Quello che segue è un articolo scritto qualche mese fa di proprio pugno da Bernabò, quel Bocca, che è il presidente di Federalberghi dal tempo che fu.
Articolo che ho custodito per tutto questo periodo nell’attesa del tempo più opportuno che credo sia per l’appunto arrivato.
Alcune fonti sostengono che lo sia diventato nel 2000 (pres. di Federalberghi), altre nel 1996 e via dicendo.
Mah (?), ne ha talmente tante di responsabilità nel turismo che addirittura non ci capiscono più niente e si confondono, ma poco m'importa!
E’ anche vice presidente del CNEL (quello che serve il CNEL lo potete leggere qua) e dispone di tante di quelle cariche che “contano” nel panorama turistico italiano che il solo rileggerle, nei suoi CV, ti fa perdere almeno mezz’ora o giù di lì.
In seguito a questi incarichi, all'impegno profuso (?) e al suo spirito di iniziativa (?), Bocca è spesso ospite di programmi televisivi su emittenti nazionali e locali, e viene intervistato da quotidiani e riviste, generaliste e di settore.
E' diventato un personaggio pubblico anche al di fuori dell' ambito turistico alberghiero, e personalmente ce lo lascerei per lasciargli il modo di girare tra quelle trasmissioni televisive così tanto di moda al giorno d’oggi.
Quale occasione migliore per fare in modo che “tralasci” definitivamente d’occuparsi di turismo?
Addirittura opterei per una sua partecipazione al Grande Fratello o all’Isola dei Famosi, senza però disdegnare un’eventuale conduzione per la TV dei piccoli, in considerazione delle “favole” che da tempo racconta.
Scherzi a parte, ma neanche poi troppo, la mia opinione nei suoi confronti, per quel che può valere o contare, è … si può dire pessima?
Poiché pur essendo sempre al cospetto della gente che ha manovrato/manovra questo settore (molti di questi pendono addirittura dalle sue labbra “dice lui” quando ne profetizza il Credo), in 10 o 15 anni in quelle presidenze così ambite ed importanti, nel panorama turistico nazionale non è cambiata praticamente ‘na mazza, o cippa se la si vuole.
Infatti è lo stesso Bocca, che a più riprese e a più non posso, sostiene che così non va, ma le causali sono sempre le stesse del secolo scorso.
E il turismo in Italia (non contiamoci balle) non va come l’andrebbe o come lo si vorrebbe.
E allora a cosa serve una persona che in tanti anni e con tanto “potere”, non riesce a far cambiare quella mazza o cippa di sopra pur parlando ed esternando coi responsabili di turno che s’avvicendano al Governo?
Comunque sia, passiamo alle “belle” frasi che seguono a pugno del Bernabò, e per chi questo settore lo conosce almeno un pochettino, sarà facile evincere che sono tutte cose che già si dicevano secoli fa e mai cambiate nonostante il suo gran bel dire, mentre quelle promesse non sono mai state fatte nella misura che lui richiedeva, anzi, e che quindi … beh, fate un po’ voi.
Poi se qualcuno vorrà entrare nello specifico, beh; sono a completa disposizione, così ci facciamo due belle risate.
Comincia da qui:
I Cinque nodi al pettine della crisi del turismo
Le nostre preoccupazioni, espresse in avvio di stagione turistica estiva 2010, si sono purtroppo concretizzate e se è pur vero che più stranieri hanno scelto l’Italia per le loro vacanze, spinti dalla ripresa delle economie nazionali, soprattutto del Centro Europa, e dagli incisivi interventi al ribasso sulle tariffe posti in essere da tutti gli operatori, gli Italiani hanno, al contrario, ridotto complessivamente le proprie ferie, tagliando peraltro sul budget. Le presenze nelle strutture ricettive alberghiere si sono ridotte dello 0,2% nei primi nove mesi di quest’anno, nonostante le tariffe siano diminuite dello 0,8% nello stesso periodo, quando l’inflazione al contrario registrava un +1,4%. I fatturati delle imprese sono calati come gli occupati che in tutto il settore sono diminuiti del 2,6%. Il turismo organizzato ha perso complessivamente, tra l’estate del 2008 e quella del 2010, il 17% dei passeggeri.
In questo quadro di riferimento i più bravi sono riusciti a fronteggiare il day by day, ma nessuno certo può pianificare assunzioni, sviluppi e apertura di nuovi business, tanto in Italia quanto sul mercato internazionale.
