 euro per persona rispetto ai 308 euro dell'anno scorso.
@BC
RispondiEliminaGiusto per ricordarlo, neh!
:(