Non stiamo solamente perdendo turisti, pur anelli importanti della catena del valore aggiunto, ma soprattutto ci stiamo sempre più posizionando nella parte finale di questo processo, lasciando ad altri quote di mercato sempre più significative. Ed è da qui che dobbiamo partire, analizzando i punti che rappresentano, secondo noi, le priorità del settore.
Governance e promozione
A noi non interessa un dibattito impostato su chi “debba comandare” di più nel turismo tra il centro e la periferia. Entrambi questi livelli saranno sempre “costretti” a lavorare insieme; infatti, se ormai è appurato e condiviso da tutti il fatto che la promozione all’estero del nostro Paese debba passare attraverso un’unica immagine coordinata centralmente, è altrettanto innegabile che, in ogni caso, l’accoglienza del turista avviene nel territorio di destinazione e che quindi il coordinamento tra promozione e accoglienza – dunque tra stato e regioni – è il vero problema da risolvere. La soluzione di questo annoso fraintendimento, da tempo chiarito in contesti ben più caratterizzati da tradizioni di autonomia dei territori, come ad esempio la Spagna, è oggi ancora più necessaria, nel momento in cui l’Europa si attiva con proprie iniziative di promozione del territorio comunitario nel suo complesso sui mercati intercontinentali.
Un’opportunità fenomenale quella che la Commissione ha ben specificato in un documento il cui titolo già dice tutto: Europe, top tourist destination in the world – a new political framework for the European Tourism ma della quale potranno approfittare solo sistemi di promozione coesi e ben riconoscibili nella logica del turista, non in quella amministrativa delle politiche locali.
L’Europa del Trattato di Lisbona, quella che finalmente ha potestà e mezzi per agire direttamente in materia di turismo, intende – cito testualmente –: «Creare un vero e proprio euromarchio in collaborazione con gli stati membri per realizzare iniziative promozionali a livello nazionale e regionale che consentano alla destinazione Europa di distinguersi dalla altre mete internazionali». E noi come vogliamo arrivare a condividere questo disegno? Con l’Italia dell’epoca dei Comuni? Dei microterritori isolati? Se questo è il progetto, saranno sempre più a Francoforte o a Parigi gli uffici dove si fa il business del turismo in Europa, anche di quello che visita i nostri bei territori, lasciando però ben al dei fuori dei nostri confini tutte le ricchezze generate dal suo flusso.
Noi non vogliamo tutto ciò, non vogliamo perdere altre occasioni. Di qui la nostra richiesta di un momento centrale, che avesse l’identità di Ministero, e che non è mai stata tesa a bypassare il ruolo delle Regioni ma è maturata dall’esigenza di avere anche una politica turistica governativa. Di qui anche la necessità, da noi ampiamente avvertita, di un coordinamento centrale in tema di immagine e promozione, che dia all’estero un’immagine univoca e coordinata del nostro Paese, all’interno della quale si declinino le singole identità territoriali.
Fiscalità nazionale e locale
Che la questione della fiscalità nel nostro Paese sia uno dei punti caldi è davanti agli occhi di tutti, ma che per il turismo questo sia diventato un problema tale da frenare la ripresa e lo sviluppo è un dato di fatto. Quando, di fronte a una evidente crisi del settore, Paesi nostri diretti concorrenti, come la Francia, e rilevanti per il nostro turismo, come la Germania, hanno introdotto misure di riduzione sull’Iva per rilanciare soprattutto il mercato interno, qualcosa credo dovremmo porre in essere anche nel nostro Paese. Ma la questione fiscale non riguarda solo l’Iva. Basti solo pensare alla sciagurata reintroduzione dell’imposta di soggiorno.
Occorre avviare immediatamente la cancellazione di questo tributo la cui previsione nella definizione del bilancio del Comune di Roma, a partire dal 2011, appare la prima crepa nel muro. Come non pensare, infatti, che le altre città, strette dai tagli a livello centrale, non seguano questa strada? E l’opposizione a questo balzello arriva da tutte le categorie del settore, perché gli “esattori” questa volta non saranno solo gli albergatori, ma anche i gestori di stabilimenti balneari, di campeggi, di attività escursionistiche e di intrattenimento. Non è possibile pensare di risolvere i deficit del sistema pubblico nel suo complesso andando ad attingere risorse da un settore che già dà tantissimo al Paese in termini di fatturato e di imposte, ricevendo veramente poco in termini di incentivi, contributi e soprattutto di attenzione.
Lavoro
È recentissimo l’intervento del ministro Sacconi che, con una circolare indirizzata a tutte le direzioni provinciali, richiama e pone al centro la questione del lavoro nel turismo: un settore in cui la risorsa umana è fondamentale e l’esigenza di flessibilità va assicurata con adeguati rapporti di lavoro. Ma questo processo va anche sostenuto attraverso interventi destinati alla formazione, soprattutto nelle fasi di minore occupazione legate alla stagionalità, per arricchire questo capitale fondamentale per il turismo.
Infrastrutture
È noto che l’attrattività di un territorio si misura già dalla percezione della sua accessibilità nel momento della scelta della vacanza.
Le dimensioni e l’efficienza dell’offerta dei mezzi di trasporto sono determinanti per la competitività turistica del Paese, soprattutto alla luce della concorrenza sempre più agguerrita a livello internazionale. Purtroppo la logica dei nostri vettori, sia aerei che ferroviari, è quella di giocare una concorrenza spietata sulle tratte maggiormente interessanti e redditizie, quelle frequentate principalmente da clienti business, tagliando tratte ugualmente importanti sia per i passeggeri locali che per i turisti.
Nel confronto con i competitors diretti non solo siamo perdenti in efficienza e operatività sia dei voli che delle tratte ferroviarie, ma risultiamo spesso sconfitti anche nella qualità dei servizi; e il divario, poi, diventa insormontabile quando esaminiamo i livelli di accessibilità al nostro Mezzogiorno. Il problema della dotazione infrastrutturale non interessa solo lo sviluppo turistico ma quello economico di un Paese, come dimostrato da numerosi studi.
L’ampliamento del patrimonio infrastrutturale, infatti, produce un’accelerazione della crescita tanto in termini di Pil quanto di crescita dell’occupazione. Il tema delle infrastrutture si inserisce, inoltre, in una più ampia strategia europea, volta a realizzare, nei prossimi anni, collegamenti autostradali, ferroviari e marittimi in grado di rendere più veloce e capillare lo spostamento di merci e persone nell’area comunitaria e mediterranea. E certo non potremmo farci trovare impreparati al momento di avvio di questi processi.
Destagionalizzazione e Mezzogiorno
La questione delle questioni; tanto si è detto su questo argomento e finalmente qualcosina si è iniziato a fare. L’avvio dello strumento dei buoni vacanza, cui è necessario assicurare continuità di finanziamento per evitare arresti improvvisi nella gestione, ha rappresentato un segnale forte della volontà di procedere in questa direzione. Ma sono indispensabili ulteriori forme di sostegno, soprattutto per il nostro Mezzogiorno.
La prospettiva di crescita della domanda turistica reclama, soprattutto nel Sud, competitività del sistema e qualità dei servizi generali. Qualità e competitività devono essere pertanto i cardini di una politica del comparto mirata alla tutela e alla valorizzazione delle risorse naturali e culturali e allo sviluppo delle imprese e dell'occupazione.
Da tempo ci domandiamo perché questo settore sia raramente al centro dell’attenzione delle forze politiche ed economiche del nostro Paese, come invece meriterebbe visti i numeri che produce e rappresenta. Questioni di rilievo, come la sottocapitalizzazione di alcune componenti della filiera o i conflitti di competenza sulla regolamentazione, sono condizioni importanti ma, di per sé, non sufficienti a darne una spiegazione.
Senza dubbio più urgente è risolvere il problema fondamentale: far uscire il nostro settore da un approccio esterno ingiustamente banale, frutto di anni di una cultura-Paese così intrisa di integralismo industriale, che ha reso di fatto irrealizzabile una vera e propria politica dei servizi in Italia, come se questo percorso fosse un’eresia. Purtroppo, contro ogni nostra rivendicazione di un ruolo diverso e maggiormente accreditato, si è sempre opposta una questione di fondo: la cosiddetta “trasversalità” del turismo. Una trasversalità spesso intesa, purtroppo, come elemento disgregante, dove la pianificazione dello sviluppo turistico dipende sempre troppo spesso da strategie impostate per altri settori come l’edilizia, i trasporti e perfino il petrolchimico. Insomma, una sorta di potente acido, nel quale disciogliere ogni impegno per una vera e propria politica italiana del turismo. Una trasversalità che, purtroppo, neanche la previsione di un ministro senza Ministero e senza portafoglio è riuscita a superare, lasciandoci l’impressione di aver ricevuto attenzione solo in parte. È per questo che continueremo con forza a sottolineare con senso critico le molte e importanti cose che restano da fare, disponibili come sempre a dare il massimo per riportare l’Italia ai vertici del panorama turistico mondiale.
Amen
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